La Commissione europea ha aggiornato le previsioni Ue sul Pil per il 2023 e il 2024 con una revisione al ribasso. Per l’Italia e l’Eurozona si tratta di una stima ridotta di 0,3 punti percentuali, con l’attesa di una crescita, rispettivamene, allo 0,9% (dallo 1,2%) e allo 0,8% (1,1%) quest’anno.
Il calo è innescato dall’ampliamento della crisi i Germania, con il passaggio in negativo delle previsioni di crescita, passate dallo +0,2% di maggio al –0,4% di ora. Un dato influenzato dalla produzione industriale in Germania diminuita dello 0,8% mensile a luglio, peggio delle stime di un -0,5% e dopo un –1,4% rivisto al ribasso a giugno. Si è trattato del quarto calo quest’anno, che a livello annuale porta la produzione a ridursi del 2,1%, dopo essere diminuita dell’1,5% nel mese precedente.
La forte dipendenza dell’industria italiana – specie quella del Nord – da quella tedesca, era inevitabile che – sempre a luglio – la produzione manifatturiera nazionale perdesse lo 0,7% mensile e il 2,1% annuale, due dati peggiori delle attese che prevedevano un -0,3% mensile e un -1,7% annuale.
«Dopo due mesi di crescita congiunturale l’indice destagionalizzato della produzione industriale registra, a luglio, una diminuzione; questa è diffusa ai principali comparti, con l’esclusione dell’energia. È, tuttavia, lievemente positivo l’andamento congiunturale complessivo nella media degli ultimi tre mesi – afferma l’Istat -. In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, l’indice generale è in flessione. Guardando ai principali raggruppamenti di industrie si osservano cali diffusi (ad esclusione dei beni strumentali), più marcati per l’energia e i beni intermedi».
Uno scenario che allarma le categorie economiche. Per Coldiretti «il taglio della spesa alimentare degli italiani si trasferisce dal commercio all’industria e fa crollare la produzione di cibo “Made in Italy” che si riduce del 4,5%, pari a più del doppio della media, con un impatto negativo sul valore complessivo».
Per Confesercenti «l’economia italiana è entrata in una fase ‘pre-recessiva’. Il crollo dei prestiti alle imprese segnalato dal bollettino di settembre di Banca d’Italia, la revisione al ribasso delle stime di crescita da parte della Ue e le stesse stime di Istat sul Pil confermano l’arrivo di un autunno più difficile del previsto. L’economia italiana ha subito una battuta d’arresto, in un contesto di incertezza e rallentamento dell’economia internazionale in cui inflazione alta e politica monetaria restrittiva continuano a pesare e a condizionare negativamente famiglie ed imprese».
Parallelamente alla revisione al ribasso delle previsioni Ue sul Pil, arriva anche il dato relativo alle sofferenze bancarie, che negli ultimi 7 mesi è cresciuto del 16% pari a ben 2 miliardi, secondo l’Ufficio studi di Unimpresa, che parla di «preoccupante inversione di tendenza nell’andamento delle sofferenze bancarie: i crediti “malati” delle banche sono cresciuti, infatti, di oltre 2 miliardi di euro tra dicembre 2022 e luglio scorso con un aumento che sfiora il 16%, a 16,4 miliardi di euro. A luglio dello scorso anno, le rate non pagate da famiglie e imprese erano a quota 15,8 miliardi.
«Qualcosa non va nel mercato del credito e probabilmente cominciano a venire a galla i guasti derivanti dalle scelte di politica monetaria della Banca centrale europea – commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora -. Il repentino aumento dei tassi di interesse ha provocato una restrizione nelle condizioni di accesso ai finanziamenti bancari, innescando una spirale negativa nel ciclo economico che ora si nota, con evidenza statistica, nei numeri relativi alle sofferenze bancarie».
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