Grecia (-42%), Portogallo (-40%), Italia (-19,9%), Francia (-13,4%) e Germania (-0,6%) mandano a picco la produzione. Crisi generalizzata della produzione e della distribuzione
I primi 8 mesi del mercato automobilistico europeo si chiudono con un calo del 7,1%, con punte decisamente più elevate in paesi come Grecia (-42%), Portogallo (-40%), Italia (-19,9%), Francia (-13,4%) e Germania (-0,6%). Quest’ultima limita le perdite nei primi due quadrimestri dell’anno, ma segna un preoccupante indice, visto che è il maggiore mercato continentale.
Tra i grandi paesi europei, l’Italia è quella che sta peggio, tanto da costringere la stessa Fiat (come era da tempo lecito attendersi) a rivedere in profondità il progetto “Fabbrica Italia”. Federauto, che rappresenta tutti i marchi commercializzati in Italia di auto, veicoli commerciali, industriali e autobus, sottolinea come “da quando si è insediato il premier Monti che abbiamo posto una domanda simile al Governo”. Rimodulata, secondo il suo presidente Filippo Pavan Bernacchi, suonerebbe così: “gentili Ministri, poiché gli autoveicoli in Italia fatturano l’11,4% del PIL, partecipano alle entrate fiscali nazionali per il 16,6% e occupano, con l’indotto, 1.200.000 persone, cosa ha intenzione di fare l’esecutivo per il nostro comparto? Qual è l’impegno del Governo per l’Italia, di cui gli autoveicoli sono un comparto strategico? Cosa vogliamo fare per non distruggere migliaia di aziende che, oltre a versare milioni di euro di tasse, vedono in bilico 220.000 posti di lavoro?”. Una bella domanda che va oltre le preoccupazioni di giornata che coinvolgono sempre e solo il feticcio Fiat, come sottolinea Federauto ricordando come nella filiera autoveicolistica italiana, l’occupazione diretta dell’industria nazionale coinvolge “solo” il 15% del totale, la componentistica il 40%, mentre la distribuzione e l’assistenza, con in prima linea i concessionari d’auto, il 45%. Il costruttore nazionale è importante, imprescindibile, e il principio vale per tutti i costruttori nei rispettivi paesi d’origine, ma in Italia ci sono anche altri soggetti che meritano rispetto. Soggetti che spesso non possono fruire di tutti i benefici di cui, negli ultimi vent’anni, ha potuto fruire il gruppo Fiat. Anche sotto l’aspetto occupazionale, male che vada i dipendenti Fiat possono sempre contare per anni sulla cassa integrazione straordinaria, mentre lo stesso non accade per le migliaia di dipendenti del settore della componentistica e della distribuzione, spesso costituite da piccole e medie aziende.
Continua Pavan Bernacchi: “è paradossale che l’attuale Governo, il papà dei disincentivi dell’auto con aumenti di IVA, IPT, accise, pedaggi, bolli, RC, il varo del superbollo per le supercar, voglia capire come mai gli autoveicoli arranchino: auto -20%, veicoli commerciali e industriali -30%, usato -11%. E’ illogico anche perché sono proprio le scelte del Governo ad aver alimentato la crisi degli autoveicoli generando una compressione dei consumi e disoccupazione, cui speriamo non si voglia rispondere generando nuove tasse”.
Federauto ricorda che il 18 maggio scorso, insieme ad Anfia e Unrae, è stata ricevuta dal sottosegretario allo Sviluppo Economico, De Vincenti. In questo incontro si erano esposti i mali del nostro settore ma anche dei possibili rimedi. De Vincenti aveva promesso entro 15 giorni un nuovo incontro alla presenza del ministro Passera. Poi questo incontro è slittato a fine luglio, poi ad agosto, infine ai primi di settembre con l’assicurazione che era stato messo in agenda. Ad oggi: nulla. E tutto questo perché i dipendenti della filiera dell’automotive non sono presenti in un territorio omogeneo e non fanno riferimento a un’unica azienda, come Alcoa o Sulcis, a titolo di esempio. Con l’aggravante che per prevenire attacchi e polemiche dal 2010 Fiat ha smesso l’attività di sana lobby verso il Governo con l’effetto che nessuno argina le bizzarre ricette dei Professori e di alcuni politici.
Quanto alla crisi del mercato, oltre alle colpe macroscopiche dell’attuale Governo che ha dimostrato senza ombra di dubbio di non essere all’altezza del suo compito di risanare e rilanciare il Paese, chi in Europa va male sono i tradizionali costruttori generalisti. Nei primi otto mesi dell’anno, Oltre al gruppo Fiat (-16,6% con punta di -31,1% per Alfa Romeo) vanno male Renault (-16,1%), Peugeot Citroen (-13,4%), Opel General Motors (-11,7%), Ford (-12%), mentre galleggia il gruppo Audi Volkswagen (+0,5%), Toyota (-0,3%), il gruppo Bmw (-2,6%) e Daimler (-1,7%). Chi va bene sono i marchi orientali con Hyundai (+10,6%) e Kia (+23,4%): testimonianza puntuale che una gamma di prodotto nuova, che incontra i gusti del pubblico e con una copertura di garanzia ben oltre il minino di legge, paga. E Molto. Proprio quello che il gruppo Fiat negli ultimi tempi non ha fatto, preferendo sopravvivere con una gamma di modelli ridotta e, spesso, non più in linea con le esigenze del pubblico. Cosa che nel mercato europeo l’ha portata a scendere all’ottava posizione, dietro pure a Bmw.