Nel 2022, secondo l’Istat, è rimasta sostanzialmente stabile e ad alto livello la pressione fiscale sui contribuenti italiani: dal 43,4% del Pil del 2021 si è passati lo scorso anno al 43,5%.
Un dato che ha fatto scattare da parte delle categorie economiche la richiesta per la riduzione di un caricofiscale che sta compromettendo l’attività di molte imprese, specie di quelle marginali.
«La ripartenza dell’economia e la crescita dell’inflazione hanno spinto le entrate del fisco, e nel 2022 la pressione fiscale si è assestata sul 43,5%: sebbene sia solo in lieve aumento rispetto all’anno precedente, è comunque un livello altissimo, superiore anche a quello registrato all’epoca dell’Austerity di Monti nel biennio 2012-2013. Un segnale chiaro: è giunto il momento di tagliare le tasse» afferma Confesercenti, secondo cui «lariforma fiscale in via di impostazione da parte del governo deve concretizzarsi al più presto. Un taglioconsistente delle imposte libererebbe risorse per famiglie ed imprese, aiutandoci a superare le difficoltà create dalla corsa dei prezzi dei beni energetici e consolidando la ripresa dei consumi e la crescita economica post-pandemica».
Stessa richiesta dal fronte di Confcommercio che parte dall’analisi dell’economia nazionale: «il sistema produttivo italiano si è mostrato vitale e reattivo rispetto al doppio shock della crisi pandemica prima e della crisi energetica, poi. Il +3,7% fatto registrare dal Pil reale nel 2022 è la sintesi di un forte impulso della domandainterna (consumi nazionali e investimenti), che contribuisce per 4,6 punti percentuali, a fronte di un contributo negativo di quasi un punto percentuale delle scorte e del saldo della domanda estera».
Per l’Ufficio studi di Confcommercio «allarma in questo quadro positivo dell’economia reale, la crescita di 1,2 punti percentuali della pressione fiscale, portatasi nel 2022 al 43,5% rispetto al 42,3% del 2019: si tratta del record assoluto dal 1995. Non c’è dubbio che l’afflusso di risorse tramite il gettito abbia consentito di finanziare tutte le forme di sostegno e di sussidio alle famiglie e alle imprese, soprattutto nella fase della pandemia, ma anche per la neutralizzazione degli impatti indotti dai pesanti rincari energetici, a vantaggi degli strati sociali più fragili ed esposti. Tuttavia, – conclude l’Ufficio studi di Confcommercio – tale drenaggio verso il bilancio pubblicodi flussi reddituali e contributivi da parte dei ceti produttivi più strutturati e resilienti va corretto velocementeper ricondurlo a dinamiche tali da non compromettere, con un eccesso di pressione fiscale, quel sentiero di crescita robusta che sarebbe opportuno mantenere anche nei prossimi anni, proprio per garantire il riequilibriodei conti pubblici e la riduzione del disavanzo nel momento in cui verranno ripristinati i vincoli stringenti del Patto di stabilità e crescita».
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