L’Italia cresce con l’economia che continua a marciare, anche se nel secondo trimestre 2024 il passo si fa leggermente più lento e spinge il Pil di +0,2%, ritoccando di 0,1 punti la crescita dei tre mesi precedenti. Comunque sia, l’Italia si mantiene in territorio positivo a differenza di altri paesi europei, tra cui la Germania che rivede il segno negativo (-0,1), contribuendo a sostenere il Pil dell’Eurozona in area positiva, chiudendo il trimestre a +0,3%, meglio delle attese.
Secondo il dato preliminare elaborato dall’Istat, l’Italia cresce: quella acquisita per il 2024 ammonta allo +0,7%, ovvero la crescita che si avrebbe se nei prossimi due trimestri l’economia restasse al palo, e ciò basta a tenere viva la possibilità di raggiungere l’obiettivo dell’1% fissato dal governo Meloni per quest’anno nel Def, che canta vittoria forse un po’ oltre le righe perché il contesto italiano è piuttosto delicato.
A sostenere una visione ottimistica della situazione economica nazionale, secondo l’Istat, c’è il fatto della «continuità della fase di espansione congiunturale che, seppure di lieve entità», è superiore alle attese degli analisti che per il secondo trimestre si aspettavano un aumento di appena 0,1%. Poi, se si guarda ad un orizzonte più ampio e alla cosiddetta “crescita tendenziale”, cioè quella che si ottiene confrontando il trimestre con lo stesso periodo dell’anno precedente, si vede «un rafforzamento del tasso» che sale allo 0,9%. Tutto merito, secondo l’Istat, della crescita del settore terziario che ha spinto il Pil, mentre industria e agricoltura, silvicoltura e pesca hanno dato contributi negativi.
La manifattura con 14 mesi consecutivi di produzione industriale in calo, interrotti a maggio con una piccola ripresa, è il problema dell’economia nazionale che non poteva che pesare sulle dinamiche del Pil nazionale. Anche perché gran parte della manifattura nazionale, specie quella del Nord Italia, è legata a doppio filo a quella tedesca e se questa da quasi un anno galleggia tra fasi di recessione e di crescita stentata, non c’è da stare troppo sereni, così come testimonia l’andamento dell’indice RTT elaborato da Confindustria sulla base delle fatture elettroniche emesse dal comparto manufatturiero che evidenzia a giugno un sostanzioso calo (-1,6%).
In Germania la situazione è particolarmente difficile, con un trimestre in calo che arriva dopo uno di leggera ripresa e due di calo, con conseguente recessione tecnica, scenario che potrebbe ricomparire a settembre perché le previsioni degli statistici tedeschi di Destatis vedono una crescita ancora in rosso anche nel terzo trimestre 2024.
La Germania è il paese che paga più di tutti il forte aumento del costo dell’energia dopo decenni di forniture di gas russo a prezzo agevolato – in barba al mercato unico europeo – e all’abbondanza di materie prime anch’esse a basso costo, oltre a un mercato di sbocco cinese insaziabile di “Made in Germany”, specie dei settori dell’auto di lusso che oggi è invece in crisi sotto la spada di Damocle dei dazi europei alle importazioni di auto elettriche cinesi.
C’è poi l’andamento dell’inflazione che in Italia ha registrato un piccolo rialzo sotto la spinta delle quotazioni internazionali dei prodotti energetici, pur rimanendo entro livelli di sicurezza, all’1,5%. Diversamente, in Germania l’inflazione è molto più alta con la risalita al 2,3% su base annua a luglio.
Per i responsabili delle indagini Ifo, l’indice molto seguito dai mercati finanziari, l’economia tedesca «è bloccata dalla crisi» e anche nel terzo trimestre «non si attende molto probabilmente alcun miglioramento, soprattutto nel settore dell’industria».
Rimanendo tra i grandi dell’Euroarea, continua invece a correre la Spagna (+0,8% che spinge il Pil su base annua al +2,9%), e procede la Francia (+0,3%, oltre le attese).
L’andamento irregolare della crescita nell’Eurozona è un altro elemento che complica la vita alla Banca centrale europea, chiamata a settembre a decidere se procedere o meno con un nuovo taglio dei tassi: l’economia vivace in diversi Paesi potrebbe allontanare la necessità di un calo del costo del denaro. Anche se le pressioni dalla Germania ad allentare i cordoni dei tassi per rilanciare l’economia questa volta potrebbe avere la meglio. Anche perché uno scenario di Unione europea in stagnazione non è affatto da trascurare, cosa che sarebbe un’autentica iattura, anche per un’Italia che sta meglio di altri, ma con il debito pubblico che ha, con una procedura di infrazione per deficit eccessivo e una spesa pubblica che non si riesce ad arginare, la “manovra” di bilancio 2025 si presenta alquanto in salita.
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