Rapporto “Analisi dei settori industriali” di Intesa Sanpaolo

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tabelle industria manifatturiera
tabelle industria manifatturieraSi rafforza la crescita dell’industria nel primo quadrimestre 2015, specie nei settori legati all’export

La crescita dell’industria manifatturiera italiana si rafforza nel corso del 2015 (fatturato +1,8% in termini reali, con un guadagno di oltre 13 miliardi di euro) e manterrà ritmi di sviluppo attorno al 2% nel periodo 2016-’19. Più qualità e attenzione ai rischi caratterizzeranno il futuro del manifatturiero italiano, che conserverà la più ampia gamma di offerta nel panorama europeo. La ripresa dell’industria italiana prenderà slancio nei prossimi mesi, traducendo in risultati concreti il forte recupero degli indicatori di fiducia di consumatori e imprese emerso negli scorsi mesi: +1.8% il fatturato a prezzi costanti nella media del 2015.

Alla crescita dei volumi produttivi contribuiranno l’accelerazione delle esportazioni, sostenute anche dalla debolezza della valuta europea, il consolidamento del recupero della domanda interna per beni durevoli, con processi di sostituzione non più rinviabili, l’apporto dei consumi effettuati dai turisti stranieri e il rimbalzo degli investimenti in mezzi di trasporto. Ancora nullo invece il contributo degli altri investimenti, con una debole crescita di quelli in macchinari, annullata dall’ulteriore calo di quelli in costruzioni.

L’assenza di tensioni sul versante dei costi, l’accelerazione della domanda mondiale e la maggior libertà nella fissazione dei listini grazie alla debolezza dell’euro sosterranno anche un marcato recupero dei margini di profitto, attesi a fine 2015 tornare sopra l’8% e sostenere il recupero della redditività (Roi al 5,6% dal 4,6% stimato per il 2014).

Il consolidamento della domanda mondiale e la progressiva piena ripresa della domanda interna in tutte le sue componenti garantiranno al manifatturiero italiano una crescita costante del fatturato attorno al 2%, in termini reali, negli anni fino al 2019. Il recupero di ulteriori 65 miliardi di euro, dopo i circa 15 guadagnati del biennio 2014-’15, lascerà comunque “sul campo”, rispetto al picco pre-crisi del 2007, ancora 100 miliardi di fatturato (-11%), con un gap particolarmente pesante per i settori più legati alle costruzioni (prodotti e materiali per le costruzioni e una parte dei prodotti in metallo) e alle spese per l’abitazione (mobili ed elettrodomestici) e per l’elettronica, ormai marginale in termini produttivi.

I dati medi celano, tuttavia, profondi processi di trasformazione e adattamento del nostro tessuto produttivo: la crisi ha indotto le nostre imprese a ricercare, sempre di più, elevata qualità e bassi rischi, in un processo di “fly to quality”.

L’analisi delle esportazioni degli ultimi anni rivela segnali importanti di questo cambiamento: il manifatturiero italiano ha imparato a selezionare destinazioni commerciali e gamma di offerta, abbandonando la rincorsa dei volumi a tutti i costi e perseguendo piuttosto aspetti di sostenibilità e redditività aziendali. Ne sono testimonianza l’ottima evoluzione delle quote di mercato italiane sui mercati europei e del NAFTA, approdi sicuri e collaudati , così come la continua crescita dell’alta qualità nelle esportazioni italiane dei beni di consumo più tradizionali.

Alla fine del periodo di previsione, nonostante un fatturato inferiore 100 miliardi, la redditività media avrà recuperato oltre 3 punti dal minimo del 2012 (al 6,8% dal 3,7%), il livello di indebitamento sarà mantenuto sotto controllo e il grado di patrimonializzazione sarà superiore al 37%, a riprova del successo di queste strategie.

A questo risultato potranno contribuire le “imprese in rosa”, data l’elevata predisposizione dell’imprenditoria manifatturiera femminile verso quelle leve strategiche divenute irrinunciabili nell’attuale contesto competitivo: internazionalizzazione, innovazione e marketing. Come emerge da un’analisi specifica contenuta in questo numero del rapporto, le imprese femminili mostrano una maggiore tendenza a servire i mercati internazionali (51% di soggetti esportatori contro il 45% del resto del campione) e, limitatamente alle imprese più grandi, a brevettare (44% vs. 37%) e a registrare marchi internazionali (52% vs 46%).

La trasformazione in atto riporterà redditività e struttura finanziaria delle imprese italiane più in linea con i riferimenti europei, che a fine crisi evidenziavano le forti penalizzazioni subite dalla nostra industria dal contesto-paese (costo del credito, relazioni commerciali problematiche, ecc.) sia rispetto ai tradizionali concorrenti dell’Europa occidentale che a quelli “nuovi” dell’Est e alla Turchia (quest’ultimi analizzati per la prima volta in questa edizione del rapporto).

Il risultato complessivo dell’industria manifatturiera beneficerà della ritrovata vivacità internazionale di alcune filiere globali in cui l’Italia gioca un ruolo di primo piano: farmaceutica, largo consumo, elettrotecnica e soprattutto automotive. Si rafforzerà la leadership tecnologica e competitiva della meccanica e del suo indotto tra i prodotti in metallo, chiamati a guidare la seconda manifattura d’Europa nell’epoca della trasformazione digitale di modelli produttivi e di approccio al mercato. Un apporto in termini di volumi potrà venire anche dai produttori di beni intermedi, che dovrebbero rafforzare le dinamiche recenti di riqualificazione dell’offerta in ottica green (impatto ambientale di processi e prodotti, riciclo) e di sinergie commerciali per cogliere le opportunità sui mercati internazionali. Il minor apporto complessivo alla crescita derivante dai beni tradizionali del “Made in Italy” sarà compensato dal loro contributo al miglioramento della redditività, con in particolare alimentare e bevande e sistema moda attesi a fine periodo mostrare un Roi superiore al valore massimo raggiunto nel 2007.

I risultati attesi per i settori manifatturieri nel prossimo quinquennio confermano, dunque, l’elevato livello di diversificazione dell’industria italiana, grazie al mantenimento (al contrario di quanto avvenuto in altri paesi) di intere catene produttive e settori tradizionali. Il manifatturiero italiano conserverà, pertanto, la più ampia gamma d’offerta del panorama europeo.