Confindustria nel bollettino Congiuntura Flash prende in considerazione i principali indicatori dell’economia italiana ed europea, evidenziano i rischi sempre più consistenti per l’economia nazionale.
I dati del commercio mondiale segnalano debole crescita in agosto (+0,2%), ma il PMI globale ordini esteri è sceso sotto la soglia di espansione in settembre e ottobre. Le tensioni commerciali internazionali restano un freno agli scambi e tengono alta l’incertezza.
L’economia italiana, dopo la stagnazione del PIL nel III trimestre, è attesa crescita debole nel IV. Gli indicatori non mostrano un’inversione di tendenza. La produzione industriale recupera appena (+0,1% in ottobre, stima Centro Studi Confindustria; -0,1% nel III trimestre); la fiducia delle imprese peggiora, specie nel manifatturiero, con il calo degli ordini interni; associato all’accumulo di scorte, ciò annuncia domanda debole; giudizi più negativi anche nel PMI. Tra le famiglie, invece, la fiducia è quasi stabile.
Il nuovo calo dell’export italiano in settembre annulla il rimbalzo di agosto (-2,2% in volume, dopo +2,4%). Nel III trimestre, quindi, le vendite sono rimaste invariate, come nel II trimestre. Ciò risulta da un calo nei mercati extra-UE e un aumento nelle vendite intra-UE. Per fine anno, segnali negativi vengono dagli indicatori qualitativi, con gli ordini esteri del PMI manifatturiero sotto la soglia di 50 in ottobre, per la prima volta in quasi 6 anni. Deboli anche l’export tedesco e quello francese.
Prosegue, moderata, la crescita degli investimenti. Per il IV trimestre, gli ordini interni di beni strumentali sono piatti e peggiorano le condizioni operative per le imprese, sebbene l’impatto delle tensioni internazionali, a giudizio delle imprese, sia stato limitato (indagine Banca d’Italia). La dinamica dei consumi appare fiacca nel IV trimestre, come nei mesi estivi: le vendite al dettaglio sono calate a settembre; le immatricolazioni di nuovi autoveicoli ristagnano, nonostante un rimbalzo in ottobre; gli ordini interni di beni di consumo sono fermi sui livelli estivi; peggiorano le aspettative sui bilanci familiari preludendo a prudenza nella spesa. Inoltre, l’occupazione nel III trimestre è rimasta piatta, di pari passo con il PIL. La disoccupazione è scesa al 10,0% (da 10,6%), ma per la contrazione della forza lavoro; ciò può riflettere la crescente sfiducia nelle prospettive di trovare un impiego.
L’espansione dell’area euro ha rallentato nei mesi estivi (0,2%). Hanno inciso fattori temporanei, come nuove normative anti-inquinamento che hanno frenato il settore auto, specie in Germania. Per il IV trimestre si attende un rimbalzo della crescita, poco sotto i ritmi della prima metà del 2018. La domanda interna è ancora solida, ma il contesto esterno meno favorevole e più incerto.
Il prossimo mese dovrebbero terminare gli acquisti di titoli BCE, che per anni hanno frenato i tassi. Dal 2019, perciò, potrebbe crescere il costo del credito. In Italia un più difficile accesso ai prestiti per le impreseeconomia italiana
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a causa della salita del BTP, si è già visto nel III trimestre (indagine ISTAT) e il credito continua a crescere poco (+1,9% annuo). Il tasso, per ora, è ai minimi (1,5%).
Negli USA, nel III trimestre si conferma l’attesa di forte espansione del PIL (+3,5% annualizzato). Le elezioni di mid-term hanno assegnato una delle due camere del Congresso ai Democratici, cambiando gli equilibri politici interni: l’attesa degli analisti è di un possibile ammorbidimento delle posizioni sulla politica commerciale e di un grande piano infrastrutturale entro ne legislatura. La FED è attesa alzare i tassi al 2,5% a dicembre (78% la probabilità secondo i mercati).
Le sanzioni USA contribuiscono a rallentare l’economia cinese, nonostante le politiche di stimolo domestiche. In Brasile la fiducia degli imprenditori risale dopo l’elezione del presidente Bolsonaro, ma restano dubbi sulla capacità di realizzare riforme pro-business. L’economia russa accelera, trainata da domanda interna ed export, l’occupazione sale a ritmi elevati. L’India nel 2018 chiuderà a un ritmo sopra l’atteso, per il futuro pesano i crescenti deficit pubblico e commerciale.
Il prezzo del Brent è caduto a 70 dollari in novembre, dopo il rialzo a 81 in ottobre, nonostante le preoccupazioni per l’estrazione di greggio in Iran. Il rientro favorisce i paesi importatori come l’Italia, dove l’inflazione è salita all’1,6% in ottobre spinta proprio dall’energia (+10,1%).
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