Prestiti bancari ancora in calo. Più vicino il taglio Bce. Appello da Tajani e Giorgetti

Sale consenso nel board Bce anche sulla spinta delle difficoltà tedesche. Secondo Unimpresa nella riunione del 17 ottobre possibile un ulteriore taglio di 0,25 punti.

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Prestiti bancari
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Continua il calo dei prestiti bancari in Italia, frutto di una domanda e di una economia che si indeboliscono, mentre sale il consenso per un taglio dei tassi da parte della Bce la prossima settimana, il 17 ottobre, che sembra riscuotere oramai ampia maggioranza nel direttivo della Bce. Cresce poi la pressione della politica con i ministri Tajani e Giorgetti che chiedono a Francoforte di andare avanti sul sentiero dell’allentamento monetario.

La frenata dei finanziamenti, più forte per le imprese, meno per le famiglie, dura oramai da fine 2023 ed è dovuta a una serie di fattori: clima macroeconomico e geopolitico incerto, tassi elevati, riduzione degli acquisti di titoli da parte della Bce – che ad agosto-settembre ha “scaricato” 4 miliardi di Btp italiani che aveva acquistato col programma pandemico Pepp – investimenti di medio lungo termine in pausa.

Ad agosto quindi il totale dei prestiti bancari alle società non finanziarie in Italia, un comparto chiave in un Paese manufatturiero e bancocentrico, è sceso sotto la soglia dei 600 miliardi, a 587 miliardi di euro contro i 605 di luglio. Erano 625 nell’agosto di un anno fa. Più stabili i prestiti bancari alle famiglie a quota 588 miliardi che hanno dovuto fare i conti con tassi più elevati su mutui e credito al consumo e una inflazione che ha frenato solo di recente.

Proprio il raffreddamento dei prezzi nella zona euro (e l’indebolimento dell’economia) sta spingendo la Bce con più decisione verso il taglio dei tassi e l’allentamento della stretta monetaria. Non a caso il mercato ha anticipato le mosse di Francoforte e in Italia i mutui a tasso fisso sono ora offerti in media a 3,1% dopo il lieve rialzo di agosto al 4,1% segnalato da Banca d’Italia (che non teneva conto della riduzione di settembre).

Il gruppo delle “colombe” nel consiglio della Bce non è più il solo a ipotizzare un nuovo taglio a ottobre. Aperture sono arrivate anche dal presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, e la componente del board, Isabel Schnabel. Le ultime voci favorevoli a un taglio sono state quelle dei governatori della banca di Francia, di Cipro e della Lettonia con il solo governatore della Slovacchia a dirsi «non convinto».

Ancora una volta è tornato a esortare la Bce il vicepremier italiano, Antonio Tajani, che ha insistito sugli effetti positivi per l’Italia: «c’è un problema che riguarda i tassi. Noi paghiamo più per interessi sul debito pubblico rispetto a quanto spendiamo per la sanità. E’ giunta l’ora che finalmente la signora Lagarde abbassi in maniera più sostanziosa i tassi».

Un tasto su cui ha battuto ance il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti: «spero che vada avanti velocemente, il più velocemente possibile, in modo che questa politica monetaria, che non dipende da noi, e la politica credibile di questo governo congiuntamente possano eliminare la spesa più odiosa che c’è che della rendita finanziaria e degli interessi che siamo costretti ogni anno a pagare».

Il consensus del mercato raccolto da Bloomberg in ogni caso parla di un 90% di possibilità di un taglio di un quarto di punto la prossima settimana e di una mossa analoga nella riunione di dicembre. Per il 2025 lo scenario è più incerto, sia per le incognite legate alla guerra in Ucraina e in Medio Oriente, sia per il comportamento dei prezzi e dell’economia del Continente.

Anche secondo Unimpresa il taglio di ottobre dei tassi dovrebbe essere dello 0,25%, passando dall’attuale 3,65% al 3,40%, azione utile per evitare ancora più di oggi il rallentamento dell’economia italiana ed europea (con la Germania che anche nel 2024 sarà in recessione dello 0,2% dopo lo 0,3 del 2023), anche se Lagarde & Co. potrebbero fare anche un passetto più ampio, giustificato sia dall’andamento asfittico dell’economia europea che dall’andamento al ribasso dell’inflazione, e andare ad un più rotondo 3%, cosa che potrebbe essere una sorta di ricostituente della gracile economia europea.

 

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