Preoccupate Anfia e Federauto: “urgente che il Governo prenda in mano la situazione, alleggerendo il carico fiscale sul settore per rilanciare il mercato, il lavoro, l’indotto ed il gettito fiscale”
Il mercato dell’auto la cartina di tornasole di come scelte politica affrettare, imponderate e prive di fondamento (se non quello ideologico) possano affondare settori interi dell’economia nazionale. Anche ad agosto le vendite di auto nuove vanno male, con una perdita del 6,56% rispetto all’agosto del 2012, che aveva fatto registrare di suo una perdita di oltre il 20% rispetto al 2011. Durante il mese la motorizzazione ha immatricolato 52.997 autovetture. In poco più di sei anni, il mercato degli autoveicoli leggeri si è prativa mene dimezzato, passando dai 2,5 milioni di pezzi a poco iù di 1,2 milioni.
Responsabile di questo calo clamoroso, oltre la minore disponibilità economica delle famiglie, la mannaia fiscale che tra bolli, superbolli, ricari iva e caro carburanti ha reso praticamente impossibile la vita agli automobilisti. E con essi a tanti concessionari italiani, ad iniziare da quelli di lusso, come Ferrari, letteralmente in crisi per il tracollo delle vendite: un caso, quello della Ferrari che alla crisi nerissima sul suolo italiano, fa da contraltare vendite a gonfie vele al di fuori dei confini.
A rimetterci, oltre alle imprese del settore, pure lo Stato: a forza di spremere il limone auto, il gettito fiscale è stato di oltre 3 miliardi di euro inferiore al preventivato, aprendo un vistoso buco nella Finanziaria. Tanto che ora sarebbe logico ritornare rapidamente sui propri passi, abolendo da subito superbolli, rincari delle tariffe autostradali e delle assicurazioni e riducendo l’Iva, oltre ad introdurre una deducibilità fiscale dei veicoli aziendali in linea con le direttive europee che l’Italia non applica da oltre sette anni.
“Il mercato presenta nuovamente una forte contrazione nel mese appena concluso, pur confrontandosi con un agosto 2012 già particolarmente negativo (-20,2%). I livelli di immatricolazioni di agosto non erano così bassi dal lontano 1962, quando le immatricolazioni furono appena 49.7661” ha dichiarato Roberto Vavassori, presidente di ANFIA, secondo il quale “fatte le debite considerazioni relative ad un periodo dell’anno, quello della pausa estiva, tradizionalmente contrassegnato da un calo della domanda, il peggioramento dell’attuale trend di mercato è in buona parte riconducibile alle vessazioni fiscali che colpiscono in maniera incrementale la filiera dell’auto: dai premi assicurativi alle accise sui carburanti – si consideri che la componente fiscale dei prezzi dei carburanti è già arrivata al 58% per la benzina e al 55% per il diesel – per citare solo due voci di spesa, senza contare che le tensioni internazionali suscitate da un possibile intervento USA in Siria stanno facendo aumentare il prezzo industriale del greggio. Indispensabile rivitalizzare il settore”.
Allarmata anche Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di autoveicoli di tutti i marchi commercializzati in Italia: per il suo presidene Filippo Pavan Bernacchi “l’economia reale, di cui il mercato degli autoveicoli è la principale cartina di tornasole, non mente: l’Italia brancola nel buio e non si intravede una via d’uscita a breve termine. Il mondo politico sta facendo del proprio meglio, ma sembra essere paralizzato dall’affaire Berlusconi. Il Paese ha bisogno di risposte immediate che facciano ripartire i consumi interni, che rilancino le aziende, le uniche che possono dare lavoro, occupazione, dignità ai lavoratori”.
Federauto si chiede come con la disoccupazione alle stelle, si parla di 6/8 milioni di lavoratori colpiti o dalla perdita del posto di lavoro o dal ridimensionamento dello stipendio grazie agli ammortizzatori sociali, con una tassazione sproporzionata su famiglie e imprese, con una spesa pubblica oramai ingiustificabile, con un debito pubblico enorme, si possa pensare che l’Italia sia competitiva sul mercato mondiale.
Come è noto la filiera dell’automotive in Italia occupa 1.200.000 addetti, fattura l’11,4% del PIL e partecipa al gettito fiscale complessivo per il 16,6%. Nonostante questi numeri, la politica non se ne occupa lasciando che le aziende si sfaldino e che centinaia di migliaia di lavoratori vengano messi su una strada. Stante i precedenti passati e recenti, non è lecito aspettarsi anche dal governo Letta un’inversione di tendenza.