L’economia italiana perde la spinta dei consumi che assicurano circa il 60% del Pil nazionale, segnale preoccupante per il governo Meloni alle prese con l’allestimento della Finanziaria 2024: secondo il “Rapporto Coop 2023 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” appena presentato, nei prossimi mesi le intenzioni di spesa degli italiani fanno segnare una brusca inversione di rotta.
Il 36% degli italiani intendono ridurre i consumi al netto dell’inflazione, contro solo l’11% che pensa di aumentarli. Le prospettive dell’economia italiana sono poi appesantite dalla crescita eccezionale dell’inflazione che solo negli ultimi due anni ha abbattuto il potere d’acquisto in una misura pari a 6.700 euro procapite e, secondo l’80% dei manager intervistati nell’ambito del Rapporto Coop bisognerà aspettare almeno il 2025 primache la crescita dei prezzi torni ai livelli pre-pandemici.
«Siamo di fronte a un momento davvero complesso che il Rapporto Coop rappresenta nelle sue varie articolazioni e che si ripercuote con estrema coerenza sul mercato del largo consumo – ha commentato Maura Latini, presidente Coop Italia -, sensibile termometro della quotidianità. In sintesi, il primo giro di vite sui consumi già partito prima dell’estate sembra ulteriormente inasprirsi e si ripercuote sui volumi delle vendite».
A cadere sono gli acquisti dei beni tecnologici. In particolare, le vendite di cellulari nuovi si riducono in quantità del 10% negli ultimi 12 mesi (sono oltre 1,3 mln di telefoni venduti in meno). E, dopo aver riguadagnato nel primo semestre i livelli prepandemici, gli italiani si sono ancora concessi pranzi e cene con estrema oculatezzadurante l’estate, ma, passeranno nuovamente l’autunno in casa (il 51% dichiara di ridurre il numero di occasioni conviviali fuori casa nei prossimi 12/18 mesi).
Anche i carrelli degli italiani diventano sempre più leggeri, con un calo del 3,0% delle vendite a prezzi costantinei primi sette mesi dell’anno e in previsione 2024 su 2023 il 60% dei manager intervistati si aspetta un risultato in ulteriore seppur modesto calo (-0,5%).
Secondo il Rapporto Coop molti italiani sembrano in procinto di arrendersi alla guerra contro un’inflazione che ha rincarato di oltre il 21% il costo dei beni alimentari e che non promette di arrestarsi prima dei prossimi due anni. Dopo la riduzione delle quantità acquistate, con l’arrivo dell’autunno e l’ulteriore aumento dei prezzi gli italiani sembrano pronti a cambiare strategia grazie ad un quotidiano impegno per contenere gli sprechi, alla rinuncia ai prodotti non strettamente necessari. Così la spesa diventa più frequente, l’attenzione al risparmio fa piazza pulita della fedeltà al canale di acquisto, discount e marca del distributore sembrano ancore di salvezza.
«Le famiglie sono impoverite dall’inflazione che nella realtà del percepito e del carrello della spesa e più alta di quello che gli istituti di ricerca di mostrano – prosegue Latini -. Le scelte di riduzione degli sprechi che registriamo come un elemento positivo hanno cambiato il modo di acquistare e sempre più viene comprata la marca del distributore. Le persone hanno poi cambiato canali di vendita. La quantità di volumi perduti in questi otto mesi è imponente e se oltre 1/3 degli italiani che dichiarano di consumare meno diventerà realtà allora noi siamo molto preoccupati».
Non cambia solo la spesa, ma anche il lavoro i cui guadagni sono sempre meno sufficienti per fronteggiare il caro vita, tanto che il 10% degli italiani dichiara di non farcela a fine mese e un ulteriore 23% vive nella pauradi non farcela. Con l’inflazione salari e profitti restano al palo e gli italiani diventano più poveri: la dinamicadelle retribuzioni resta ampiamente insufficiente (+2,3% su base annua nel secondo trimestre 2023) e il lavoro, che sinora sembra esserci (nel 2023 sono 23,5 milioni gli occupati, mai così tanti dal 2008), è un lavoro che non paga a sufficienza (il 70% degli occupati dichiara di avere necessità almeno di un’altra mensilità per condurreuna vita dignitosa).
In questa situazione cresce il lavoro multiplo per gli italiani: il 27% degli occupati intende aumentare il numerodi ore lavorate, fare lavoretti aggiuntivi (25%), far iniziare a lavorare persone della famiglia che prima non lavoravano (19%). Ma anche, a dispetto di questo impegno ulteriore, l’impatto devastante dei prezzi trascina quasi la metà degli italiani (27 milioni di persone, in crescita del 50% rispetto al 2021) in una condizione di disagio duraturo, avendo dovuto rinunciare allo standard di vita per loro minimo accettabile almeno in un ambito (cibo, salute, casa, mobilità, tecnologia, socialità e intrattenimento).
In qualche modo si sbarca il lunario facendo grandi rinunce (20%) o comunque dei sacrifici. Solo un italiano su quattro dichiara di fare senza problemi la vita di qualche anno fa. E questo progressivo ampliamento della zona di disagio tocca in pieno la classe media. Tra le famiglie della ormai fu classe media, meno della metà riuscirebbe a fare fronte senza difficoltà ad una spesa imprevista di 800 euro e solo un terzo ad una di 2.000 euro.
E tra quanti pagano più degli altri la difficile condizione sociale dell’Italia di oggi certamente i giovani. La generazione Z (18-34 anni) vive in una sorta di apartheid in termini retributivi (e non solo): il dislivello generazionale fra loro e i baby boomers è impietoso e, a parità di inquadramento, un giovane italiano guadagna quasi la metà di un over 50. Non stupisce allora se il 40% di loro si immagina di vivere altrove dall’Italia a 2-3 anni e il 20% sta già progettando di farlo attratti da stipendi decisamente più alti che in Italia, specie se in possesso di qualifiche professionali elevate.
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