Sulle Srl s’abbatte una nuova mazzata da mezzo miliardo di euro per l’obbligo dell’organo di controllo collegiale

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Secondo una stima dela Cgia di Mestre il nuovo adempimento interessa circa 133.000 società a responsabilità limitata, anche di piccole dimensioni 

basta tasse corteoCon l’approvazione della legge delega su “La riforma della disciplina della crisi di impresa e dell’insolvenza”, saranno circa 133.000 le società a responsabilità limitata (Srl) presenti in Italia che dovranno dotarsi di un organo di controllo collegiale o, in alternativa, di un revisore legale dei conti. Questo nuovo adempimento, secondo una stima realizzata dalla Cgia di Mestre, costerà a queste piccole imprese almeno mezzo miliardo di euro l’anno.

Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani mestrina, Paolo Zabeo, «dopo aver deciso di rinviare di un anno sia l’entrata in vigore dell’Iri, vale a dire la nuova imposta che avrebbe consentito alle società in nome collettivo di beneficiare di  un’aliquota sui redditi del 24%, sia  l’abolizione degli studi di settore, arriva   a sorpresa questo nuovo balzello che, mediamente, costerà a ciascuna impresa interessata almeno 3.500 euro circa ogni anno. Se, come pare, in questa legge di Bilancio non assisteremo nemmeno all’estensione della cedolare secca agli immobili ad uso strumentale, se non verrà completata l’attuazione del regime per cassa e se non si procederà a confermare l’ecobonus al 65%, ci apprestiamo a registrare l’ennesimo disinteresse dell’esecutivo e della maggioranza di governo nei confronti delle istanze sollevate dal mondo delle piccole e micro imprese».    

Invece di migliorare  i bilanci delle piccole imprese attraverso la diminuzione delle tasse, della burocrazia inutile e dannosa o facilitando il ricorso al credito, il legislatore nazionale ha deciso di “affiancancare” alle Pmi un tutor che, di certo, appesantirà i costi aziendali per oltre 3.500 euro l’anno. E in attesa che vengano emanati i decreti legislativi di attuazione della Legge delega, cosa stabilisce “La riforma della disciplina della crisi di impresa” approvata il 19 ottobre scorso? Con la vecchia normativa, in una Srl la nomina dell’organo collegiale di controllo o del revisore dei conti non era sempre obbligatoria. Lo diventava quando era prevista dallo statuto, oppure se si verificavano alcune condizioni. Il vincolo di nomina, ad esempio, scattava nel caso si fossero superati per 2 esercizi consecutivi almeno 2 dei seguenti limiti: quando il totale dell’attivo patrimoniale saliva sopra i 4,4 milioni di euro; allorché i ricavi delle vendite e delle prestazioni superavano gli 8,8 milioni di euro e quando la Srl aveva un numero di dipendenti superiore alle 50 unità.

Ora, con la nuova legge delega, si è stabilito che basta il superamento per 2 esercizi di una sola delle 3 soglie; quelle di natura finanziaria, inoltre, sono state abbassate entrambe a 2 milioni di euro e le Srl interessate, invece, saranno tutte quelle con più di 10 addetti. Con la nuova disposizione di legge, le piccole imprese a responsabilità limitata comprese tra 10 e 50 addetti che, secondo i calcoli della Cgia ammontano a poco meno di 133.000 unità, saranno costrette a nominare il collegio o il revisore dei conti accollandosi un costo aggiuntivo di circa mezzo miliardo di euro l’anno.

«Lombardia e Veneto – conclude Zabeo – saranno le regioni più colpite, visto che in queste aree risiede quasi il 33% del totale delle piccole imprese interessate da questa nuova stangata. Pertanto, invitiamo i governatori Maroni e Zaia a sollevare anche questa questione nella trattativa per l’autonomia che è stata avviata in queste settimane con il Governo centrale».

Il carico fiscale sulle imprese italiane  non ha eguali nel resto d’Europa quando si misura l’incidenza  percentuale delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale. Se in Italia la percentuale è del 14,9%, in Irlanda è del 14,8%, in Belgio del 12,9%, nei Paesi Bassi del 12,7%, in Spagna dell’11,8%, in Germania e in Austria dell’11,6%. La media dell’Unione europea è pari all’11,5%. Senza contare il prelievo parafiscale come i contributi previdenziali, l’Imu/Tasi, il tributo sulla pubblicità, le tasse sulle auto aziendali, le accise, i diritti camerali, etc., che sono esclusi dall’analisi. Si può quindi affermare con buona approssimazione che in questa elaborazione l’ammontare complessivo del carico fiscale sulle imprese italiane è sicuramente sottostimato.