Spesa per consumi delle famiglie nel 2021 cresce di più al Nord che al Sud

L’indagine Istat dimostra la necessità di superare le retribuzioni uguali su tutto il territorio nazionale, per passare ad una contrattazione regionale per difendere il reale potere d'acquisto.

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spesa per consumi

Nel 2021, la stima della spesa per consumi media mensile delle famiglie residenti in Italia elaborata dall’Istat è di 2.437 euro in valori correnti, in marcata ripresa (+4,7%) rispetto al 2020. Considerata la dinamica inflazionistica (+1,9% la variazione dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale, NIC), la crescita in termini reali è un po’ meno ampia(+2,8%). Seppure accentuati, i progressi del 2021 non compensano il crollo del 2020: rispetto al 2019, infatti, la variazione in valori correnti ha ancora segno negativo (-4,8%).

Poiché la distribuzione dei consumi è asimmetrica e più concentrata nei livelli medio-bassi, la maggioranza delle famiglie spende un importo inferiore al valore medio. Se si osserva il valore mediano (il livello di spesa per consumi che divide il numero di famiglie in due parti uguali), il 50% delle famiglie residenti in Italia ha speso nel 2021 una cifra non superiore a 2.048 euro (1.962 euro nel 2020).

La spesa per consumi non alimentari aumenta del 5,7% rispetto al 2020 (in media 1.967 euro mensili). L’aumento più elevato (+26,5%) si osserva per il capitolo Servizi ricettivi e di ristorazione (100 euro mensili), che nel 2020 aveva subito un vero e proprio crollo (-38,9%). Seguono Abbigliamento e calzature (100 euro, +13,8% rispetto all’anno precedente; -23,3% nel 2020) e Trasporti (241 euro al mese, +10,8%, -24,6% nel 2020). Per tutti e tre i capitoli gli aumenti più marcati si osservano nel NordOvest (rispettivamente, +31,1%, +30,3% e +14,9%), dove nel primo anno di pandemia si era registrato il calo dei consumi più ampio (-10,2%).

Cresce invece solo del 5,9% la spesa per Ricreazione, Spettacoli e cultura (99 euro mensili; -26,4% nel 2020), che, insieme a quella per Servizi ricettivi e di ristorazione, è la spesa che si mantiene più lontana dai livelli del 2019 (-22,7% la prima e -22,0% la seconda). Su entrambi questi comparti merceologici pesa la persistenza delle limitazioni alla socialità che, pur in misura molto meno ampia del 2020, hanno caratterizzato il 2021.

Aumentano anche le spese per Servizi sanitari e spese per la salute (118 euro al mese, +9,0%), Mobili, articoli e servizi per la casa (112 euro mensili, +8,4%), Altri beni e servizi (174 euro mensili, +3,9%) e per Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria (912 euro al mese, +2,0%), in quest’ultimo caso anche a causa di una forte dinamica inflazionistica.

Stabili le spese per consumi Alimentari e bevande analcoliche (come nel 2020, al pari di quelle per Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria, mentre la spesa di tutti gli altri capitoli scendeva del 19,3%), Comunicazioni (-9,5% rispetto al 2019, a conferma di un trend decrescente di lungo periodo), Bevande alcoliche e tabacchi e per Istruzione.

Tra gli Alimentari e bevande analcoliche aumentano gli esborsi destinati a Prodotti alimentari non altrove classificati(n.a.c.) (12 euro mensili, +8,1%), Pesci e prodotti ittici (43 euro al mese, +4,8%) e Zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi (18 euro, +3,0%), sebbene la prima e la terza voce incidano meno dell’1% sulla spesa totale. Si riduce invece molto la spesa per carni (-1,5%, 100 euro al mese) e quella per latte, formaggi e uova (-2,8%, 60 euro mensili), invertendo il risultato in crescita del 2020 rispetto all’anno precedente (+3,4% e +5,1%).

Nel 2021 scende dal 38,4% al 37,4% la quota di spesa per Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria, che resta comunque la più rilevante, insieme a quella per Alimentari e bevande analcoliche, anch’essa in calo (dal 20,1% al 19,3%) soprattutto per la minore incidenza delle carni (da 4,4% a 4,1%) e di latte, formaggi e uova (da 2,7% a 2,5%).

Nel comparto non alimentare aumentano le quote destinate a Trasporti (da 9,3% a 9,9%; 11,3% nel 2019), Servizi ricettivi e di ristorazione (da 3,4% a 4,1%; 5,1% nel 2019) e Abbigliamento e calzature (da 3,8% a 4,1%, 4,5% del 2019). In misura minore crescono anche le quote per Servizi sanitari e spese per la salute (da 4,6% a 4,8%), Mobili, articoli e servizi per la casa (da 4,5% a 4,6%) e Ricreazione, spettacoli e cultura (da 4,0% a 4,1%). In lieve contrazione invece le quote di spesa per Comunicazioni (da 2,3% a 2,2%) e per Altri beni e servizi (da 7,2% a 7,1%). Stabili, infine, rispetto al 2020, le quote destinate a Bevande alcoliche e tabacchi e all’Istruzione.

Tornano ad aumentare i divari territoriali con il costo della vita al Nord più alto che al Sud

L’incremento delle spese delle famiglie è diffuso su tutto il territorio nazionale, ad esclusione delle Isole dove non si registra alcun aumento significativo. La crescita è più intensa nel Nord (+7,0% il NordOvest e +4,4% il NordEst), seguito dal Sud (+3,9%) e dal Centro (+3,1%).

I livelli di spesa più elevati, e superiori alla media nazionale, continuano a registrarsi nel NordOvest (2.700 euro), nel NordEst (2.637 euro) e nel Centro (2.588 euro), mentre sono più bassi (e inferiori alla media nazionale) nelle Isole (2.012 euro) e al Sud (1.971 euro). Nel 2021, nel NordOvest si spendono in media circa 728 euro in più del Sud, una differenzapari al 36,9% (33,0% nel 2020), mentre rispetto alle Isole il vantaggio del NordOvest in valori assoluti è di 688 euro (34,2% in più, a fronte del 29,6% dell’anno precedente).

In Trentino Alto Adige e Lombardia la spesa media più alta

Nel Sud e nelle Isole, dove le disponibilità economiche sono generalmente minori, a pesare di più sulla spesa delle famiglie sono le voci destinate al soddisfacimento dei bisogni primari, come quelle per Alimentari e bevande analcoliche: nel 2021 questa quota di spesa arriva al 24,6% al Sud e al 23,5% nelle Isole mentre si ferma al 17,2% nel NordEst.

Anche nel 2021 le regioni con la spesa media mensile più elevata sono Trentino Alto Adige (2.950 euro) e Lombardia(2.904 euro) mentre Calabria e Puglia sono quelle con la spesa più contenuta, rispettivamente 1.915 e 1.808 euro mensili. La quota più alta per Alimentari e bevande analcoliche si registra proprio in Calabria, dove si attesta al 28,1%, a fronte del 19,3% osservato a livello nazionale e del 15,8% del Trentino Alto Adige.

Rispetto al 2020, la spesa aumenta significativamente in molte regioni, sia del Nord che del CentroSud. Gli incrementi più contenuti si registrano in Toscana (+4,5%) e in Piemonte (+5%); attorno al 7% la crescita di Abruzzo, Umbria e Veneto. La spesa aumenta del 7,6% in Trentino Alto Adige e dell’8,6% in Lombardia ma gli aumenti maggiori si osservano in Basilicata e Molise, dove, rispetto al 2020, sale, rispettivamente, del 16,9% e del 10,3%.

I livelli e la composizione della spesa variano anche a seconda della tipologia del comune di residenza. Nel 2021, come in passato, le famiglie spendono di più nei comuni centro di area metropolitana: 2.757 euro mensili contro i 2.473 euro nei comuni periferici delle aree metropolitane e in quelli con almeno 50.000 abitanti e i 2.315 euro nei comuni fino a 50.000 abitanti che non appartengono alla cerchia periferica delle aree metropolitane.

Il maggior incremento della spesa per consumi (+5,4%) si registra proprio nei comuni centro di area metropolitana. In questi ultimi, infatti, pesa maggiormente rispetto alle altre tipologie comunali la spesa per Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria (il 44,2% della spesa mensile, pari a 1.219 euro, rispetto al 34,7% nei comuni fino a 50mila abitanti, 803 euro mensili) ma anche quella per Servizi ricettivi e di ristorazione (il 4,7%, pari a 128 euro mensili, contro il 3,9% dei comuni più piccoli, 90 euro mensili).

Al contrario, nei comuni centro di area metropolitana si registra la quota di spesa per consumi più bassa destinata ad Alimentari e bevande analcoliche (16,2%, contro 20,5% dei comuni fino a 50mila abitanti che non appartengono alla cerchia periferica delle aree metropolitane); lo stesso vale per le quote di spesa destinate ad Abbigliamento e calzature (rispettivamente, 3,3% e 4,5%) e Trasporti (7,7% contro 10,7%).

L’indagine evidenzia la necessità di superare la politica dei redditi uguale su tutto il territorio nazionale, per arrivaread una contrattazione articolata regionalmente, capace di fotografare il reale costo della vita, perché è ingiusto che a pari mansioni e reddito un lavoratore del NordOvest o del NordEst debba sopportare un costo della vita superiore del 36% di uno del Mezzogiorno. Parlare di gabbie salariali e di contrattazione regionalizzata non deve essere piùun’eresia, ma una ineludibile necessità per tutelare effettivamente la capacità d’acquisto di tutti i lavoratori e la competitività e capacità d’attrazione dei territori.

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