Biocarburanti europei in crisi causa dumping cinese

Shell ferma la costruzione un impianto a Rotterdam causa costi di produzione decisamente superiori a quelli importati dalla Cina, che hanno dimezzato i prezzi in Germania.

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Accise sui carburanti: biocarburanti Carburanti rinnovabili Biocarburanti

L’arrembaggio economico della Cina non riguarda solo la produzione di auto elettriche, di batterie, di pannelli fotovoltaici e di aerogeneratori: ora tocca anche ai biocarburanti esportati praticamente in regime di dumping che finiscono con il mettere fuori gioco per i costi decisamente più bassi la produzione europea.

L’ultimo caso è dato dalla decisione della Shell di fermare la costruzione dell’impianto di biocarburanti che sarebbe stato il più grande d’Europa nell’ambito dell’Energy and Chemicals park di Rotterdam in Olanda, dove sorgeva la raffineria di petrolio di Pernis che doveva produrre fino a 820.000 barili al giorno tra biodiesel e Saf (il carburante per gli aerei a reazione).

La decisione, che potrebbe essere anche rivalutata alla luce delle politiche europee, è dovuta al fatto che il costo di produzione dell’impianto sarebbe stato più alto rispetto a quello del prodotto importato dalla Cina, la quale nel solo 2023 ha venduto oltre 1,8 milioni di tonnellate di biodiesel in Europa, dimezzando il prezzo di mercato in realtà come la Germania.

Di fatto, il margine operativo delle bioraffinerie in Europa è critico, con un livello che è diventato negativo nel secondo trimestre 2024, tanto che anche Bp ha messo in pausa i progetti per realizzare due nuovi impianti, uno in Germania e l’altro degli Usa.

In una comunicazione dello scorso 6 giugno alla Commissione europea, la European Biodiesel Board (Ebb) avvertiva che «se la situazione persiste l’industria del biodiesel Ue potrebbe non vedere la fine di quest’anno, perché non è più redditizia».

Nel mirino delle organizzazioni dei produttori e anche delle realtà ambientaliste la qualità e le certificazioni di sostenibilità dei biocarburanti, specie di quelli importati a prezzi stracciati dalla Cina e dai paesi dell’Indocina come la Malaysia che esporta verso Europa e Usa il triplo degli olii da cucina esausti che raccoglie per destinarli alla produzione del Saf, di cui aumenta la richiesta per via degli obblighi comunitari per la riduzione delle emissioni del trasporto aereo, tanto che il settore nel 2023 ha consumato 7 milioni di tonnellate di biocarburante derivante da olii da cucina esausti, otto volte i volumi recuperati sul mercato interno. Ovvio che i conti non tornino e che il sospetto di truffe e di aggiramenti delle certificazioni sia una quasi certezza.

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