Secondo la Cgia si stimano maggiori entrate per 815 milioni di euro. 1.374 milioni per la Ragioneria generale dello Stato e per l’Agenzia delle Entrate
Attorno all’applicazione del nuovo strumento di vessazione fiscale su cittadini ed imprese, il redditometro ad accertamento sintetico e con la “democratica” (ed illegittima, almeno stando allo Statuto del Contribuente sempre più disatteso dagli ultimi governi della Repubblica) inversione dell’onere della prova in capo al soggetto accertato, fioccano le cifre più disparate attorno al gettito atteso.
Secondo la Cgia di Mestre, con l’applicazione del redditometro l’Erario dovrebbe incassare quasi 815 milioni di euro: 100 milioni grazie all’attività accertativa e altri 715 circa per mezzo della dissuasione che provocherà nei confronti dei contribuenti. Secondo la Ragioneria generale dello Stato e l’Agenzia delle Entrate, la cifra cresce fino a 1.374 milioni di euro, cifra che fa bella vista proprio nel bilancio dello Stato per l’anno 2013 e, come tale, destinata ad essere incassata pena la creazione dell’ennesimo buco nei conti del Belpaese.
“Ci rendiamo conto che stiamo parlando di effetti economici sulle entrate poco più che marginali? – dice Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre – Con l’applicazione del redditometro abbiamo gettato nel panico milioni di famiglie italiane per nulla. Sia chiaro: io spero che il redditometro stani gli evasori totali, colpisca chi le tasse non le paga, ma se le previsioni di incasso sono queste, concentrate per la stragrande maggioranza sull’autotassazione, il pericolo che il redditometro tradisca le aspettative è molto probabile”. Da registrare anche il disconoscimento di paternità da parte del premier uscente Mario Monti che scarica la responsabilità sul governo precedente, salvo dimenticare di ricordare che i decreti applicativi del redditometro li ha deliberati proprio lui.
“Ma se anche Monti si è accorto che il redditometro è una porcata, perché ha deliberato la sua attivazione? Poteva benissimo dimenticarselo in un cassetto” chiosa velenosamente l’economista Oscar Giannino, pure lui candidato leader per “Fare-Fermare il declino”.
Da qualunque parte si guardi il moloch fiscale italiano, emerge in tutt’evidenza la necessità, più che attivare nuovi strumenti di spremitura dei contribuenti, di alleggerire l’enorme peso fiscale gravante su cittadini ed imprese, burocrazia compresa, pena la desertificazione del sistema produttivo italiano a favore di realtà più accoglienti confinanti con il NordEst. Più che pensare a nuove forme di imposizione come fatto da parte della Cgil (che vaticina una maggior raccolta di ben 40 miliardi di euro per rilanciare l’economia), serve sforbiciare con decisione la spesa pubblica per lasciare nelle tasche dei contribuenti più ricchezza con cui rilanciare gli investimenti, i consumi e anche i risparmi. Senza doversi preoccupare di ciò che uno spende con il rischio di poi non essere congruo agli occhi del redditometro.