Manifattura europea debole, gli italiani temono rincari

Indice Pmi Italia a 46,2. Studio Legacoop sulle aspettative dei consumatori. Tira sempre più aria di stagnazione se non di recessione.

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La manifattura europea chiude il 2024 in contrazione, con nuovi ordini diminuiti ancora di più rispetto ai due mesi precedenti, confermando a dicembre un declino che va avanti da due anni e mezzo.

La manifattura dell’Italia recupera e fa meglio di Germania e Francia, ma resta comunque in flessione per il nono mese di seguito. In dettaglio, in Europa l’indice Pmi elaborato da Standard&Poor resta poco sopra i 45 punti (45,2 a novembre e 45,1 a dicembre) e l’indagine che misura lo stato di salute delle aziende del settore ha mostrato tra i vari paesi notevoli divergenze: quelli «nel Sud hanno continuato a riportare le prestazioni migliori, con Spagna e Grecia che hanno mostrato miglioramenti più marcati. Queste espansioni sono state tuttavia più che compensate dalle tre maggiori economie (Germania, Francia e Italia) che hanno registrato nuovamente un peggioramento», in contrazione, commentano gli analisti.

La classifica della manifattura europea vede in testa la Spagna (53,3 massimo in 2 mesi) e la Grecia (53,2 massimo in 5 mesi). Seguono Irlanda (49,1), Paesi Bassi (48,6), Italia (46,2 dal 44,5 di novembre), Austria (43,3), Germania (42,5), Francia (41,9). Il valore oltre 50 indica espansione, sotto 50 contrazione.

«Un segno della ripresa del settore arriverà quando le aziende inizieranno a ricostruire le loro scorte di beni intermedi», commenta Cyrus de la Rubia, capo economista presso la Hamburg Commercial Bank, evidenziando come il settore manifatturiero della Spagna, «crescendo notevolmente, sta andando contro tendenza» ma, rappresentando «solo il 12% circa del Pil dell’Eurozona, non sarà in grado di risollevare l’intera economia del blocco da sola». I tre maggiori Paesi dell’EurozonaGermania, Francia e Italia – che sono le prime tre destinazioni di esportazione della Spagna, «sono bloccati in una recessione industriale», aggiunge de la Rubia.

In questo scenario, per il 2025 due italiani su tre non si aspettano miglioramenti della situazione complessiva del Paese, sei su dieci temono un aumento del costo della vita, con un pessimismo più accentuato nel ceto popolare, secondo quanto emerge dal report FragilItalia “Uno sguardo al futuro”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos.

In particolare, in Italia, oltre alla situazione economica preoccupano i tassi di violenza in aumento, le guerre in corso, i cambiamenti climatici, le disuguaglianze sociali, temi ritenuti “i nemici del futuro”. Il 61% degli italiani, che sale all’80% nel ceto popolare, non prevede un miglioramento della situazione complessiva del Paese. Aspettative negative anche sull’evoluzione dello scenario economico: 4 su 10 (il 42%, che sale al 59% nel ceto popolare) prevedono una fase di recessione e il 34% di stagnazione; 6 su 10 (il 63%, che sale al 70% nel ceto popolare) si aspettano un aumento del costo della vita.

«Dopo la chiusura del ciclo post pandemico – commenta Simone Gamberini, presidente di Legacoop – il 2025 inaugurerà una nuova fase. In questo triennio, nonostante tutte le difficoltà che si sono manifestate, il nostro Paese ha mostrato una capacità di reazione e una forza costruttiva come non si vedeva da decenni».

 

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