La pandemia da Covid-19 ha fatto strage tra il lavoro autonomo

Per la Cgia 8 su 10 posti persi sono tra gli indipendenti. Serve parificare il sostegno tra lavoratori dipendenti e autonomi in caso di crisi.

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Osservatorio Partite Iva Lavoratori autonomi

Nel mondo del lavoro la pandemia da Covid-19 ha colpito soprattutto il lavoro autonomo. Tra febbraio 2020, mese che precede l’avvento della crisi pandemica, e giugno 2021, secondo l’analisi effettuata dall’Ufficio studi della Cgia l’Italia ha perso 470.000 occupati; di questi, ben 378.000 (pari a oltre l’80% del totale) sono lavoratori indipendenti.

In 16 mesi il numero totale delle partite Iva presenti in Italia è diminuito mediamente di 776 unità al giorno. Ad aver subito gli effetti più negativi dalla crisi innescata dalla pandemia sono stati prevalentemente i piccoli commercianti, gli esercenti, i collaboratori e tantissimi liberi professionisti, praticamente abbandonati al loro destino dal governo BisConte e, parzialmente, anche dal Draghi. Tra i lavoratori dipendenti, invece, il numero complessivo degli occupati è sceso di “sole92.000 unità.

Giusta attenzione alle crisi aziendali, poca agli autonomi

Se otto persone su dieci che hanno perso il lavoro in questo drammatico periodo storico appartengono al cosiddetto popolo delle partite Iva, non si capisce come mai non sia ancora emerso nel Paese una particolare attenzione in grado di coinvolgere l’opinione pubblica e la politica su questo dramma sociale ed economico. Se le crisi aziendali della Gkn, di Whirpool, della Logista Italia, della Gianetti Ruote, etc., sono state giustamente poste all’attenzione dell’opinione pubblica da parte dei media, poco interesse o quasi nessuna attenzione, invece, hanno provocato le centinaia di migliaia di piccolissime attività che, nel silenzio più totale, hanno chiuso definitivamente la saracinesca. Drammi che nessuno ha potuto raccontare, vite lavorative spezzate che, pare, non abbiano alcuna dignità, nemmeno quella di essere raccontata.

Aprire un tavolo di crisi permanente sulle partite Iva

Due pesi e due misure che la Cgia vuole invece richiamare e portare all’attenzione di tutti, sperando, in particolar modo, che questi dati inducano, sia il Premier Draghi che i governatori, ad aprire un tavolo di crisi permanente per il lavoro autonomo a livello nazionale e regionale, altrimenti il mondo del lavoro autonomo rischia di uscire da questa crisi fortemente ridimensionato. Misure miracolistiche in grado di risollevare le sorti del popolo delle partite Iva non ce ne sono, anche se qualche piccolo passo si è iniziato a farlo.

A rischio la coesione sociale

Inutile ricordare che quando perdono il posto c’è una sostanziale differenza tra i lavoratori dipendenti e gli autonomi. Mentre i primi possono contare su alcune importanti misure di sostegno al reddito (Cig, Naspi, etc.), i secondi, invece, non possono contare quasi su nulla. A loro rimane solo il fallimento di un’esperienza lavorativa finita male e l’angoscia di come reinventarsi il proprio futuro.

La Cgia sostiene che i negozi di vicinato e le tante botteghe artigiane presenti nel Paese hanno bisogno di sostegno perché garantiscono la coesione sociale anche del nostro sistema produttivo. Se spariscono le micro imprese, rischiamo di abbassare notevolmente la qualità del “Made in Italy”. Per questo è indispensabile tagliare la burocrazia, rivedere il fisco, abbassando drasticamente il peso di imposte e contributi sulle piccolissime imprese, e approvare quanto prima la riforma degli ammortizzatori sociali che, in caso di chiusura dell’attività, preveda delle misure di sostegno al reddito tangibili anche ai lavoratori autonomi.

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