Preoccupazione delle organizzazioni consumeristiche. Confcommercio: “scenario ancora incerto». Federdistribuzione: «i segnali ad inizio 2018 sono ancora negativi»
L’economia italiana ha ancora la febbre e l’andamento dell’inflazione a dicembre ne è la puntuale conferma, con l’indice in leggero calo, ponendosi al livello più basso da dicembre 2016. Secondo la rilevazione Istat, a gennaio 2018 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,2% su base mensile e dello 0,8% su base annua.
La lieve frenata rispetto a dicembre (era a +0,9% tendenziale) si deve per lo più al rallentamento della crescita dei prezzi degli alimentari non lavorati (+0,1% annuo a fronte di +2,4% a dicembre 2017), dei beni energetici non regolamentati e dei servizi relativi ai trasporti. A gennaio i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, quelli che riguardano il cosiddetto carrello della spesa, aumentano dell’1% su base mensile e dell’1,2% su base annua con un rallentamento su base tendenziale (era +1,3% a dicembre 2017).
«In prospettiva, ci aspettiamo che l’inflazione possa calare marginalmente, di uno o due decimi, nei prossimi tre mesi, prima di riprendere a salire a partire dal mese di maggio – commenta Paolo Mameli, senior economist della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo -. L’effetto-base sull’energia potrebbe spingere l’Inflazione annua negli ultimi mesi dell’anno molto vicina al 2%. In pratica, siamo vicini all’inizio di un trend di ripresa per l’inflazione, che pare già incorporato nelle attese degli operatori economici».
Le associazioni consumeristiche hanno fatto i conti in tasca: per il Codacons «l’inflazione allo 0,8% si traduce in una maggiore spesa pari a 242 euro annui per la famiglia tipo. Un rallentamento evidente rispetto ai dati del 2017 che tuttavia vede ancora forti rincari per il settore dell’abitazione, i cui prezzi a gennaio segnano un incremento del 2,5%, e per quello dei trasporti (+1,6%)».
Per l’Ufficio studi di Confcommercio «la contenuta crescita registrata a gennaio, con il conseguente appiattimento del profilo dell’inflazione tendenziale, è un dato che non sorprende ma, in assenza di elementi di particolare tensione, rende difficile stabilire se in questo scenario sia da privilegiare l’interpretazione positiva della bassa inflazione che sostiene i redditi o se debbano prevalere le preoccupazioni sulla debolezza dei consumi. Tuttavia, la presenza di un quadro inflazionistico moderato anche nel complesso dell’eurozona conferma le attese di un’uscita lenta e cauta dalla fase dei bassi di tassi d’interesse, condizione che agevola le decisioni d’investimento delle imprese, sempre che emerga una genuina domanda di accumulazione di capitale produttivo».
Scettica anche Federdistribuzione: «questa contenuta variazione dei prezzi, se da un lato contribuisce a tutelare il potere d’acquisto delle famiglie, dall’altro testimonia un Paese nel quale la ripresa dei consumi non è ancora in grado di sostenere una “sana” crescita dei prezzi dovuta a una domanda forte che stimoli l’offerta e che ci avvicini a quel 2% obiettivo della Bce – afferma il presidente Giovanni Cobolli Gigli -. I dati Istat delle vendite al dettaglio ci raccontano infatti un 2017 che si chiuderà con una crescita a valore di pochi decimi di punto (siamo a +0,2% nei primi 11 mesi), dopo un 2016 chiuso a +0,1%. I segnali che abbiamo per l’avvio del 2018 sono inoltre negativi, pur essendo un periodo di saldi, a conferma di un percorso di uscita dalla crisi che, per quanto riguarda i consumi, ancora non si presenta diffuso su tutte le tipologie di acquisto dei consumatori, ma è concentrato su alcune, quali automobili, ristorazione, servizi, tempo libero e ricreazione».