Incentivi e sostegni utili per la filiera distributiva. I concessionari in contrasto con la posizione di Marchionne
Il mondo dell’auto è sempre più in sofferenza per via dell’andamento del mercato europeo e quello italiano in particolare, che mese dopo mese fa registrare cali a due cifre, tanto di prevedere nel 2012 un livello di vendite di circa 1.500.000 unità, circa 800.000 in meno rispetto al periodo pre crisi. Una situazione pesante, che si è aggravata all’indomani dell’aggravarsi della pressione fiscale sul comparto automobilistico varata a dicembre scorso dal Governo Monti (aumento dell’Iva, rincaro dei bolli, della tassa di proprietà, dei carburanti, ecc), che rischia il definitivo tracollo a partire dal prossimo ottobre quando l’Iva subirà un nuovo aumento dal 21 al 23%.
Durante la conferenza stampa al salone di Ginevra, l’amministratore delegato del gruppo Fiat Sergio Marchionne ha dichiarato che “non vogliamo né incentivi né assistenza finanziaria”. Una posizione forse determinata dal fatto che il gruppo Fiat ha già avuto tanto dai contribuenti che sono stati ripagati con la chiusura di stabilimenti, riduzione dei modelli, una qualità del prodotto non sempre a livello della migliore concorrenza. Probabilmente, Marchionne ha annusato l’aria che tira, facendo il bel gesto che, però, ha mandato in fibrillazione la rete distributiva che ha criticato duramente la posizione del vertice del gruppo Fiat.
Il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi dichiara di “avere pieno rispetto della posizione espressa dal dottor Marchionne che ha dichiarato di non volere nuovi incentivi. Al suo posto avrei detto la stessa cosa. Noi concessionari di tutti i marchi commercializzati in Italia abbiamo però esigenze diverse rispetto ai Costruttori”. Pavan Bernacchi spiega la posizione dei concessionari: “prima di tutto, quando si parla di auto, ci si riferisce spesso ai Costruttori e alle fabbriche, dimenticando chi poi le vetture le vende e le assiste. Senza tema di smentita, una parte fondamentale della filiera automobilistica. In subordine, mentre le Case Auto, tutte multinazionali, riescono a compensare le perdite europee attraverso lo sviluppo di altri mercati mondiali, i concessionari no. Noi dobbiamo operare solo nel mercato domestico affrontandone luci e ombre. E per i prossimi anni, prima Berlusconi e poi Monti, ci hanno prospettato, per risanare il Paese, solo ombre”.
Federauto coglie l’occasione per ricordare che la crisi dell’auto in Italia ha peculiarità tutte sue, e infatti il mercato Italia sta perdendo oltre 2,5 volte in più rispetto alla media europea. “Riteniamo che da questa crisi – afferma il presidente di Federauto – inizieremo ad uscire dal 2015. Basti pensare che a ottobre il Governo ha confermato che l’IVA passerà al 23% con ulteriori effetti sulla contrazione della domanda, sull’aumento dell’inflazione e di moltiplicatore delle accise. Un piano triennale volto allo svecchiamento del circolante vedrebbe tanti vincitori: lo Stato, che introiterebbe più IVA e tasse correlate, i Concessionari che potrebbero contenere i danni da qui alla ripresa, l’occupazione che potrebbe lenire gli effetti negativi su un comparto che occupa 1.200.000 addetti, e la collettività per una migliore qualità dell’aria e una maggiore sicurezza stradale”.
Difficile che le richieste vengano ascoltate: anzi, sul settore automobilistico rischia di essere ulteriormente penalizzato da ipotesi di incrementare la tassazione sul parco circolante sulla base delle emissioni di anidride carbonica per supportare la diffusione dell’auto elettrica. Se così fosse, oltre al danno (per tutti i possessori di auto, specie per chi l’auto la usa per lavoro), la beffa di incentivare veicoli che, stante l’attuale qualità dei prodotti, difficilmente soddisfano le esigenze dei consumatori.