Intanto continuano a crollare le immatricolazioni: in Italia a febbraio -6,3%. Il Ppe dà l’avviso di fine giochetti alla Commissione con la richiesta di cancellare il divieto al 2035.
Nello strategico comparto dell’automotive europeo intossicato da eccesso di demagogia ambientalista qualcosa sta per muoversi, seppur lentamente, con l’intenzione della Commissione europea di dare ai costruttori più tempo per adeguarsi ai limiti delle emissioni auto, anche se dalla sua maggioranza viene dal Ppe la direttiva a cancellare il divieto di vendita di veicoli con motore a combustione a partire dal 2035.
«Proporrò questo mese un emendamento mirato al regolamento sulle emissioni di CO2» per le auto per far sì che le aziende automobilistiche «abbiano tre anni di tempo invece di uno per adeguarsi agli standard di conformità» per evitare le sanzioni che sarebbero scattate da quest’anno ha annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dopo aver incontrato i rappresentanti del Dialogo strategico sull’automotive. «Dobbiamo attenerci agli obiettivi concordati» ma anche «ascoltare le voci che chiedono più pragmatismo in questi tempi difficili»
Von der Leyen ha anticipato i punti principali del piano per le emissioni auto che sarà svelato mercoledì, confermando un intervento urgente per garantire flessibilità alle case automobilistiche dalle multe che scatterebbero quest’anno ai produttori che supereranno il limite di 94 grammi/km di emissioni per le nuove vendite, stimate in oltre 15 miliardi per quest’anno. Gli obiettivi restano gli stessi, ma si darà più tempo, 3 anni, alle case automobilistiche per il calcolo delle emissioni.
«Gli obiettivi rimangono gli stessi. Devono essere raggiunti, ma questo significa più respiro per l’industria», ha precisato von der Leyen, assicurando che saranno accelerati «i lavori sulla revisione dei target 2035 con la piena neutralità tecnologica come principio fondamentale».
Von der Leyen assieme al commissario Apostolos Tzitzikostas, e ai vicepresidenti Stéphane Séjourné ed Henna Virkunnen e dei commissari Wopke Hoekstra e Roxana Minzatu è pronta a blindare la sua strategia per dare slancio alle e-car con incentivi coordinati tra i Ventisette, che prevedono finanziamenti, il rilancio del leasing e del mercato dell’usato e nuove misure per le batterie e le colonnine di ricarica.
La posizione della Commissione europea non è gradita dal Ppe, il partito di maggioranza nell’alleanza che ha portato alla rielezione di von der Leyen alla presidenza, tanto che in una nota ha messo l’altolà: «dobbiamo essere obiettivi su ciò che non funziona. La transizione alla mobilità elettrica prevista dal piano “Fit for 55” è un passo nella giusta direzione. Ma l’obiettivo di porre fine alla vendita di auto con motore a combustione entro il 2035 sembra, più che mai, completamente irrealistico. Il Gruppo Renew e i partiti di sinistra hanno commesso un errore legiferando contro il settore automotive. Durante la campagna, il Ppe ha promesso di affrontare questa situazione e Ursula von der Leyen si è impegnata a presentare una revisione della legislazione. Data la situazione critica nel settore automobilistico, questo problema non può essere un tabù. Il prossimo divieto del 2035 sui motori a combustione interna dovrebbe essere annullato per riflettere la neutralità tecnologica. La nostra storia di innovazione dimostra che la neutralità tecnologica è sempre stata una storia di successo per la mobilità europea. Consentire un mix di tecnologie fornisce la flessibilità per soddisfare gli obiettivi climatici senza soffocare l’innovazione o danneggiare il settore».
Intanto, anche a febbraio 2025 prosegue il calo delle vendite in Italia con 137.922 autovetture con un calo del 6,3% sullo stesso mese del 2024. Le immatricolazioni complessive nel primo bimestre sono state 271.638 con una contrazione del 6,1% sullo stesso periodo del 2024 ma con un calo di ben il 14,9% rispetto ai livelli ante-crisi, cioè rispetto al 2019.
Le prospettive per i prossimi mesi non appaiono positive. Ben il 79% dei concessionari interpellati dal Centro Studi Promotor, nel quadro della sua consueta indagine congiunturale mensile sul mercato dell’auto in Italia, ha dichiarato che in febbraio la raccolta di ordini è stata bassa e a ciò si aggiunge che l’84% dei concessionari giudica bassa anche l’affluenza di visitatori nei saloni dei concessionari. Dalla stessa fonte emerge poi che i principali fattori di freno per il mercato dell’automobile italiano sono al momento l’incertezza per la transizione energetica, inserita tra i fattori di freno dal 60% degli interpellati, e i prezzi che vengono giudicati decisamente elevati dal 58% degli interpellati.
«Stupisce – sostiene Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – che l’Unione europea non percepisca l’assoluta necessità di non demolire la sua industria dell’auto con tutto quello che ne consegue in termini di produzione di ricchezza e di occupazione per molti proprio quando l’economia europea dove far fronte ai colossali investimenti indispensabili per la difesa comune e per altri settori che si troveranno in serie difficoltà in conseguenza della politica varata dal presidente Trump».
Per Quagliano «a ciò si aggiunge che l’industria dell’auto è da sempre un vanto ed una risorsa dell’Europa ed è legittimo chiedersi se valga la pena di metterla a repentaglio per ottenere, con la completa elettrificazione del parco circolante di autovetture (che non potrà avvenire prima della metà degli anni ’50 di questo secolo) una riduzione a livello mondiale del 3,3% delle emissioni di anidride carbonica (CO2), che è soltanto uno dei gas serra a cui si imputa la responsabilità del mutamento climatico in atto, mentre nulla o poco si fa per ridurre l’impatto di molti altri gas serra: dal vapore acqueo all’ozono, dal metano agli alocarburi, al protossido di azoto e a tutti gli altri».
La situazione è ritenuta critica anche dal fronte dei concessionari, con il presidente di Federauto, Massimo Artusi, che «a febbraio i venditori hanno contribuito con circa 11.000 auto immatricolazioni, desta preoccupazione la flessione del canale privati che, a nostro avviso, è una chiara reazione al clima di confusione e di incertezza che si sta creando attorno all’automotive. Rispondere ai target e alle scadenze “sfidanti” – ma in realtà irrealistiche – poste dalla Commissione europea – continua Artusi – unicamente posticipando le scadenze, nella speranza che prima o poi il mercato cambi idea sulla scarsa appetibilità dell’auto elettrica, e non cambiando invece nettamente la strategia, mettendo al centro i target di decarbonizzazione, anziché dell’elettrificazione, significa cincischiare sull’orlo dell’abisso, come dimostrano ormai ogni mese i dati del mercato».
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