Le Pmi pagano l’energia elettrica il 75% e il gas il 133% in più delle grandi aziende

Cgia: per abbassare i costi, molte aziende lavorano di notte, ma il sollievo per i conti è limitato. 

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Il caro energia sta colpendo indistintamente tutte le imprese italiane, anche se le piccole, ben prima degli aumenti boom registrati negli ultimi mesi, subiscono un trattamento di “sfavorerispetto alle grandi realtà produttive.

Secondo gli ultimi dati Eurostat relativi al primo semestre 2021, le piccole aziende pagano mediamente l’energia elettrica il 75,6% e il gas addirittura il 133,55% in più delle grandi. Questo differenziale, a scapito dei piccoli, colpisce anche le realtà di pari dimensioni presenti nel resto d’Europa, sebbene negli altri Paesi questo differenziale sia più contenuto di quello italiano.

Se ancora ce ne fosse bisogno, questa è un’ulteriore dimostrazione che il Belpaese non è a misura di piccole imprese. Sebbene queste ultime costituiscono oltre il 99% delle aziende presenti in Italia, diano lavoro ad oltre il 60% degli addetti del settore privato e siano la componente caratterizzante il “Prodotto in Italia” nel mondo, continuano ad essere ingiustificatamente discriminate.

Secondo la Cgia di Mestre, nella prima settimana di rientro dopo le vacanze natalizie, molte di queste realtà hanno deciso di introdurre o di potenziare il turno di notte per abbattere i costi energetici e tra assenze legate al Covid e la necessità di rimodulare il ciclo produttivo per tagliare il costo delle bollette, non sono poche le attività che hanno organici ridotti all’osso e grosse difficoltà a garantire processi produttivi efficienti.

In merito alle tariffe dell’energia elettrica, ad aver aumentato lo storico differenziale tra piccole e grandi imprese ha contribuito l’entrata in vigore, dal primo gennaio 2018, della riforma degli energivori. L’effetto prodotto da questa novità legislativa, che prevede un costo agevolato dell’energia elettrica per le grandi industrie, di fatto ha azzerato a queste ultime la voceOneri e Imposte”, ridistribuendola a carico di tutte le altre categorie di imprese esclusedalle agevolazioni, anche se nella seconda parte del 2021, questo gap si è leggermente ridotto.energia

Per quanto concerne il gas, il divario tariffario è riconducibile al fatto che tutte le grandi imprese ricevono dai fornitori delle offerte personalizzate con un prezzo stabilito su misura e sulla base delle proprie necessità. Pertanto, in sede di trattativa, il peso dei consumi è determinante per “strappare” al fornitore una tariffa molto vantaggiosa. Possibilità che alle piccole imprese è preclusa. Anche se va ricordato che nel mercato libero le offerte di prezzopossono interessare solo la componente energia; le altre voci di spesa – come le spese di trasporto, gli oneri di sistema, la gestione del contatore etc. – sono stabilite periodicamente dall’Autorità per l’Energia e sono uguali per tutti i fornitori.energia

Concentrando l’attenzione solo sulle piccole imprese, dal confronto effettuato dall’Ufficio studi della Cgia con le realtà produttive europee di pari dimensione, emerge che in Italia i costi energetici sono tra i più elevati. Tra tutti i paesi dell’Area euro, solo rispetto alla Germania le Pmi italiane pagano in meno (del 12,6%). Rispetto alla media europea, invece, i piccoli imprenditori pagano mediamente il 15% in più. Quanto al costo del gas, tra i Paesi dell’Area euro le Pmi italiane sono al terzo posto (dopo Finlandia e Portogallo) per la tariffa più elevata.

Assieme all’andamento del costo della materia prima, in Italia la componente fiscale è l’altra voce che contribuisce in maniera determinante ad innalzare il costo delle tariffe. Sempre nel primo semestre 2021, per la bolletta elettrica, ad esempio, in riferimento alle Pmi il 40,7% del costo totale è riconducibile a tasse e oneri: la media dell’Area euro, invece, è del 35,7%. Per quella del gas, invece, se in Italia l’incidenza percentuale della tassazione sul costo totale a carico delle piccole aziende è del 27%, nell’Area euro si attesta attorno al 25%.

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