Solo l’immatricolazione di “chilometri zero” limita ad un -12,4% il calo. Federauto: “indispensabili provvedimenti del Governo per non fare chiudere un intero settore”
Prosegue anche ad ottobre il calo delle vendite di auto nuove ad ottobre in Italia: con 116.875 immatricolazioni, si chiude con un -12,4% rispetto allo stesso mese del 2011. La perdita quindi è inferiore al progressivo annuo del -20%, ma solo grazie a un ricorso massiccio alle “chilometri zero”, ovvero alle auto presenti in rete immatricolate dai concessionari su input delle varie Case che poi vengono vendute scontate di almeno il 21% Senza quest’apporto, il calo sarebbe stato molto più accentuato, in linea con i mesi precedenti.
“Anche se ottobre perde meno dei mesi precedenti, a leggere questi dati mi viene da pensare che i Maya, quando avevano previsto la fine del mondo, si riferissero in realtà al mondo italiano degli autoveicoli”, commenta a caldo Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto. “Infatti solo un particolare allineamento astrale può giustificare l’accanimento esclusivamente italiano verso chi vuole acquistare un autoveicolo o chi lo possiede. Mi riferisco ad aumenti di Iva, passati e futuri, al rincaro dell’80% dell’IPT – ma l’abolizione di 35 province non dovrebbe portare ad un totale ripensamento integrale di questa tassa? – di bolli, accise sui carburanti, pedaggi autostradali, assicurazioni, passaggi di proprietà, varo di superbolli per le auto prestazionali e riduzione della deducibilità e detraibilità per le auto aziendali. Un pacchetto di ‘disincentivi’ – a detta di Federauto – tutto italiano, che si è abbattuto come uno tsunami sulle famiglie e sulle aziende uccidendo i consumi. Colpendo senza pietà auto nuove, usate, veicoli commerciali e industriali. Come pure manutenzioni, ricambi e riparazioni. Ed è la prima volta nella nostra storia che accade tutto questo e contemporaneamente”.
Federauto fa presente che rispetto alla media degli ultimi cinque anni, pari a 2.000.000 di autoveicoli, il 2012 farà registrare oltre 600.000 immatricolazioni in meno: un taglio secco di un terzo del mercato. Il che si tradurrà in un colpo terribile per un settore che fattura quasi il 12% del Pil e impiega, con l’indotto, 1.200.000 addetti. Questo violento calo avrà ripercussioni probabilmente su 220.000 lavoratori che passeranno dagli ammortizzatori sociali alla disoccupazione. In un Paese che, tra l’altro, non offre alternative di impiego. Ma il primo danneggiato rimane incomprensibilmente lo Stato che introiterà circa 3 miliardi di euro di tasse in meno, per non parlare delle risorse necessarie ad alimentare gli ammortizzatori sociali.
Federauto ritiene anche che ci siano grandi responsabilità delle Case automobilistiche che, al di là delle aggressive azioni di marketing, non reagiscono alle istanze di cambiamento del modello di business proposte dai propri partner concessionari. E’ infat
ti chiaro da tempo che l’attuale modello commerciale è morto e sepolto, mentre le regole della distribuzione restano immutate. Regole pensate cinquant’anni fa per mercati di volume o in espansione.
Secondo Pavan Bernacchi “ci uniamo al coro di proteste non verso il Governo Monti, ma verso gli effetti di alcune sue decisioni. Colpire i consumi, in una società che si poggia proprio su di essi, è un boomerang che non ci farà mai uscire dall’attuale crisi. Si torni a parlare di riforme vere, si tolgano i privilegi, tutti, a partire dalle auto blu, si chiudano tutte le province, si pongano tetti di spesa alle regioni, ma non si aumenti più la pressione fiscale, anzi, si diminuisca. Per quel che ci riguarda auspichiamo che l’Iva rimanga quella attuale e che si possano abbassare le tasse sul nostro comparto almeno ai livelli pre-Monti. Non è troppo tardi per intervenire. Noi siamo pronti, insieme agli altri attori della filiera, a sederci a un tavolo per ridisegnare la mobilità del futuro senza preconcetti e senza correre dietro a chimere come in questo momento è l’auto elettrica che, infatti, un paese serio come la Germania ha respinto”.
Per il Centro Studi Promotor, il calo minore del mercato “è una notizia positiva” e ipotizza un recupero di fiducia da parte dei consumatori: “il rinvio degli acquisti da parte dei consumatori ha determinato un crollo delle vendite di auto del 40% sui livelli antecrisi, contro un calo del Pil del 6,7%”. Sulle prospettive delle vendite, secondo CSP, “pesano cinque pesanti macigni: il caro-carburanti, il caro-assicurazioni, le difficoltà di accesso al credito, l’overdose di imposte e la grave situazione dell’economia reale. Non è quindi al momento pensabile che una vera ripresa del mercato dell’auto sia dietro l’angolo, ma il rasserenarsi dell’orizzonte potrebbe aprire la strada a una riduzione del sovrapprezzo pagato dalle immatricolazioni di autovetture rispetto al resto dell’economia reale”.
Le previsioni per il 2012 restino ferme a 1,4 milioni di veicoli, cioè sul livello di 33 anni fa, fanno vedere nero all’Unrae: “undici mesi consecutivi in caduta libera a due cifre in cui il Governo non ha saputo, potuto o voluto intervenire. E con l’avvicinarsi dell’inevitabile vuoto legislativo che precede le elezioni, è difficile prevedere a breve un’inversione di tendenza”. Così Jacques Bousquet, presidente dell’Associazione delle case automobilistiche estere in Italia (Unrae), secondo cui “l’insostenibile pressione fiscale sulle famiglie le tiene lontane dai consumi di ogni tipo e l’incubo occupazione ormai si estende anche sulla filiera dell’auto”, sottolinea Bousquet richiamando l’attenzione sulla realtà estremamente critica della rete vendita: “in media una concessionaria al giorno sta chiudendo, saranno 350 alla fine dell’anno, con 150 nuovi disoccupati alla settimana solo dal sistema distributivo. Tuttavia, in rapporto alle altre aree di crisi del Paese, sono numeri che non fanno rumore perché non concentrati in un’unica area come Termini Imerese, Taranto o Portovesme”.