Ancora un dato fortemente negativo dal mercato dell’auto italiano: in giugno sono state immatricolate 132.457 autovetture con un calo del 23,1% rispetto allo stesso mese del 2019 e ciò nonostante un giorno lavorato in più, che vale circa 4,5 punti percentuali. Questo risultato appare ancora più negativo se si considera che in giugno, con la fine della quarantena, il mercato avrebbe dovuto, non solo tornare sui livelli normali e quindi in linea con quelli del 2019, ma avrebbe anche dovuto recuperare almeno una parte delle mancate vendite di marzo, aprile e maggio, mesi in calo rispettivamente dell’85,4%, del 97,6% e del 49,6%. Il consuntivo del primo semestre del mercato dell’auto chiude dunque fortemente in perdita. Il calo rispetto allo stesso periodo del 2019 è del 46,1%, il che significa 499.224 vetture vendute in meno.
In questo quadro cupo si inseriscono aspettative per il prossimo futuro tutt’altro che positive. Dall’inchiesta congiunturale condotta dal Centro Studi Promotor a fine giugno emerge che il 70% dei concessionari dichiara bassi livelli di acquisizione di ordini, mentre il 62% lamenta anche una insoddisfacente affluenza ai saloni di vendita di interessati all’acquisto. Sulla situazione del settore dell’auto in Italia incide poi il fatto che le auto invendute in giacenza sono circa 500.000 e che la situazione finanziaria di molte concessionarie è altamente critica.
Nei primi sei mesi dell’anno il settore ha avuto una perdita di fatturato di circa 9 miliardi con un danno diretto anche per l’Erario, che ha perso quasi 2 miliardi di gettito solo per l’Iva. Ne consegue, secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, «l’assoluta necessità che vengano varati al più presto incentivi anche per chi rottama auto di oltre 10 anni ed acquista vetture nuove ad alimentazione tradizionale, oltre che elettrica. I benefici sarebbero notevoli per l’eliminazione di vetture circolanti altamente inquinanti, per far uscire il settore dell’auto da una situazione di estrema difficoltà e, soprattutto, per la ripresa dell’economia del Paese».
Benefici che andrebbero estesi a chiunque acquisti un’auto nuova, a prescindere dalla rottamazione, a partire da un più adeguato trattamento fiscale dell’auto aziendale, con la detrazione totale dell’Iva (oggi limitata al 40%) e al 100% del valore di ammortamento portando l’attuale, irrisorio limite di 18.000 euro ad almeno 50.000 euro (al netto dell’Iva) così come avviene negli altri “grandi” paesi dell’Unione Europea.
«Nonostante la quasi completa riapertura dell’economia – commenta Michele Crisci, presidente dell’UNRAE, l’Associazione delle Case automobilistiche estere – continua a giugno l’emorragia di immatricolazioni per la crisi senza precedenti innescata da Coronavirus. Mentre negli altri paesi europei – Germania e Francia in primis, ma anche Spagna, il cui piano da 3,75 miliardi di Euro è da notare sia per l’ambizione degli obiettivi sia per il principio di neutralità tecnologica che afferma – i rispettivi Governi hanno già dato risposte chiare e forti, prosegue l’assordante silenzio del governo italiano. A conferma dell’efficacia di specifici piani di sostegno al mercato dell’auto, già a giugno il mercato francese, il primo a pubblicare dati mensili, è tornato in positivo».
«In tale contesto, è sempre più urgente l’adozione di interventi a sostegno del mercato dell’auto, per il rischio concreto di chiusura nei prossimi mesi di centinaia di imprese della filiera della distribuzione e della conseguente scomparsa di migliaia di posti di lavoro – sottolinea Crisci – Chiediamo quindi al Governo un provvedimento “verticale”, con misure specifiche per il settore automotive, con l’obiettivo di accelerare il rinnovo del vetusto parco circolante, pericoloso sia per l’ambiente sia per la sicurezza dei cittadini, e di sostenere il rilancio della domanda, nel rispetto della neutralità tecnologica e senza tetti di prezzo dell’autovettura. Un serio, concreto e immediato piano di sostegno, adeguato nella misura alla estrema gravità della crisi, eviterebbe ulteriori perdite e potrebbe cercare di recuperare parte della domanda svanita, con un impatto positivo anche sull’Erario, che in assenza di tale intervento, perderebbe entrate da IVA per circa 3 miliardi di Euro».
«A giugno, per il mercato dell’auto italiano – commenta Paolo Scudieri, presidente di Anfia – la perdita si è dimezzata rispetto al quella del precedente mese di maggio e siamo di fronte a segnali di ripartenza veramente timidi, riconducibili per lo più allo smaltimento di ordini accumulati e rimasti inevasi prima della chiusura dei concessionari dello scorso marzo. Ogni 100.000 immatricolazioni perse corrisponde un ammanco di gettito fiscale di circa 500 milioni di Euro, senza contare che un sistema industriale in ripresa significa un minore ricorso agli ammortizzatori sociali. Senza stimoli al mercato, rischiamo di contare, a fine 2020, appena 1,2 milioni di nuove auto immatricolate, con un ribasso del 35% rispetto al 2019».
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