Potere d’acquisto delle famiglie in forte calo (-3,7%) nel 2022

La tenuta dei consumi è legata solo al forte calo del risparmio. Preoccupazione dei consumatori.

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Consumi degli italiani potere d'acquisto Famiglie in crisi consumi

Il 2022 si chiude male per le famiglie italiane, che l’Istat definisce “famiglie consumatrici“: a causa dell’inflazione e al non riallineamento degli stipendi nel quarto trimestre, il potere d’acquisto ha avuto un tonfodel 3,7% rispetto allo stesso periodo del 2022, segnando un sostanziale stazionarietà (+0,3%) sul trimestre precedente). Il reddito disponibile è cresciuto solo dello 0,8% e non riesce a contrastare un’inflazione che negli ultimi tre mesi 2022 è stata costantemente a due cifre.

La situazione negativa che coinvolge le “famiglie consumatrici” può trasferirsi alle imprese che – certifica Istat – per il momento sono ancora riuscite a chiudere il quarto trimestre 2022 con un aumento dei profitti di quasi il 2% sul trimestre precedente, ma il futuro potrebbe diventare più incerto almeno sul mercato interno, perché i risparmi delle famiglie non riescono più a sostenere i consumi e il potere d’acquisto delle famiglie.

Fino a tutto il 2022, l’effetto del calo del potere d’acquisto non si era ancora trasferito sulle vendite al dettaglio, e quindi sui fatturati delle imprese, c’erano i risparmi a fare da cuscinetto. Trimestre, dopo trimestre le “famiglie consumatrici” hanno continuato a resistere, mantenendo i loro tenori di vita, prendendo denaro dai propri risparmi. Nel terzo trimestre i consumi erano ancora positivi +4,1% (in valore) e la propensione al risparmio è al 7,1%. Ma nel quarto trimestre nemmeno una ulteriore e più pesante ricorso ai risparmi (propensione al risparmio passata al 5%) ha potuto evitare il rallentamento dei consumi scesi al 3%, nonostante il picco inflattivo toccato a novembre.

In attesa delle prossime rilevazioni, i dati di febbraio sul commercio e sulle vendite diffusi dall’Istatlasciano poche speranze e rischiano di essere l’anticamera alla recessione se non alla stagflazione. Nonostante la forte inflazione di febbraio (+9,1%), le vendite al dettaglio risultano in calo persino in valore (-0,1%) su gennaio così come in volume (-0,9% su gennaio e ben 3,5% su anno). Se fino ad ora i consumatori hanno speso di più per comprare di menosostenendo così i ricavi delle imprese, ora il calo dei consumi comincia a tradursi in meno incassi per i produttori.

Il settore più colpito dal calo del potere d’acquisto è quello degli alimentari dove i consumi diminuiscono più pesantemente sia in valore(-0,3%) sia in volume (-1,8%) proprio per via dei maggiori aumenti causati dall’inflazione. E questo nonostante la fuga delle famiglie impoverite verso i discount (il 72%) e le offerte (83% secondo un’analisi Coldiretti/Censis) ricercate ormai con metodo scientifico, mentre sempre a febbraio si registra un balzo di quasi il 10% (9,9%) delle vendite su anno nei discount alimentari.

Confcommercio guarda comunque con un pizzico di ottimismo al futuro e definisce «atteso» il calo dei consumi di febbraio, confermando le sue previsioni «favorevoli» per i prossimi mesi prevedendo un «superamento dell’attuale moderata recessione, grazie alle esportazioni e al traino del comparto turistico, in un contesto di rientro delle tensioni sui prezzi al consumo».

Forti preoccupazioni sul fronte dei consumatori. Per il Codacons, i dati sulle vendite di febbraio dimostrano che «il calo dell’inflazione registrato nell’ultimo periodo è solo una illusione ottica dovuta alla riduzione delle tariffe energetiche, mentre i prezzi al dettaglio continuano a mantenersi a livelli elevatissimi incidendo sulla spesa degli italiani». Le misure per calmierare i prezzi dell’energia hanno consentito il calo dell’indice dei prezzi generale dal 9,1% di febbraio al 7,7% di marzo, mentre i beni alimentari e in generale del carrello della spesa continuano la loro corsa restando a +12,7%.

All’insegna di un «Italiani affamati dal carovita!» esordisce il presidente dell’Unione nazionale consumatoriMassimiliano Dona, secondo cui «le vendite alimentari in volume precipitano non solo su febbraio 2022, ma anche rispetto a febbraio 2021 (-6,5%), a febbraio 2020 (-11,7%) o 2019 (-4,4%). Insomma, gli italiani non hanno mai stretto così tanto la cinghia e sono a dieta forzata».

Per Assoutenti «le famiglie continuano a tagliare le spese primarie come gli alimentari – afferma il presidenteFurio Truzzi -. La spesa alimentare degli italiani cala complessivamente per 7,1 miliardi di euro su base annua, con una riduzione media di 377 euro se si considera un nucleo con due figli. E’ una vergogna che gli italiani per arrivare a fine mese siano costretti a tagliare la spesa per il cibo».

Allarmata per quanto sta accadendo alla vigilia dei ponti di Pasqua e della Liberazione è l’Adoc: per il presidente Anna Rea «in base ai dati dell’Osservaprezzi del Mimit, ci sono ritocchi al rialzo per i prezzi dei carburanti, il danno non è di lieve entità. Ci auguriamo che non ci siano speculazioni in atto e chiediamo maggiori controlli perché alla fine a pagare sono sempre i soliti: i consumatori».

Da parte delle organizzazioni consumeristiche l’appello al governo Meloni è quello di attivare strumenti di controllo sui prezzi per non tagliare ulteriormente il potere d’acquisto , magari agendo su calmieri alla continua crescita, soprattutto dei generi alimentari di prima necessità, anche tagliando l’Iva.

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