Trasporti via mare sotto pressione causa fattori geopolitici e climatici che minano sicurezza e affidabilità dei trasporti mercantili globali: gli attacchi Houti nel Mar Rosso, la pirateria nello Stretto di Malacca, la siccità nel canale di Panama, le tensioni nello stretto di Taiwan.
L’analisi del Centro studi Confindustria evidenzia come ad essere maggiormente colpiti sono. i snodi cruciali degli scambi globali di merci perché circa l’80% in volume e il 50% in valore avvengono via mare.
La reazione degli operatori. I grandi vettori mondiali hanno reagito modificando le rotte, riorganizzando le flotte, incrementando la velocità delle navi. E aumentando il costo di “shipping” (i cosiddetti noli).
Minori passaggi negli “stretti” marittimi. Da inizio dicembre 2023 a inizio maggio 2024 i trasporti via mare nel Mar Rosso sono calati del 61,5%, mentre quelli intorno all’Africa sono cresciuti del 91,5%. Da fine febbraio, i passaggi per Malacca (uno dei più importanti snodi mondiali) sono scesi del 37,9%. Il risultato è che i transiti totali nei principali “chokepoint” (stretti) marittimi si sono fortemente ridotti (-22,6% secondo l’indicatore CSC).
Maggiori costi. Di conseguenza, sono balzati i costi di “shipping” tra Asia ed Europa e, in misura minore, quelli tra Asia e America. In particolare: i noli Shanghai-Genova sono aumentati di ben 3 volte e mezzo a fine gennaio, per poi rientrare solo parzialmente (ancora +207,4% a inizio maggio); dinamica equivalente per Shanghai-Rotterdam (+216,7%). I noli tra Cina e Stati Uniti hanno reagito con un lieve ritardo, raggiungendo un picco a febbraio e registrando aumenti di circa il 100% a inizio maggio. La rotta tra Shanghai e New York, inoltre, resta costosa anche per l’operatività a mezzo servizio nel canale di Panama. Nel complesso, i costi di “shipping” globali si attestano a inizio maggio su livelli superiori del 128,6% rispetto a cinque mesi prima. Nel medio periodo un aumento della flotta marittima potrebbe assicurare la capacità necessaria per rotte stabilmente più lunghe. Ma i costi variabili di “shipping” (ore lavorate, consumo di carburante) rimarrebbero più elevati (per l’Italia +50% con il Giappone, +70% con la Cina, +170% con l’India, in termini di distanza).
I canali di trasmissione per l’Italia. L’aumento dei noli impatta sul prezzo dei beni importati e sulla competitività dei prodotti italiani, sia direttamente che indirettamente, cioè attraverso il costo e la disponibilità di materie prime e semilavorati acquistati all’estero. Nel I trimestre 2024 circa un terzo delle imprese manifatturiere ha subito ritardi nell’approvvigionamento di merci o maggiori costi di trasporto (indagine sulle aspettative di inflazione e crescita di Banca d’Italia). Ciò pesa anche sui conti con l’estero, perché l’industria italiana spesso delega la gestione della catena logistica alla controparte estera.
L’esposizione italiana alla “rotta Suez”. I trasporti via mare riguardano una gran parte degli scambi italiani, soprattutto dal lato delle importazioni: quasi il 60% degli acquisti dall’estero in volume (il 35% in valore); tali flussi via mare provengono in larghissima parte da mercati extra-UE. Rispetto a un sotto-insieme di 39 paesi asiatici e medio-orientali collocati oltre il Canale di Suez, lo scambio di beni (import + export) con l’Italia nel 2023 è stato quasi un terzo del totale con l’extra-UE; l’esposizione aumenta considerando solo le importazioni italiane (40% sul totale extra-UE) e in particolare quelle via mare (quasi il 50%).
Impatto sui prezzi alla produzione nel manifatturiero. Il Centro studi Confindustria ha stimato, tramite le tavole Input-Output, l’effetto dell’aumento del costo del trasporto marittimo sui prezzi alla produzione dei singoli comparti manifatturieri, derivante sia dagli input produttivi importati, che dalle interrelazioni tra i settori domestici. Sulla base delle variazioni rilevate nei costi di “shipping”, si è stimato che l’aumento nei costi di trasporto marittimo ha effetti moderati, in aggregato, sui prezzi alla produzione nel manifatturiero, pari in media a un +0,9%, ma con importanti differenze settoriali. Chimica e metallurgia sono i comparti dove le variazioni nei prezzi all’import degli input hanno un effetto maggiore, rispettivamente di +3,6% e +3,4%. Tale effetto è comunque compensato, al momento, da una spinta deflattiva proveniente dalla Cina su alcuni manufatti. I prezzi all’import in Italia registrano infatti un -1,6% nel I trimestre 2024 sul IV 2023.
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