L’Istat lima leggermente al ribasso il tasso di inflazione di marzo: la stima definitiva mostra una crescita dei prezzi al consumo del 6,5%, inferiore di poco al 6,7% stimato nei dati preliminari, ma sempre da record assoluto, dato che per trovare un dato superiore bisogna tornare indietro di oltre 30 anni, a luglio 1991.
L’energia è la maggiore responsabile dei rincari, con le tariffe regolamentate che sono quasi raddoppiate in un anno e i prezzi non regolamenti, come quelli dei carburanti, che hanno segnato +36,4%. E per benzina e gasolio nell’uovo di Pasqua è contenuta la solita sorpresa per gli automobilisti con aggiustamenti al rialzo da parte di diversi marchi.
I dati sull’inflazione, per il nono mese consecutivo, mostrano un’accelerazione dei prezzi che, secondo gli analisti di Intesa Sanpaolo, costerà in media 2.000 euro a famiglia e peserà soprattutto sulla fascia più povera della popolazione. Stime analoghe arrivano dalle associazioni consumeristiche Codacons e Unione nazionale consumatori.
Secondo Coldiretti, quasi un italiano su due sta tagliando la spesa del carrello per far fronte ai rincari e il 13% dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti e di essersi orientato su prodotti a basso prezzo e ai discount per riuscire ad arrivare a fine mese. I rincari, secondo la Confederazione degli agricoltori, non risparmiano il classico menu pasquale con aumenti dei prezzi che vanno dal 4,5% per le uova al 4,9% per la carne di agnello. I conti saranno più cari anche al ristorante, del 3,6%, e in alberghi e pensioni del 9,3%.
Consumatori e Confesercenti reclamano il prolungamento del taglio delle accise sui carburanti, «misure funzionano e vanno rafforzate» oltre la data prevista del 2 maggio, provvedimento che insieme alla fine dello stato di emergenza, potrebbe recuperare circa 10 miliardi di euro di consumi tra aprile e giugno, evitando così una variazione negativa del Pil anche nel secondo trimestre, il che farebbe entrare il paese in una condizione di recessione tecnica con due trimestri di seguito negativi.
Confcommercio valuta uno scenario ancora peggiore rispetto al dato stimato da BankItalia (-0,5%) e calcola un calo del Pildell’1,1% nei primi tre mesi e una nuova flessione dello 0,5% ad aprile, osservando che «preoccupa la durata e l’intensità del rallentamento dell’economia» e indica come «difficile» una crescita del 3% a fine anno prevista nel Def appena riaggiornato dal governo Draghi, quando Confindustria e Prometeia non vanno oltre il 2%.
I consumi di marzo 2022, secondo Confcommercio, sono ancora inferiori dell’11,8% rispetto allo stesso mese del 2019, prima della pandemia, e i tempi per un recupero completo sono slittati alla fine del prossimo anno. Ancora più grave appare la situazione del turismo che è alle prese con una domanda che deve ancora riguadagnare oltre il 30% rispetto al periodo pre-Covid.
Intanto il debito pubblico ha segnato un nuovo record storico alla fine di febbraio quando ha raggiunto 2.736,6 miliardi, con una crescita del 2,1% rispetto a fine 2021. Un segnale che dovrebbe indulgere a più miti consigli i fautori del nuovo ricorsoallo scostamento di bilancio, magari solo per alimentare bonus e mancette varie, tanto care a M5s e Lega, che finiscono solo con l’alimentare truffe, abusi, speculazioni e fuga dal lavoro.
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