«Sembra un paradosso, ma ormai l’autotrasporto non è un settore per camionisti» attacca la presidente dell’associazione“Ruote Libere”, Cinzia Franchini, che elenca i numeri statistici tratti dall’Albo degli Autotrasportatori che certifica come, al 31 marzo 2022, risultino attive 99.196 imprese, mentre quelle sospese risultano essere 1.614. Ancora in aumento le imprese senza alcun veicolo, pari a 18.171 il 18,32% del totale iscritte.
Calano di 955 unità in confronto al 31 dicembre 2020 le piccole aziende: quelle con solo un veicolo, che rappresentano il 21,43%, sono 21.258 e quelle fino a 5 veicoli sono 32.711, il 32,98%. L’incremento più significativo invece interessa le società con oltre 100 veicoli, sono complessivamente 903, cresciute dell’8,5% e rappresentano così lo 0,91% del totale. Unico dato positivo, secondo Franchini, «il bilancio tra nuove imprese e cessate è positivo per 101 unità (915 quelle cessate e 1.016 le neo iscritte), un aumento in controtendenza rispetto al drastico andamento di chiusure degli ultimi anni. Sono questi i numeri che tratteggiano uno dei settori più importanti dell’economia italiana».
«Due i dati che ci preoccupano enormemente – prosegue Franchini -. Il primo è quello relativo alla crescita delle imprese iscritte all’Albo senza essere in possesso di uno dei requisiti più importanti, ovvero la disponibilità di almeno un veicolo. Ancora a distanza di tanti anni, nulla è stato fatto, oltre i proclami, per eliminare questa piaga. Un malcostume che non solo contravviene a quello che la stessa normativa dispone, ma che nasconde la prassi più che consolidata della censurabile intermediazione volta ad accaparrarsi commesse per poi “vendere” trasporti ad altre aziende, trattenendosi una parte del compenso. L’altro dato sconfortante è la chiusura di 955 imprese artigiane nelle quali il titolare è spesso anche l’autista del mezzo a dimostrazione della difficoltà che le piccole imprese stanno da anni subendo. A poco sono serviti i miliardi di euro di risorse pubbliche pompate a pioggia sul settore. I risultati sono deludenti perché si è accuratamente evitato di mettere mano ai nodi centrali normativi che rendono ingessato, debole e scarsamente appetibile per le nuove generazioni il settore, come la persistente mancanza di autisti ampiamente conferma».
Per rilanciare l’autotrasporto in modo strutturale, Franchini ha una proposta: «continuiamo a chiedere con forza a chi ha il potere decisionale il coraggio e la lungimiranza, di pensare all’autotrasporto come a una grande opportunità per il Paese e di impostare quella riforma strutturale attesa da tempo. Una riforma che metta al centro le esigenze della categoria a costo di deludere gli interessi di parte, delle associazioni di categoria perse tra rimborsi pedaggi e formazione, e delle lobby che incidono in modo determinante».
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