L’inflazione a gennaio 2023 scende al 10% grazie al calo dell’energia: l’Istat lima la stima preliminare (era al 10,1%) confermando, nonostante il dato resti ancora a due cifre, il «netto rallentamento» dei prezzi al consumo, che a dicembre scorso avevano segnato +11,6% annuo, dopo il picco di +11,8% raggiunto a ottobre e novembre. Su base mensile l’aumento si ferma allo 0,1% (+0,2% la stima preliminare).
Rallenta la corsa anche il carrello della spesa: la dinamica dei prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona, si attesta infatti a +12% dal +12,6% del mese precedente (+12,2% la stima). Un dato che comunque resta alto e tiene imprese e consumatori in allarme. La discesa dell’inflazione risente dell’andamento delle componenti più volatili dell’indice e si deve principalmente all’inversione di tendenza dei beni energeticiregolamentati (che a gennaio segnano -12,0% annuo da +70,2% di dicembre), in altre parole al calo delle tariffeper l’energia elettrica a mercato tutelato e il gas per uso domestico. In misura decisamente minore, sulla flessione incidono gli energetici non regolamentati (passati da +63,3% a +59,3%), ovvero i prezzi che vanno dai carburanti a gas e luce a mercato libero.
Restano diffuse le tensioni sui prezzi al consumo di diverse categorie di prodotti, tra cui gli alimentari lavorati(+14,9% annuo). Le famiglie continuano a subire l’impatto del caro–vita e la stangata sui portafogli è ancorapesante: almeno 2.900 euro in più l’anno, calcolano le associazioni dei consumatori.
«Il ribasso dell’inflazione è una mera illusione ottica dovuta al forte calo dei prezzi dei beni energetici regolamentati. La strada per riportare i listini alla normalità è purtroppo ancora lunga», sottolinea il Codacons.
Secondo l’Osservatorio nazionale Federconsumatori, per cercare di far quadrare i bilanci familiari, da un lato, si taglia sull’acquisto dei cibi più costosi e si riduce il consumo di carne e pesce (-16,9%), ma anche di frutta e verdura (scelta che riguarda il 12,9% dei cittadini) e, dall’altro, è sempre più caccia a sconti e offerte e pure ai prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 47% dei cittadini).
«L’emergenza prezzi non è ancora superata. Il ribasso registrato a gennaio è un rimbalzo tecnico», afferma anche Assoutenti. L’andamento non è uniforme neppure a livello territoriale.
L’inflazione più marcata, indica ancora l’Istat, si registra infatti nelle Isole (+11,7%), a cui segue il NordOvest(+10,0%), mentre tassi inferiori alla media nazionale si ritrovano nel Sud (+9,9%), nel NordEst (+9,7%) e nel Centro (+9,6%).
Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni con più di 150.000 abitanti, la più elevatasi osserva a Catania (+12,6%), Genova (+11,8%) e Palermo (+11,7%). Se si guarda però alle città più care, in termini di costo della vita, la classifica stilata dall’Unione nazionale consumatori vede in testa Bolzano, seguita da Milano e Genova. I rincari per una famiglia di tre persone toccano i 3.600 euro annui.
Comunque, l’inflazione scende leggermente, ma si rafforza oltre ai comparti energia e alimentari, che finora avevano guidato la cavalcata dei prezzi. In Italia la cosiddetta inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +5,8% a +6% a gennaio. Mentre in Germania è passata da +5,2% a +5,6%. La fiammata dei prezzi sta allargandosi all’intera economia.
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