Nomisma: export italiano ancora da record: nei primi 5 mesi 2018 +3,5% trainato dall’agroalimentare

Italia in netta controtendenza che fa meglio del mercato. In Europa Italia seconda solo alla Francia di pochi decimali. 

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Export imprese del Veneto Crisi di Suez e Panama nomisma export italiano

In uno scenario di mercato poco favorevole agli scambi commerciali internazionali, l’agroalimentare italiano continua la sua corsa nelle esportazioni, mettendo a segno una crescita nei primi 5 mesi dell’anno pari al +3,5%, una tra le performance più alte se confrontate con i diretti competitor – solo la Francia cresce di più (+4%) – mentre la Germania non va oltre il +1%, la Spagna arretra dell’1%, Usa -8%.

«Non dobbiamo però farci ingannare, dato che al momento ci troviamo ancora in una fase di “minacce” e non di “ostacoli” nel senso che tutte le problematiche appena descritte prefigurano uno scenario futuro benché potenzialmente imminente» ricorda Denis Pantini, responsabile Area agroalimentare di Nomisma.

In effetti, andando ad analizzare la crescita dell’export italiano per singolo mercato di destinazione, si evince come in molti di quelli oggi sotto “osservazione” per i rischi sopra citati, le esportazioni agroalimentari italiane stanno correndo più di quelle dei concorrenti. Se negli Usa le importazioni totali di prodotti agroalimentari hanno fatto registrare (a valore) un calo del 4% nel periodo analizzato, quelle italiane sono invece cresciute del 4,5%. Trend analogo in Canada: a fronte di una riduzione dell’import agroalimentare complessivo del 6,8%, quello di prodotti italiani è aumentato del 4%.

Venendo in Europa si registra un incremento dell’import agroalimentare dall’Italia del 2,6% nel Regno Unito (rispetto ad un -2,4% a livello totale) mentre in Germania le importazioni dall’Italia sono cresciute del 5,8%. Infine il Giappone, con il quale si è appena chiuso l’Accordo di partenariato economico (Jefta) dove anche in questo caso l’import agroalimentare dall’Italia è cresciuto del +1,6% contro una riduzione complessiva del 5,3%.

Si è dinnanzi ad «un’Italia in netta controtendenza che “fa meglio del mercato”, per usare un termine tanto caro ai trader di Borsa, e che invita a valutare con attenzione i possibili impatti per il settore agroalimentare italiano che potrebbero derivare da una riduzione della spinta propulsiva che il commercio internazionale ha impresso alla crescita delle nostre imprese» sottolinea Pantini.

Spinta propulsiva che, in una comparazione tra i principali esportatori in questa prima parte dell’anno, sta ponendo l’Italia al di sopra di tutti, eccezion fatta per la Francia che ci supera per pochi decimali in termini di crescita nell’export. Merito anche dei buoni risultati registrati al di fuori dei mercati tradizionali dell’Europa Occidentale o del Nord America come nel caso del Messico (dove l’export agroalimentare italiano cresce del 23%), della Corea del Sud (+20%), della Romania (+13%) o della Polonia (+8%), dove negli ultimi cinque anni le importazioni di food&beverage dal nostro paese sono aumentate del 46%, grazie anche ad un consumatore locale che ha potuto godere di un maggior livello di benessere e che in prospettiva dovrebbe veder crescere ancora i propri redditi (+18% le previsioni di aumento del Pil pro-capite in Polonia nel prossimo quinquennio).