Sugli standard ecologici dei veicoli che avrebbero subito una deciso aggravamento, il Parlamento europeo innesta la retromarcia forse accorgendosi (tardivamente) di avere fatto il passo più lungo della gamba sull’ondadei partiti ambientalisti e del loro fanatismo con i paraocchi e di qualche spintarella (interessata) cinese: con la votazione a larga maggioranza (329 sì, 230 no e 41 astensioni), l’Europarlamento sostanzialmente allontana e annacqua il futuro standard Euro 7.
Gli eurodeputati hanno di fatto mantenuto gli standard proposti dalla Commissione per le emissioni inquinanti (come ossidi di azoto, particolato, monossido di carbonio e ammoniaca) per le autovetture, ma rispetto alla proposta della Commissione hanno spostato in avanti la data per l’entrata in vigore delle norme che si applicherebbero dal primo luglio 2030 per auto e furgoni e dal primo luglio 2031 per autobus e camion (mentre la Commissione Ue proponeva rispettivamente 2025 e 2027).
Il mandato prevede anche un’ulteriore ripartizione delle emissioni in tre categorie per i veicoli commerciali leggeri in base al loro peso. Il testo adottato propone limiti più severi per le emissioni di gas di scarico degli autobus e dei veicoli pesanti, compresi i livelli fissati per le emissioni reali di guida. Bocciati invece nel voto in plenaria gli emendamenti (172, 173 e 174) sostenuti dal gruppo del relatore Ecr che miravano a reintrodurrel’utilizzo dei carburanti sintetici, gli e-fuels, dopo il 2035. Gli standard Euro 7 non riguardano direttamente le emissioni di CO2 prodotte dai carburanti di auto e furgoni, ma i livelli di emissioni prodotte dalla circolazione dei mezzi.
L’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) riconosce che oggi il Parlamento europeo ha votato a favore di un approccio più realistico all’Euro 7, rispetto a quanto proposto dalla Commissione europea lo scorso anno. Tuttavia, l’Euro 7 ha ancora un prezzo elevato e si trova in un momento molto critico nella trasformazione del settore.
«L’Euro 7 rappresenta un investimento significativo per i produttori di veicoli, oltre ai loro enormi sforzi di decarbonizzazione – ha affermato il direttore generale di Acea, Sigrid de Vries -. Si presenta anche in un contesto geopolitico ed economico straordinariamente impegnativo, caratterizzato dall’impennata dei prezzi dell’energia, dalla carenza della catena di approvvigionamento, dalle pressioni inflazionistiche e dal rallentamento della domanda dei consumatori. L’Europa ha bisogno di un Euro 7 proporzionato che bilanci le preoccupazioni ambientali e la competitività industriale».
Di fatto si tratta di una sostanziale frenata ad una corsa che finiva dritta nel baratro, anche perché gli ultimi standard Euro 6/VI sulle sostanze inquinanti le emissioni di gas di scarico sono appena misurabili, tanto che nelle prove di guida reali su strada, in molti casi l’aria emessa allo scarico misurata da analizzatori portatili installati a bordo delle auto è risultata più pulita di quella aspirata durante la marcia nel traffico urbano.
Il primo passo è stato compiuto e l’industria europea può tirare un respiro di sollievo rispetto ad una traiettoriache l’avrebbe consegnata inevitabilmente tra le braccia del monopolio elettrico cinese, con tutto quel che ne consegue. Sarà il nuovo Europarlamento a fare le opportune modifiche allo scenario eccessivamente ambiziosoe irrealistico deciso dalla maggioranza uscente, per restituire alla tecnologica motoristica europea e al Diesel in particolare, il giusto spazio che le spetta.
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