Relazione annuale Inps: pensioni sempre più povere

Penalizzati giovani e donne con carriere discontinue. Con il sistema contributivo, taglio secco alle pensioni. 

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inps Italia tra 20 anni Inps

Aumento delle disuguaglianze di genere ed età nel mercato del lavoro, pensioni che nei prossimi anni saranno sempre più povere senza un’inversione di tendenza, l’impatto di pandemia e guerra, le possibili soluzioni per rilanciare il mondo dell’occupazione non solo a livello quantitativo ma anche qualitativo: sono solo alcuni dei temi che emergono dal XXI rapporto annuale dell’Inps, presentato alla Camera dal presidente dell’Istituto previdenziale, Pasquale Tridico, che ha fornito uno spaccato di un’Italia che prova a ripartire dopo il biennio della pandemia, ma che è ancora lontana dagli obiettivi dell’Unione Europea, e che deve fare i conti con una crescente disuguaglianza nel mondo del lavoro che si rifletterà nei prossimi anni anche su un ulteriore impoverimento a livello pensionistico.

Secondo il rapporto Inps, nel 2021 il monte redditi e retribuzioni si è situato sopra i 600 miliardi, in modesto incremento in termini nominali rispetto al 2019, ma al contempo i redditi sono in calo se si tiene conto dell’inflazione. Le dimissioni lavorative sono cresciute a 1,1 milioni nel 2021 e il 60% dei lavoratori dimissionari sono poi riusciti a trovare una ricollocazione.

I lavoratori dipendenti che percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora in Italia hanno raggiunto i 3,3 milioni, il 23,3% del totale, con un reddito mensile inferiore ai 1.000 euro, spesso pure inferiore alla soglia del reddito di cittadinanza. Nel dettaglio, il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese, mentre il 10% dei dipendenti a tempo pienoguadagna meno di 1.495 euro, il 50% meno di 2.058 euro e solo il 10% ha livelli pari a 3,399 euro. Altra questione è quella della disparità di trattamenti salariali, visto che retribuzione media delle donne risulta pari 20.415 euro, circa il 25% in meno alla corrispondente media maschile.

Nel complesso, ha ricordato Tridico, i pensionati sono circa 16 milioni di persone, e l’importo lordo delle pensioni erogate nel 2021 è stato di 312 miliardi di euro. I pensionati con redditi pensionistici inferiori a mille euro al meseerano hanno raggiunto il 32% del totale, più di 5 milioni di cittadini. A questo proposito, il calcolo dell’Inps riflette come con trent’anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l’ora, un lavoratore a 65 anni percepirebbe una pensione di appena 750 euro, simile a quella della pensione da cittadinanza.

«La crisi pandemica appare pressoché riassorbita in termini di partecipazione al mercato del lavoro, in particolare sul numero degli occupati, ma non ancora in termini di volume di ore lavorate, con conseguenze sfavorevoli sul piano delle retribuzioni complessive – ha detto il presidente Inps -. Questa esperienza deve spingere a ripensare il contratto sociale che ha regolato finora la partecipazione alla vita economica degli italiani».

La ricetta per il sistema Italia passa attraverso misure incisive sul mondo del lavoro e dell’occupazione, a partire da quella di un salario minimo legale, anche se questo riguarda solo una minima parte dei lavoratori, spesso fuori dalle contrattazioni collettive nazionali, già ora ben sopra il minimo. Ma è di fondamentale importanza il tema delle pensioni: «un’ulteriore ragione che induce a preoccuparsi del fenomeno della povertà lavorativa di oggi è il fatto che chi è povero lavorativamente oggi, sarà un povero pensionisticamente domani. Per l’equilibrio del sistema previdenziale, occorre garantire la sostenibilità della spesa, ma anche l’allargamento della base contributiva sia in termini di recupero del sommerso che di incremento della massa retributiva per i lavoratori regolari» sottolinea Tridico.

Peccato solo che in Italia ci sia la corsa al ribasso delle prestazioni, e la retribuzione uguale su tutto il territorio nazionale contribuisca a spingere verso la povertà quei lavoratori attivi in quelle aree del Paese dove il costo della vita – a partire da quello dell’affitto della casa – è maggiore che altrove: forse, con buona pace dei sindacati, sarebbe oradi ripensare seriamente a redditi differenziati sulla base dell’effettivo costo della vita, in modo da garantire l’effettiva mobilità dei lavoratori sul territorio nazionale ed evitare l’impoverimento dei lavoratori nelle zone del paese dove il costo della vita è decisamente più altro che altrove, anche del 30%.

Tra le proposte sul fronte della riforma pensioni discusse dalla classe politica negli ultimi mesi, l’Inps ha calcolato che la meno costosa risulti essere l’anticipo della quota contributiva della pensione, per lavoratori che abbiano raggiunto 63 anni di età e almeno 20 anni di contribuzione con corresponsione dell’intero ammontare al raggiungimento dell’età di vecchiaia, con una spesa inferiore ai 4 miliardi.

Sul reddito di cittadinanza, la proposta è la creazione di una piattaforma nazionale per incrociare i dati di domanda e offerta, in modo tale da «evidenziare le possibilità di esoneri contributivi che lo Stato mette a disposizione e, sempre attraverso la piattaforma, sarebbero direttamente fruibili all’atto dell’assunzione del lavoratore», ha osservato Tridico. Ma il reddito grillino va profondamente ripensato a partire dalla perdita del sostegno per coloro che rifiutino due offerte consecutive di lavoro da parte da qualsiasi datore di lavoro.

Nel biennio 2020-21, l’Inps ha garantito l’erogazione di prestazioni Covid aggiuntive a 15,7 milioni di individui per una spesa complessiva di circa 60 miliardi di euro, insieme a prestazioniordinarie” per 42 milioni di utenti. Quanto al reddito di cittadinanza, Tridico ha chiarito che in 36 mesi ha raggiunto 2,2 milioni di nuclei familiari, circa 4,8 milioni di persone, per un’erogazione totale di quasi 23 miliardi di euro.

Per Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, «le misure di sostegno a chi non lavora o a chi è in difficoltà sono tipiche di tutti i Paesi dove il welfare è di casa. E in Italia ci sono sempre state. La novità del reddito di cittadinanza era stata la stretta connessione con le politiche attive, che come è noto è stato un fallimento assoluto. Chi percepisce il sussidio lo percepisce senza alcun vincolo e questo lascia spazio a una situazione socialmente molto negativa. I giovani non sono stimolati ad accettare le proposte di lavoro e il problema non sono le basse retribuzioni, come commentano alcuni. Sono rifiutate proposte formulate secondo le previsioni dei Ccnl per non perdere il sussidio. Sui benefici effetti dichiarati preferisco glissare perché sono affermazioni prive di qualsiasi rilevanza scientifica. Serve una profonda revisione».

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