La bioeconomia in Italia vale 415 miliardi (+15,9% nel 2022)

Presentato il nono rapporto di Intesa Sanpaolo.

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Nel 2022 l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia in Italia ha generato un valore della produzione pari a 415,3 miliardi di euro (+15,9% sul 2021), l’11% del totale del valore della produzione nazionale, occupandocirca due milioni di persone.

Il dato emerge dal IX rapportoLa Bioeconomia in Europa”, redatto dalla direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster Spring e Assobiotec-Federchimica, dove si evidenzia una crescita del settore anche in Francia, Germania, Spagna.

«La filiera del tessile – ha affermato Gregorio De Felice, capo economista e capo della ricerca di Intesa Sanpaolopresenta un alto potenziale di circolarità che all’oggi risulta solo in parte sfruttato. E’ dunque opportuno che le miglio pratiche già in parte adottate si diffondano ulteriormente, sia fra le aziende sia fra i consumatori. In prospettiva l’attenzione a questi temi diventerà imprescindibile come leva strategica per il nostro tessuto produttivo».

Anche negli altri paesi europei considerati nel Rapporto, la bioeconomia ha registrato lo scorso anno una sensibile crescita generando nel complesso di Francia, Germania, Italia e Spagna nel 2022 un output di circa 1.740 miliardi di euro, occupando oltre 7,6 milioni di persone.

Un ruolo chiave nella bioeconomia, in particolare in Italia, è ricoperto dalla filiera del tessile-abbigliamento, protagonista di una profonda trasformazione negli ultimi decenni che ha portato allo spostamento del baricentroproduttivo mondiale verso l’Asia e ad una diminuzione dell’utilizzo di input “bio-based”: la quota sul commercio mondiale di input, filati e tessuti bio è scesa dal 16,1% medio del 2007-08 al 14,8% del 2018-19.

La filiera del tessile-abbigliamento in Italia ha raggiunto 63,5 miliardi di euro di fatturato nel 2022 (l’1,5% del totale e il 5,5% del manifatturiero), occupando circa 300.000 addetti, l’8% degli addetti della manifatturaitaliana. L’Italia resta protagonista in questo settore: nono produttore mondiale per numero di addetti, quinto per valore della produzione e per quota di mercato nei prodotti di fascia alta, mantenendo una quota di produzionebiobased” tra le più elevate nel contesto europeo e risulta quarto esportatore mondiale di fibre, filati e tessuti.

I dati di una inchiesta ad hoc sulle imprese della bioeconomia, evidenziano come oltre il 40% dei soggetti intervistati nella filiera del tessile-abbigliamento dichiara di voler ampliare le proprie produzionibio-based” nei prossimi 3 anni. La filiera del tessile-abbigliamento è al centro di significativi cambiamenti in ottica di maggiore sostenibilità e circolarità.

Con l’introduzione dell’obbligo di raccolta differenziata dei tessili già partita in Italia e di prossima applicazionenel resto dell’Unione europea, il tema dell’economia circolare, del riuso e riutilizzo dei rifiuti tessili e dei tessili usati diventerà ancora più rilevante. Si assisterà a un aumento dei quantitativi di rifiuti da trattare e gestire e ne cambierà anche il mix con l’ampliamento dell’incidenza dei rifiuti di peggiore qualità e privi di valore. In questo contesto, la capacità di recuperare materia in una logicafiber to fiber” diventerà fondamentale.

Il riutilizzo degli scarti dei processi produttivi della filiera tessile in un’ottica circolare è rilevante, ma residuano ampi spazi di miglioramento, attivabili attraverso un miglior funzionamento del mercato delle materie prime seconde.

Le potenzialità sono desumibili dall’analisi dei quantitativi di rifiuti tessili prodotti dalla filiera della moda che risultano pari a 510.000 tonnellate a livello europeo. In Italia per ogni addetto dell’industria della moda si producono 508 kg di rifiuti. I rifiuti post consumo raccolti in modo differenziato ammontano complessivamente a livello di Europa a 27 a 790.000 tonnellate nel 2020, in accelerazione negli ultimi anni grazie alla crescente diffusione della raccolta differenziata. In Italia la raccolta differenziata dei rifiuti tessili è in progressivo ampliamento (nel 2021 circa 140.000 tonnellate), ma sconta differenziali territoriali significativi: il quantitativo di rifiuti pro-capite tessili raccolti al Sud è pari a 2,1 kg, rispetto ai 2,8 kg per abitante registrati al Nord e ai 3 kg del Centro Italia.

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