Spedale (Aicel): «nasceranno forti problemi sulla gestione delle controversie e sui diritti dei consumatori»
Insieme al Consiglio europeo e alla Commissione europea, il Parlamento europeo ha finalmente messo un punto al “geoblocking”, dando finalmente atto dell’accordo raggiunto per introdurre nuove regole sugli acquisti di beni e servizi online all’interno dell’Unione Europea.
L’accordo, derivato dalla promessa fatta durante il vertice digitale dell’UE a Tallinn, avvenuto nel settembre di quest’anno, si pone come obiettivo quello di ridurre, se non eliminare, le pratiche di geoblocco: i consumatori della UE avranno più opzioni quando si tratta di merce e servizi presenti in uno dei 28 Stati membri. In altri termini, i cittadini potranno acquistare online beni e servizi, noleggiare l’auto e ottenere i biglietti per i concerti, direttamente da casa, su qualsiasi sito internet, senza incontrare più barriere, come la richiesta di pagare con una carta di debito o di credito emessa in un altro paese. Inoltre, i consumatori saranno autorizzati ad acquistare beni da qualsiasi stato membro, senza essere costretti ad utilizzare un dominio locale del paese d’acquisto.
Questo porterà dei vantaggi, anche economici, all’utente che avrà la possibilità di acquistare merce in un dominio dell’UE, senza dover necessariamente utilizzare il dominio italiano. Da un lato, potrebbe essere utile acquistare in un altro stato, per via di prezzi più competitivi; dall’altro, si potranno addirittura acquistare dispositivi che in Italia non sono ancora presenti. Ed ancora, per esempio, un consumatore italiano potrà acquistare un viaggio direttamente da un sito Web francese, senza essere reindirizzato a un dominio italiano. Un consumatore tedesco che desidera acquistare un frigorifero da un sito web spagnolo, ora avrà il diritto di farlo. Allo stesso modo, un bulgaro che vuole iscriversi ai servizi di hosting italiani potrà farlo e pagherà la stessa cifra di un acquirente italiano. E così via.
L’UE afferma che le nuove regole «stimoleranno l’e-commerce a vantaggio dei consumatori e delle imprese che trarranno vantaggio dal crescente mercato online europeo». Tuttavia, ci sono alcuni avvertimenti da considerare. L’UE non ha imposto l’armonizzazione dei prezzi e, naturalmente, non vi è alcun obbligo di vendere beni e servizi in un paese, se non è già prevista tale possibilità.
Inoltre, il meccanismo potrebbe incappare in alcuni problemi di consegna: se non viene offerta la spedizione internazionale dal rivenditore, spetterà al compratore organizzarla, con evidente aggravio sui costi. Le norme che abbatteranno il “geoblocking” entreranno in vigore entro la fine dell’anno prossimo, nove mesi dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE.
Nonostante nel testo approvato siano state inserite alcune clausole di salvaguardia, non è invece chiaro quale norma applicare in caso di controversie tra il professionista e il consumatore: Aicel (Associazione Italiana Commercio Elettronico) teme che si applichino le norme del paese in cui risiede il consumatore.
Secondo Andrea Spedale, presidente Aicel «il regolamento approvato non considera le realtà del mercato europeo, ancora meno quelle del mercato italiano, un mercato fatto di medie, piccole e micro-imprese. Un piccolo eCommerce può davvero affrontare le sfide della vendita in tutta Europa? Cosa succederà se un consumatore polacco avrà una lamentela circa un acquisto effettuato in un webshop italiano? In quale lingua potrà farlo? I nostri legali concordano sul fatto che, a prescindere dalle garanzie, il regolamento approvato non impedirà l’applicazione delle norme di tutela sui consumatori del loro paese».
Secondo la UE, l’accordo raggiunto per eliminare le restrizioni e i blocchi online significherebbe più scelta per i consumatori, una spinta all’ecommerce e un grande passo verso il completamento del mercato unico digitale, ma Aicel ritiene che l’introduzione del regolamento sia prematura. Secondo Spedale «in Europa non esistono norme armonizzate per i consumatori, non c’è un panorama dei pagamenti armonizzato e come è ancora troppo complesso, per i piccoli venditori, trattare con servizi di consegna paneuropei. I politici dovrebbero occuparsi di questi aspetti ed eliminare le differenze, non dovrebbero rinunciare al loro ruolo delegando il tutto ad altri attraverso un regolamento. La costituzione del Digital Single Market non può essere imposta ex lege costringendo i venditori a metterlo in atto a proprie spese».