I primi otto mesi del 2020 si chiudono con un bagno di sangue per il turismo italiano, con il crollo delle presenze (-52,5% a 173,5 milioni) e degli arrivi (-51,1% a 48 milioni) rispetto ad analogo periodo del 2019. La stima la fornisce l’Istituto Demoskopika che ha valutato anche l’andamento degli incassi della tassa di soggiorno, che vede un calo di gettito di ben 211 milioni a danno delle casse comunali.
Le mancate presenze hanno ridotto di ben 16 miliardi di euro la spesa legata al turismo, quasi la metà di questa concentrata in Veneto, Lombardia e Toscana che hanno perso 7,2 miliardi di euro.
Di qui l’appello al governo BisConte del presidente di Demoskopika, Raffaele Rio: «il Governo decida se il turismo è davvero un settore strategico per la propria economia. Si attivi, nella forma e nella sostanza, a condividere con i portatori di interesse del comparto un unico piano di ripresa del turismo italiano contenente consapevolmente obiettivi, strategie, azioni, risorse finanziarie e indicatori di risultato. Altrimenti, al danno di un mancato impatto sul sistema turistico italiano dei provvedimenti assunti dalle istituzioni ai vari livelli si aggiungerà la beffa di una frammentata gestione che rallenterà, in un ostacolante circuito vizioso, la ripresa del turismo italiano».
A gettare benzina sul fuoco per il comparto ricettivo arriva la bocciatura in Aula, nel percorso parlamentare di conversione del decreto “Agosto” della norma, introdotta nella discussione in Commissione, che mirava a stabilire la condizione di attività d’impresa e, quindi, l’applicazione della fiscalità ordinaria per quanti gestivano più di quattro appartamenti nello stesso territorio. Un provvedimento volto a stroncare l’espansione del fenomeno nei centri storici di molte città italiane, specie quelle maggiormente turistiche, che finisce con il penalizzare i residenti (che non trovano alloggi a prezzi sostenibili) e la vivibilità cittadina (con la desertificazione di molte aree, come sta accadendo durante la crisi), oltre ad ingenerare una odiosa concorrenza sleale tra i locatori brevi di appartamenti e gli esercenti alberghieri, con i secondi gravati di maggiori oneri fiscali, organizzativi e di sicurezza rispetto ai primi.
«Cosa altro deve succedere per capire che un fenomeno come quello degli affitti brevi ha bisogno di una regolamentazione? Eppure le città vuote di questi mesi ci avevano mostrato con grande chiarezza cosa vuole dire una realtà in cui non c’è più una collettività residente – afferma Confindustria Alberghi. L’assenza di regole e controlli sta snaturando le nostre città. Il meccanismo bocciato si limitava a riconoscere una condizione di fatto e che, pur non impedendo l’attività, andava a ridurre quel vantaggio normativo e fiscale che sta alla base dell’esplosione di questo fenomeno. Purtroppo oggi nel passaggio in Aula questa norma è stata stralciata. Stralcio che sembra più rispondere alla tutela della rendita di posizione di alcuni, piuttosto che alla tutela dell’interesse collettivo legato a sicurezza, vivibilità e alla attrattività turistica».
Sulla stessa lunghezza d’onda Federalberghi che per bocca del suo presidente Bernabò Bocca, commenta «inspiegabilmente, un emendamento che la scorsa settimana era stato considerato ammissibile, ieri sera è diventato inammissibile. Quando, qualche giorno fa, abbiamo parlato di interminabile gioco dell’oca, mai avremmo pensato che si sarebbe giunti a tanto. Venerdì scorso – prosegue Bocca – era stato approvato un emendamento ai sensi del quale chiunque avesse destinato all’attività di locazione breve più di quattro appartamenti sarebbe stato considerato a tutti gli effetti un imprenditore. E ieri l’emendamento è stato cassato. Il Governo batta un colpo. Se veramente si vuol tutelare i consumatori e la concorrenza, non è necessario il passaggio parlamentare. Da più di tre anni, gli operatori onesti sono in attesa del regolamento previsto dal decreto n. 50 del 2017 (articolo 4, comma 3 bis), che deve definire i criteri in base ai quali l’attività di locazione breve si presume svolta in forma imprenditoriale».
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