Il mercato del nuovo arriva a soli 108.419 pezzi. Per ogni auto vendita nuova se ne scambia tre usate. Secondo indagine dell’Aci, fino al 2016 la gente non è intenzionata a cambiare veicolo
La Motorizzazione civile ha reso noti i dati della Waterloo automobilistica di febbraio, certificando un mercato ben lungi da qualsiasi tentativo di ripresa, evidenziando semmai segnali di una crisi che va aumentando. “Il mercato dell’auto è stato inghiottito da una nebbia che non accenna a diradarsi; un mercato fantasma che riflette la situazione generale del Paese, oggi aggravata dalla mancanza di chiarezza nel quadro post elettorale. Stiamo addirittura peggiorando rispetto all’annus horribilis dell’auto, il 2012, che ci ha portato ai livelli dei mercati degli anni Settanta consegnandoci, tra le altre cose, la maglia nera a livello europeo”. Questo il commento a caldo di Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti marchi commercializzati in Italia di auto, veicoli commerciali, camion e autobus, rispetto ai dati di immatricolazione di autovetture nuove a febbraio diffusi questa sera dal Ministero dei Trasporti: 108.419 pezzi, con una perdita del 17,4% rispetto a febbraio 2012.
Secondo il presidente di Federauto “gli acquisti di beni e servizi sul mercato interno sono in forte contrazione e questo investe come un treno tutte le aziende italiane, tra le quali vi sono i concessionari di autoveicoli. Se la politica non si adopererà con urgenza per far ripartire l’economia, il Paese andrà verso il collasso. I 3 milioni di disoccupati, per dirne una, ne sono una riprova”.
Per Adolfo De Stefani Cosentino, responsabile per la Federazione della commissione sulla fiscalità, “gli autoveicoli e la filiera relativa, che dà lavoro in Italia a 1.200.000 persone, pagano un prezzo salatissimo: parliamo di circa 8,6 miliardi di euro, effetto cumulato delle varie manovre succedutesi nel 2011 e nel 2012 con aumenti di accise sui carburanti, superbollo sulle auto prestazionali, aliquota IVA, IPT, Assicurazione RC e bollo, oltre alla stretta fiscale sulle auto aziendali. Quest’ultima antitetica rispetto ai principali mercati europei. Una pressione intollerabile che schiaccia la proprietà e l’utilizzo degli autoveicoli”. Per di più compromettendo il gettito fiscale e facendo crescere gli oneri sociali per la chiusura di aziende e per il licenziamento di migliaia di lavoratori del settore.
“Siamo in una situazione di attesa, oserei dire di stallo, – dice Pavan Bernacchi – a causa della mancanza degli interlocutori e, quindi, non possiamo che riporre fiducia nel Governo che verrà e nella possibilità di un nuovo clima in grado di creare le premesse per una inversione di tendenza. Occorrono idee chiare ed un segno di discontinuità. Su questo asse ci muoveremo non appena sarà possibile aprire il confronto con chi si assumerà la responsabilità di guida del Paese. Chiunque esso sia, senza pregiudizi di sorta. Riteniamo di aver toccato il fondo, anche politicamente”.
Le cose per l’auto non sembrano destinate a migliorare: “secondo un’indagine Aci-Censis sull’automobile, il 53% degli italiani non acquisterà un nuovo veicolo fino al 2016 se non si abbatteranno i costi di esercizio e soprattutto le tasse sull’auto”. Lo dice il presidente dell’Aci, Angelo Sticchi Damiani, commentando gli ultimi dati sull’andamento del mercato a febbraio che evidenziano un calo delle immatricolazioni del 17,4% rispetto allo stesso mese del 2012.
“Non ci sono risorse per nuovi incentivi – ha aggiunto Sticchi Damiani – ma sicuramente ci sono ampi margini di manovra per ridurre la pressione fiscale sugli automobilisti. Una prima serie di provvedimenti può prevedere l’abolizione del superbollo, la rimodulazione della tassa di possesso, il riordino delle accise sui carburanti e la riforma della rc-auto. ACI ha presentato alle forze politiche una ricetta di 10 punti in grado di ridurre di oltre 700 euro il costo annuale dell’auto”.
Il quindicesimo calo consecutivo a doppia cifra del mercato del nuovo, per il peggior febbraio dal 1979 (92.227 immatricolazioni) che ugualmente contava su 20 giorni lavorativi trova fondamento, secondo Jacques Bousquet, presidente dell’Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere, “nell’eccessiva pressione fiscale su famiglie ed imprese, e sull’auto in particolare, con il rallentamento di tutti i consumi e l’attesa che il prossimo Esecutivo possa mettere l’auto tra le proprie priorità. E questo mentre il mondo dell’auto guarda a Ginevra per stimolare, attraverso il rinnovamento dei modelli e le offerte sempre più competitive, l’interesse dei consumatori”
Anche le informazioni che giungono dalla raccolta ordini non lasciano presagire cambiamenti nel breve termine. Secondo un primo scambio tra Unrae e Anfia, i contratti a febbraio hanno evidenziato una perdita del 25% a quasi 110.000 unità, che portano il cumulato a circa 220.000 ordini (-20%), con un portafoglio contratti che rimane su livelli di minimo. Tornando al mercato delle immatricolazioni, dopo un gennaio che aveva mostrato l’effetto mix innescato dal calo delle vendite a società, portando i privati al 70%, le vendite di febbraio ridimensionano la loro rappresentatività al 64,7% del totale, in flessione del 15,8% sullo stesso periodo dello scorso anno. Sotto il profilo delle alimentazioni, segnano andamenti peggiori del mercato le motorizzazioni a benzina e gasolio (rispettivamente -25,7% e -19,5% nel mese), a vantaggio di quelle a Gpl e metano, in crescita del 39,7% e del 15,4%.
Per uscire da una situazione che in Italia è particolarmente grave, non rimane che guardare all’Europa e al trattamento sull’auto (tassazione, costo dei carburanti, assicurazioni, ecc.) vigente negli altri grandi paesi europei, decisamente migliore di quello italiano.