Ad aprile secondo l’Istat la congiuntura italiana è ancora negativa, con l’indice della produzione industriale ha segnato, per il secondo mese consecutivo, una diminuzione congiunturale (-0,7%), interrompendo la tendenza positiva di inizio anno. Il calo è stato diffuso a tutti i comparti industriali a eccezione di quello dei beni energetici. Il settore dei beni strumentali ha registrato la flessione più marcata (-2,5%) mentre è proseguita la fase di contrazione della produzione dei beni di consumo (-0,5%) condizionata dall’andamento della componente dei beni durevoli (-1,8%). Nonostante la flessione di aprile, la variazione congiunturale della media del trimestre febbraio-aprile è rimasta positiva sia per l’indice generale sia per tutti i raggruppamenti economici.
Anche il fatturato e gli ordinativi dell’industria hanno mostrato segnali di flessione. Ad aprile, il fatturato dell’industria a prezzi correnti è diminuito su base congiunturale (-1,0%) a seguito di un marcato calo delle vendite sul mercato estero (-2,9%) e una stazionarietà per quelle sul mercato interno. Considerando il trimestre febbraio-aprile anche il fatturato ha mantenuto un andamento positivo (+0,8% rispetto ai tre mesi precedenti). Ad aprile gli ordinativi sono diminuiti (-2,4%) condizionati dalla caduta di quelli sul mercato estero (-4,1%) Il dato trimestrale per il periodo febbraio-aprile è risultato negativo (-1,4%).
La produzione del settore delle costruzioni ha registrato un forte calo congiunturale nel mese di aprile (-3,1%) tuttavia per la media del trimestre febbraio-aprile si è avuta una variazione positiva (+3,1% rispetto ai tre mesi precedenti). Il mercato immobiliare ha manifestato segnali di debolezza: i prezzi della abitazioni sono diminuiti nel primo trimestre (-0,5% la variazione congiunturale) con intensità simili per le abitazioni nuove e per quelle esistenti (rispettivamente – 0,5% e -0,6%).
Nel primo trimestre 2019, gli investimenti delle società non finanziarie hanno segnato una battuta d’arresto rispetto al trimestre precedente (-1,4%), determinando anche una riduzione (-0,4 punti percentuali) del tasso di investimento, definito come rapporto tra investimenti fissi lordi e valore aggiunto a prezzi base.
Per quel che riguarda gli scambi con l’estero, ad aprile, le esportazioni hanno evidenziato un aumento congiunturale (+0,3%) di intensità inferiore a quello registrato per le importazioni (+0,9%). L’aumento delle vendite all’estero, pur se contenuto, ha riguardato in misura simile sia i flussi verso i mercati Ue sia quelli verso l’area extra Ue (rispettivamente +0,2 e +0,4%). Al miglioramento delle vendite di beni di consumo non durevoli (+1,4%) si è associato il peggioramento di quelle di beni durevoli e strumentali (-2,0 e -0,3%) mentre le esportazioni di beni intermedi sono rimaste invariate.
I dati relativi al commercio estero extra Ue di maggio indicano un ulteriore aumento dei flussi in uscita (+0,8%), determinato da un incremento delle vendite relative a tutte le principali tipologie di beni (esclusa l’energia) e in particolare di quelli di consumo, sia durevoli che non durevoli. Fanno eccezione, invece, le esportazioni di beni strumentali che si sono ridotte rispetto al mese precedente (-1,1%).
Nel primo trimestre del 2019, è migliorato il reddito disponibile delle famiglie consumatrici, dopo la momentanea interruzione registratasi tra ottobre e dicembre 2018 (rispettivamente +0,9% e -0,2% la variazione congiunturale). Il movimento al rialzo del reddito disponibile è stato seguito, in misura più contenuta, da quello dei consumi espressi in termini nominali (+0,2% da +0,6% in T4). La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici ha quindi segnato una crescita, attestandosi all’8,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. L’evoluzione positiva del reddito disponibile è avvenuta in un contesto caratterizzato da una sostanziale stazionarietà dei prezzi. Il deflatore implicito dei consumi si è mantenuto, infatti, sui livelli del trimestre precedente, determinando un incremento del potere d’acquisto delle famiglie dello 0,9%.
Nel mercato del lavoro si sono intensificati i segnali positivi. A maggio la stima degli occupati ha registrato un aumento rispetto al mese precedente (+0,3%, pari a +67.000) e anche il tasso di occupazione è cresciuto (59,0%, +0,1 punti percentuali). Allo stesso tempo, è diminuito il numero di persone in cerca di occupazione (-1,9%, pari a -51.000), determinando una riduzione del tasso di disoccupazione (9,9%, -0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente). La ricomposizione favorevole tra occupazione e disoccupazione appare evidente anche considerando le medie degli aggregati riferiti a gennaio-maggio. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a fronte di una lieve riduzione della forza lavoro (-0,2%) si è registrato un miglioramento dell’occupazione (+0,5%) e una marcata riduzione della disoccupazione (-6,1%). L’evoluzione positiva è stata determinata in misura maggiore dalla componente femminile (+0,9% l’aumento dell’occupazione, -7,0% la riduzione della disoccupazione) rispetto a quella maschile (+0,2% l’aumento dell’occupazione -5,3% la riduzione della disoccupazione).
I segnali per i prossimi mesi sembrano però discordanti tra i diversi settori di attività. A fronte di una diminuzione delle attese sull’occupazione per la manifattura e le costruzioni si è registrato un miglioramento di quelle nei servizi di mercato e nel commercio al dettaglio.
A giugno, l’inflazione si è confermata su tassi molto contenuti, scontando il rallentamento delle componenti maggiormente volatili. In particolare, i beni energetici hanno registrato una forte decelerazione, risentendo degli effetti sulla componente non regolamentata dei ribassi delle quotazioni del petrolio. In base all’indice per l’intera collettività (NIC), la crescita annua dei prezzi al consumo è rimasta sui livelli di maggio (+0,8%). Al netto di energia e alimentari freschi si è invece manifestato un aumento di un decimo di punto percentuale (+0,5% da +0,4% di maggio). Il limitato incremento dell’inflazione di fondo ha riflesso essenzialmente i rincari di alcune voci dei servizi (+1,0% nel complesso, da +0,8% di maggio) mentre per i beni industriali non energetici la fase deflativa non accenna a interrompersi (-0,4% la variazione annua a giugno).
Il diverso scenario di crescita economica tra il nostro Paese e i principali partner europei, concorre al mantenimento di un gap inflazionistico a favore dell’Italia rispetto all’eurozona. Il differenziale, risultato più ampio per la componente di fondo (-0,7 punti percentuali) rispetto all’indice complessivo (-0,4 p.p.), ha incorporato una dinamica inflazionistica dei beni energetici più sostenuta nella nostra economia, come usualmente accade nelle fasi di rientro dei prezzi di riferimento internazionali (Figura 6).
Le spinte inflative dall’estero, in tendenziale attenuazione, sono rimaste circoscritte ai beni energetici e più limitatamente a quelli intermedi. Ad aprile i prezzi all’importazione dei beni di consumo non alimentari hanno mostrato una riduzione tendenziale (-0,6%). A maggio a livello di produzione i prezzi dei beni venduti sul mercato interno dello stesso raggruppamento hanno esibito una dinamica tendenziale (+1,4%), superiore a quella media del 2018 (+0,6%). Segnali di ripresa hanno caratterizzato i listini di abbigliamento e calzature e dei mobili; più accentuato l’aumento nel comparto della fabbricazione di autoveicoli (+3,9% da +1,6% di aprile).
La tendenza all’incremento dei prezzi nella fase della produzione potrebbe confermarsi nei prossimi mesi. A giugno, tra gli imprenditori che producono beni destinati al consumo, il saldo tra le intenzioni di aumento e diminuzione dei listini nel breve periodo è significativamente cresciuto rispetto agli ultimi sette mesi. Allo stesso tempo, lo scenario delineato dai consumatori appare leggermente diverso, con una revisione al ribasso delle loro aspettative sulla dinamica inflativa dopo il rafforzamento del mese precedente. La quota di chi si attende prezzi stabili o in diminuzione nei prossimi dodici mesi è aumentata a quasi il 55%, mentre l’incidenza di chi prevede incrementi dei prezzi più rapidi o costanti è nuovamente scesa (39,1% dal 42% di maggio).
Quanto alle prospettive future, a giugno l’indice del clima di fiducia dei consumatori è tornato a diminuire dopo l’interruzione del mese precedente. Il peggioramento ha interessato tutte le componenti con il clima economico e quello futuro che hanno registrato le flessioni più marcate. Anche le aspettative sulla disoccupazione sono peggiorate.
Nello stesso mese, la fiducia delle imprese ha evidenziato un calo a sintesi di una flessione nel comparto manifatturiero e, soprattutto, nelle costruzioni. Nei servizi l’indice è diminuito in misura più contenuta e nel commercio al dettaglio è aumentato. Per le imprese manifatturiere, si è rilevato un peggioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle attese sulla produzione mentre le scorte di magazzino sono aumentate.
L’indicatore anticipatore ha confermato uno scenario a breve termine caratterizzato dalla debolezza dei livelli produttivi.
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