Osservatorio Jobpricing: le retribuzioni più elevate in Lombardia, Lazio e Liguria

A livello provinciale svettano Milano, Trieste e Bolzano. Necessario spostare la contrattazione sindacale dal livello nazionale a quello provinciale.

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osservatorio jobpricing

L’Italia, mosaico di tradizioni, culture e territori, rivela un panorama altrettanto variegato quando si tratta di retribuzioni, evidenziate dall’Osservatorio JobPricing, leader nell’analisi e nella ricerca sulle dinamiche retributive nel mercato del lavoro privato italiano, attraverso il suo report annualeGeography Index” che da nove anni esplora queste differenze salariali territoriali, offrendo una visione dettagliata delle dinamiche retributive sia a livello regionale che provinciale.

Anche quest’anno il panorama si rivela molto variegato con una grande dispersione, tale che, solo 9 delle 20 regioni italiane e 26 delle 107 province registrano una “Rga” (retribuzione globale annua) superiore alla media nazionale di 30.830 euro. In questo contesto, la Lombardia continua a dominare la classifica regionale, seguita da vicino dal Lazio e dalla Liguria, che consolidano la loro posizione tra le regioni con le retribuzioni medie più elevate d’Italia.

A livello provinciale, Milano si conferma come leader in termini di retribuzione (rga media 36.952 euro), distinguendosi come una vera e propria potenza economica nel panorama italiano, ma non è l’unica protagonista. Trieste e Bolzano mantengono il secondo e terzo posto sul podio, con retribuzioni competitive. Rimini e Fermo guadagnano 11 posizioni in classifica, pur non riuscendo a superare la retribuzione globale media nazionale.

Province come Parma, Belluno, Trento e Terni vantano retribuzioni superiori rispetto ai capoluoghi della rispettiva regione, sottolineando la varietà e la ricchezza delle opportunità lavorative in Italia, al di fuori dei tradizionali centri economici.

«Anche nell’edizione 2023 – spiega Alessandro Fiorelli, amministratore delegato dell’Osservatorio JobPricing – si registra una grande dispersione delle variabili salariali con grandi differenze tra Nord e Sud, ma anche a livello regionale e provinciale. Non solo: dai nostri database emerge che spesso per una stessa posizione esistono differenzesignificative anche in territori contigui».

«Questo scenario – continua Fiorelli – porta a chiedersi, ancora una volta, se non sia giunto il momento di spostare il focus della contrattazione salariale dal livello nazionale a quello territoriale o addirittura aziendaleper ottenere un sistema retributivo più equo e più efficiente nel coniugare domanda e offerta di lavoro. Con ogni probabilità – fa notare Fiorelli – in questo modo si avrebbe una ricaduta positiva sui livelli salariali, che, come noto, sono al palo da molti anni e risultano tra i più bassi in Europa. Un simile approccio, poi, potrebbe probabilmente consentire una maggiore velocità nei rinnovi dei contratti che, purtroppo, risultano spesso rallentati da dinamiche negoziali farraginose ed eccessivamente burocratizzate, come è necessario che sia quando si opera sul livello molto esteso come quello nazionale».

E per rialzare il livello salariare, secondo il presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, Giampietro Benedetti, afferma che «è necessario puntare sulle produzioni a maggiore valore aggiunto, perché su quelle di valore più basso la concorrenza è forte da altri Paesi, tra cui Polonia, Repubblica Ceca, e Romania, che hanno costi di produzione pari alla metà dei nostri, e questo si riflette a anche sul valore dei salari».

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