Nel 2022 il numero di operazioni sospette (SOS) di riciclaggio di denaro pervenute all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia ha toccato il record storico di 155.426 segnalazioni. Una su quattro, inoltre, è stata considerata ad alto rischio, il 99,8% del flusso totale è riconducibile all’ipotesi di riciclaggio e nel 90% circa dei casi le comunicazioni sono giunte dalle banche, dalle Poste e dagli intermediari finanziari (IMEL, SIM, assicurazioni, fiduciarie, etc.).
L’Ufficio studi della CGIA lancia l’allarme: il pericolo che la criminalità economica stia incuneandosi nel mondo produttivo nazionale è sempre più elevato. Non solo. Se la combinazione tra l’aumento dei tassi di interesse e la diminuzione dei prestiti bancari alle Pmi verificatosi in questo ultimo anno dovesse continuare, non è da escludere che il numero delle imprese a rischio infiltrazione mafiosa sia destinato a crescere ulteriormente.
Le principali forme tecniche delle operazioni di riciclaggio segnalate alla UIF spiccano le transazioni con bonifici nazionali (31,3% del totale), con carte di pagamento e moneta elettronica (28,5%) e con i money transfer (21,3%). Le operazioni segnalate a seguito di una transazione sospetta eseguita con denaro contante sono state solo il 5% del totale.
Il fatturato della criminalità è di almeno 40 miliardi
Secondo una stima prudenziale redatta della Banca d’Italia, il giro d’affari della criminalità organizzata in Italia ammonterebbe a circa 40 miliardi di euro l’anno (praticamente 2 punti di Pil). Va tenuto conto, in base alle definizioni stabilite a livello internazionale, che questo importo non include i proventi economici ascrivibili ai reati violenti – come furti, rapine, usura, ed estorsioni – ma solo quelli originati dalle transazioni illecite caratterizzate dall’accordo tra un venditore e un acquirente. Come, ad esempio, il contrabbando, il traffico di armi, le scommesse clandestine, lo smaltimento illegale dei rifiuti, il gioco d’azzardo, la ricettazione, la prostituzione e la vendita di sostanze stupefacenti.
Meno intimidazioni più acquisizioni
Negli ultimi 10 anni, le segnalazioni alla UIF sono aumentate di oltre il 130%. Se nel 2012 erano poco più di 67.000, nel 2022, hanno raggiunto la quota record di 155.426. Questa esplosione delle comunicazioni indica che i gruppi criminali sentono sempre più la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività nell’economia legale, anche per consolidare il proprio consenso sociale. E a seguito della crisi pandemica, le mafie hanno modificato il modo di approcciarsi al mondo delle imprese. Sono meno propense a usare metodi violenti, come le intimidazioni o le estorsioni, per contro privilegiano un approccio più “commerciale”, attraverso il finanziamento e/o l’acquisizione della proprietà delle aziende, sfruttandone la vulnerabilità economico finanziaria di queste ultime. In altre parole, le mafie si offrono sempre più spesso come vere e proprie agenzie di servizi alle imprese (forniture materiali, consulenze amministrative/fiscali, manodopera, etc.); così facendo cominciano a infiltrarsi nell’economia legale e non da ultimo hanno la possibilità di reinvestire i proventi delle ricchezze illecitamente accumulate, con quasi 3.000 aziende già confiscate alle mafie.
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