Nei primi sette mesi del 2012 la flessione complessiva del mercato è del -19,9. Secondo le previsioni di Promotor con questo andamento il mercato chiuderà con 1.379.000 immatricolazioni, tornando ai livelli del 1979
Nuovo tonfo delle immatricolazioni di nuove auto in Italia. A luglio il mercato segna una flessione del 21,39% a 108.826 unità rispetto allo scorso anno (che già scontava un drastico calo delle vendite) in base ai dati comunicati dal ministero delle Infrastrutture. Nello stesso periodo di luglio 2012 sono stati registrati 355.811 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di -6,67% rispetto a luglio 2011. Nel periodo gennaio-luglio 2012 la Motorizzazione ha immatricolato 923.739 autovetture, con una variazione di -19,87% rispetto al periodo gennaio-luglio 2011. Nello stesso periodo di gennaio-luglio 2012 sono stati registrati 2.477.188 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di -11,04% rispetto a gennaio-luglio 2011.
In questo mercato sempre più asfittico, il marchio Fiat chiude luglio con quasi 24.000 immatricolazioni e una quota di mercato del 22%, in aumento di 1,25 punti percentuali rispetto allo stesso mese del 2011. Guardato ai primi sette mesi dell’anno, le vendite sono state pari 192.000 unità per una quota del 20,8%, livelli che hanno definitivamente annullato i programmi di “Fabbrica Italia” del Gruppo, con la possibilità sempre più certa di arrivare alla chiusura di siti produttivi, dopo che il rinnovamento della gamma con il lancio di nuovi prodotti è stato sostanzialmente bloccato in attesa di tempi migliori.
La flessione delle immatricolazioni di auto in Italia tocca tutti i principali costruttori. Il marchio Volkswagen ha fatto segnare una contrazione delle vendite del 17,81% a luglio a 8.939 unità con una quota di mercato salita dal 7,86 all’8,21%. In arretramento Citroen che ha venduto 5.701 vetture, l’8,62% in meno rispetto allo scorso anno con una fetta di mercato salita dal 4,51% al 5,24%. Giù anche Peugeot (-15,24% a 5.684 unità) con una quota di mercato che sale dal 4,84% al 5,22%. Opel ha fatto segnare una flessione del 27,65% a 5.579 unità con una quota di mercato che arretra dal 5,57 al 5,13%. Renault con 4.072 immatricolazioni ha venduto il 37,83% di auto in meno dello scorso anno con una quota passata dal 4,73% al 3,74%. Nissan (-22,64% a 4.009 unità) ha visto la sua quota passare dal 3,74% al 3,68%. Nel settore del lusso, le vendite di Audi sono scese dell’8,14% a 4.108 unità con una quota di mercato passata dal 3,23 al 3,77%, seguita da Bmw (-8,89% a 3.261 unità) e Mercedes (-33,34% a 3.029).
Una simile deblacle ha spinto i principali protagonisti a chiedere nuovamente interventi al Governo: “in assenza di interventi a sostegno dei consumi e del settore la domanda di autovetture nuove del prossimo anno sarà ancora più debole dell’attuale” sottolinea in una nota Jacques Bosquet, presidente dell’Unrae, l’associazione dei costruttori esteri di autoveicoli in Italia. Il crollo delle vendite rischia di essere un problema anche per le casse dello Stato: “la pausa estiva – prosegue Bousquet – trova il settore auto con 230.000 vetture perse rispetto allo scorso anno e lo Stato con 1,5 miliardi di euro di mancato introito Iva (rispetto ad un anno medio da due milioni di vetture), conseguenze di una serie di leggi inefficaci e controproducenti per le finanze dello Stato, come il superbollo e l’aumento delle imposte provinciali di trascrizione, devastanti per il mondo dell’auto”. Bousquet commenta il ‘Decreto Sviluppo’ in discussione alla Camera: “va sì nella direzione della parte virtuosa del mercato dell’auto ma, nella sostanza, inciderà solo su circa l’1,4% delle vendite (canali noleggio e società), e non determinerà alcun sostegno reale alla domanda. Il provvedimento che riguarda l’auto sarà inefficace e inapplicabile. Ad esempio, – sottolinea Bousquets – la prevista rottamazione sulle auto aziendali, nella pratica, non si verificherà mai, perché non esistono società folli che tengano le vetture per 10 anni. Tali misure, quindi, faranno spendere inutilmente altre risorse allo Stato che sarebbe meglio dirottare sulla riduzione dell’enorme pressione fiscale sull’auto”.
Sulla stessa lunghezza Roberto Vavassori presidente di Anfia: “luglio conta l’ottava caduta consecutiva del mercato, totalizzando volumi con immatricolazioni mai cosi’ bassi, per questo mese, dal 1978”. Per Vavassori “guardando all’industria in un clima economico che, in Italia come in Europa, rimarrà difficile ancora per diversi mesi, temiamo che il piano di sostegno al settore automotive varato in Francia rischi, in assenza di interventi analoghi in Italia, di accentuare il gap competitivo del nostro Sistema Paese nel confronto europeo”.
Per Federauto “il mercato degli autoveicoli in Italia è entrato in un tunnel di cui non si vede l’uscita. Anzi, grazie ai disincentivi varati dal governo Monti e al completo disinteresse del mondo politico, il tunnel dell’automotive rischia di crollare seppellendo un comparto che occupa, con l’indotto, 1.200.000 addetti, partecipa al gettito fiscale nazionale per il 16,6% e ha un fatturato pari all’11,4% del Pil”. Per il presidente Filippo Pavan Bernacchi, “da cittadino mi sarei aspettato più coraggio nel tagliare drasticamente la spesa pubblica. Eliminando completamente le province, ad esempio, si sarebbe potuta sopprimere una tassa odiosa ed iniqua come l’imposta provinciale di trascrizione. Adottando le recenti proposte dell’ACI si potrebbero ridurre i prezzi dell’RC Auto fino al 40%. O ancora – prosegue Pavan Bernacchi – sopprimendo uno dei due enti che attualmente gestiscono le immatricolazioni e i passaggi di proprietà, gravando l’automobilista di un doppio costo, si potrebbe da una parte abbassare l’esborso degli automobilisti, dall’altra dimezzare gli adempimenti burocratici”.
Quanto ai possibili scenari, il Centro Studi Promotor ha abbassato le stime di nuove immatricolazioni di auto per il 2012 da 1,403 milioni di auto a 1,379 milioni, pari a una flessione annua del 21%. Ma un recupero di fiducia da parte dei consumatori – aggiunge – potrebbe invertire la tendenza a fine anno A pesare sul comparto, osserva il CSP, sono “fattori di freno specifici come il caro-carburanti, il livello insostenibile dei premi di assicurazione RC auto, le difficoltà di accesso al credito e una tassazione sulla proprietà e sull’uso dell’auto estremamente elevata ed ulteriormente inasprita anche recentemente con la riduzione della deducibilità dei costi per le auto aziendali introdotta con la riforma del lavoro”. L’elemento che ha fatto ritornare il livello delle vendite al 1979, prosegue il CSP, “è essenzialmente la difficilissima situazione dell’economia reale e soprattutto le forti preoccupazioni per le prospettive per l’attività produttiva e per la tenuta dei redditi delle famiglie”.