Dopo mesi se non anni di totale disinteresse, il Governo è finalmente sceso in campo per trovare una soluzione alla crisi dell’automotive, schiacciato tra la caduta dei volumi produttivi causa anche provvedimenti cervellotici come il “bonus–malus” che ha disorientato i consumatori, e l’aumento della cassa integrazione.
Il punto di partenza è stato l’avvio di un tavolo al ministero dello Sviluppo, che proseguirà nelle prossime settimane con specifici sottotavoli per individuare gli obiettivi e le necessarie risorse per uscire dalla crisi dell’automotive. Il tavolo, voluto dal ministro Patuanelli, ha riunito al Mise 45 partecipanti tra associazioni di categoria, aziende (tra cui Fca, Piaggio, Renault e anche Tesla) e sindacati e del mondo dell’università e ricerca.
Il primo incontro è durato oltre tre ore per fotografare la situazione di un settore che interessa circa 260.000 dipendenti, oltre ad essere uno dei principali settori che contribuiscono al gettito fiscale nazionale, vede aumentare la cassa integrazione e registra segnali molto preoccupanti dalle aziende della componentistica a partire da quelle del diesel, tecnologia ingiustamente penalizzata dallo scandalo del “Dieselgate” ma che nelle versioni Euro 6 è decisamente ecologica, molto meglio di un motore a benzina e anche di una vettura elettrica se si considera tutto il suo ciclo di produzione, energia elettrica compresa.
Nell’ambito del tavolo sono stati istituiti tre gruppi di lavoro per approfondire i temi dell’offerta e della domanda di mobilità e delle infrastrutture. Patuanelli ha sottolineato il ruolo fondamentale che rivestono gli investimenti in ricerca e sviluppo per il trasferimento tecnologico finalizzati alla produzione di nuovi mezzi di trasporto ecosostenibili, nonché quelli nella formazione continua di tecnici e lavoratori del settore.
Tra le proposte arrivate da Confindustria e Anfia, come capofila della filiera dell’automotive italiano, incentivare la diffusione della ricarica elettrica “privata” all’interno dei bonus per la ristrutturazione edilizia, l’efficienza energetica e l’adeguamento sismico degli edifici. Le associazioni d’impresa, hanno anche criticato l’attuale sistema “bonus-malus” (la cosiddetta eco-tassa), lamentando che, «oltre ad avere effetti distorsivi sul mercato, rischia anche di non avere gli effetti ambientali attesi» visto l’andamento delle vendite di auto elettriche ancora minimale nonostante che ai forti incentivi statali si sommino spesso anche quelli regionali. Molto meglio spostare le risorse pubbliche nel sostegno al ricambio del parco veicoli circolanti di classe Euro 4 e inferiori (che vale ancora circa il 30% del totale) ed incentivare l’acquisto di auto usate Euro 5e Euro 6 e nuove Euro 6.
Sempre in tema di sostegno alle vendite, determinante è il peso fiscale gravante sul settore, specie quello dell’autoaziendale, che rende meno competitiva la corsa delle aziende italiane rispetto ai loro concorrenti europei che in tema di auto aziendale possono detrarre il 100% dell’Iva e del costo d’acquisto senza alcun tetto. Anfia a questo riguardo chiede«l’estensione del super-ammortamento per autovetture ad uso strumentale (in particolare a noleggio)».
Anche Ancma (la filiera industriale italiana delle “due ruote” a motore e a pedali) ha avanzato proposte per risolvere la crisi dell’automotive che spaziano dal sostegno all’acquisto di mezzi elettrici o elettrificati agli sgravi fiscali sull’acquisto per l’abbigliamento protettivo motociclistico e misure per ridurre costi e oneri assicurativi di motocicli e ciclomotori, che potrebbero partire dalla portabilità della classe di merito maturata nel settore auto (o viceversa), cosa che attualmente non è possibile
Ancma chiede al Ministero la reintroduzione di detrazioni fiscali sul prezzo d’acquisto delle biciclette, ma anche una strettadei controlli sulle E-Bike illegali, oltre che sulle pratiche commerciali sleali sul web e la contraffazione.
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