Secondo il rapporto Analisi dei settori industriali realizzato da Intesa Sanpaolo con Prometeia, a partire da maggio 2020, al termine della prima fase dell’emergenza sanitaria, l’industria italiana ha registrato un significativo rimbalzo, più intenso di quello osservato in altre fasi cicliche. La recrudescenza dell’ondatapandemica nei mesi autunnali ha sottoposto il manifatturiero a nuove pressioni ma senza intaccare il sentiero di recupero.
Spinte di ripresa sono giunte sia dal mercato interno sia dai mercati internazionali, dove le esportazioni italiane (-8.8% a prezzi costanti nel 2020) hanno registrato una migliore capacità di tenuta nel confronto con Germania (-9.1%) e Francia (-16%).
Il confinamento di marzo-aprile ha lasciato un’eredità pesante, con una perdita di fatturato manifatturieronell’intero 2020 pari a 90 miliardi di euro circa, per un calo tendenziale del 9,3% a prezzi costanti, ma inferiore alle attese e soprattutto alla flessione subita durante la recessione mondiale del 2009 (-16%).
La reattività del tessuto produttivo è frutto del rafforzamento competitivo dell’ultimo decennio
Il decennio 2010-19, che include gli effetti della crisi dei debiti sovrani in Europa, oltre a quelli della recessione globale del 2009, è stato protagonista di un processo di selezione e trasformazione dell’industria italiana, che presentava diversi elementi di fragilità.
La bassa crescita della domanda, con consumi stagnanti rispetto alla media europea e l’accumulo di un significativo gap in termini di investimenti, ha spinto fuori dal mercato le realtà meno competitive e fatto emergere, al contempo, un nucleo di imprese più dinamiche, che ha consentito al manifatturiero italiano di riappropriarsi di un ruolo di primo piano nello scenario globale.
Grazie a un progressivo radicamento sui mercati strategici, quale risposta alla debolezza del mercato interno, e alla crescente specializzazione in settori a medio-alto contenuto tecnologico, la propensione all’export dell’industria italiana è passata dal 36% del 2010 al 48% del 2019, spingendo il saldo commerciale manifatturiero – al netto della bolletta energetica – su livelli record, superiori ai 100 miliardi di euro (oltre 70 miliardi in più nell’arco di dieci anni). Un risultato che garantisce all’Italia un piazzamento nell’Eurozona secondo solo alla Germania, e che si è confermato vincente per agganciare rapidamente la ripresa anche in un anno difficile come il 2020.
I livelli pre-Covid saranno recuperati nel 2021 a prezzi correnti e ad inizio di 2022 a prezzi costanti
Il 2021 si è aperto con prospettive di rafforzamento dei livelli di attività del manifatturiero italiano. Gli indicatori anticipatori sono concordi nel tracciare un sentiero di risalita degli ordini, più intensa nella seconda parte dell’anno: a partire dal terzo trimestre potranno dispiegarsi con maggior forza gli effetti della campagna vaccinale, favorendo la normalizzazione dell’attività interna e mondiale. Quest’ultima sconta ancora spinte di ripresa asimmetriche, con Asia e Stati Uniti che guidano il recupero e paesi europei in ritardo sul ciclo economico e con una intensità della ripresa meno vigorosa.
La spinta inflativa, che riflette i recenti rincari sul fronte delle quotazioni delle materie prime industriali, comporterà, a fine anno, un completo assorbimento del gap accumulato sui livelli di fatturato pre-Covid, a prezzi correnti, e il sorpasso della soglia di 1000 miliardi di euro nel 2022 (oltre 70 miliardi in più del 2019), cui contribuiranno anche l’accelerazione della ripresa interna e un ritrovato dinamismo degli scambi mondiali.
A prezzi costanti, invece, il recupero 2021 sarà ancora parziale (-1.7%), fatta eccezione per alcuni settori meno intaccati dalla crisi (Farmaceutica, Alimentare e bevande) o in recupero più intenso della media (Prodotti e materiali da costruzione, Elettrodomestici).
Gli investimenti saranno il principale volano di crescita e di recupero di efficienza nel medio termine
Il ciclo degli investimenti avrà un ruolo cruciale nell’accelerare la ripresa dell’industria italiana, grazie al supporto dei fondi “Next Generation EU” e al loro impiego attraverso le linee guida dettate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), esercitando un effetto traino sul fatturato manifatturiero lungo l’intero orizzonte al 2025 (+2.6% in media d’anno nel 2023-25, a prezzi costanti).
Gli investimenti pubblici, in particolare nelle costruzioni, dove l’Italia ha accumulato il gap più ampio nei confronti dei concorrenti europei, potranno tornare protagonisti accanto agli investimenti privati, dove il divario accumulato è minore, grazie all’azione mirata del sistema incentivante introdotto nel 2016 (Piano Industria 4.0, più volte rimodulato), sostenendo la transizione del manifatturiero italiano verso gli obiettivi sfidanti di una maggiore innovazione, della trasformazione digitale e della transizione ambientale.
L’Italia presenta ancora un gap nel digitale, che i fondi del PNRR contribuiranno a rimuovere
Dalle indagini europee, che fotografano l’evoluzione più recente delle imprese sul fronte degli investimenti digitali, emerge l’immagine di un manifatturiero italiano pre-Covid ben posizionato nella digitalizzazione dei processi produttivi (e.g. cloud, simulazione, robotica, IoT, intelligenza artificiale), in tutti i settori, in particolare nell’Elettronica, nella Meccanica/Elettrotecnica e nella filiera dei metalli, ma anche nelle specializzazioni più tradizionali del Made in Italy, come l’Alimentare e bevande.
Resta un gap da colmare nella digitalizzazione dei servizi di vendita (e-commerce, utilizzo di website strutturati), negli aspetti infrastrutturali (fibra ottica, 5G) e nelle competenze ICT interne alle aziende, che in parte potrebbe essere stato assorbito durante la crisi, per far fronte a un mercato sempre meno fisico e più on-line.
Nuovi impulsi potranno giungere dal PNRR, nel rimuovere alcuni ostacoli all’investimento incontrati in passato, soprattutto dalle piccole e medie imprese, ad oggi più in ritardo nell’abbracciare le soluzioni digitali di frontiera.
La transizione verso un’economia più digitalizzata e sostenibile offrirà opportunità di rafforzamento della crescita all’intera filiera manifatturiera
I settori che potranno avvantaggiarsi di tassi di crescita più dinamici nel quinquennio 2021-25 sono Elettronica (+6.6% in media d’anno, in termini di fatturato a prezzi costanti), Meccanica (+6%), Autoveicoli e moto (+6%), ed Elettrotecnica (+5.8%) ovvero le specializzazioni produttive più direttamente interessate dalla prevista accelerazione del ciclo degli investimenti, con effetti a cascata sui settori posizionati a monte della catena del valore (Prodotti in metallo +5%, Metallurgia +3.9%), che beneficeranno, al contempo, del traino del ciclo edilizio.
Il sostegno delle costruzioni sarà visibile anche sui Prodotti e materiali da costruzione (+4.2% in media d’anno nel 2021-25) e sui Mobili (+4%), sommandosi, nel caso di questi ultimi, a un contributo determinante del canale estero e dei consumi interni legati al comfort domestico, che potranno divenire un trend strutturale anche post pandemia, agevolati dagli incentivi legati alle ristrutturazioni edilizie. Gli Elettrodomestici, invece, in recupero nel periodo di crisi, torneranno a registrare tassi di crescita più moderati lungo l’orizzonte di previsione (+1.9%).
Sopra la media l’evoluzione stimata per il Sistema moda (+5.1%), che vede la crescita del 2021-22 accelerata dal rimbalzo statistico dai minimi toccati nel 2020, a fronte di condizioni di domanda ancora fragili, soprattutto sul mercato interno, che favoriranno un aumento dell’import penetration.
Un buon dinamismo caratterizzerà anche il Largo consumo (+3.1% in media d’anno nel 2021-25), che potrà beneficiare di una ripresa della cosmesi (anche sui mercati esteri), penalizzata dal crollo imposto dalla pandemia (in particolare nella cosmetica professionale), oltre che da una domanda di prodotti per la detergenza che resterà trainante anche col superamento dell’emergenza sanitaria.
Gli Altri intermedi (+2.9%) e gli Intermedi chimici (+2.6%), invece, potranno gradualmente tornare a crescere in linea con le medie di lungo periodo, da qui al 2025, esaurito il sostegno del processo di ricostituzione delle scorte nei settori a valle della filiera.
Nella parte bassa della graduatoria 2021-25 si posizionano, infine, i settori meno colpiti dalla crisi 2020, quali Farmaceutica e Alimentare e bevande che, pur accelerando, mostreranno ritmi di crescita attorno al 2% in media d’anno.
Uno stimolo agli investimenti giungerà anche dalle risorse finanziarie interne alle imprese
La ripresa dell’attività produttiva nella seconda metà dello scorso anno, i provvedimenti di sostegno alla liquidità delle imprese e una situazione di maggior solidità finanziaria che caratterizzava il settore manifatturiero nella fase pre-Covid, sono stimati aver calmierato l’impatto della crisi 2020 sui bilanci aziendali, contenendo le situazioni di squilibrio economico-finanziario rispetto a quanto avvenuto nel periodo 2009-13.
Gli effetti del processo di rafforzamento del tessuto produttivo italiano sono visibili anche dalla lettura dei bilanci internazionali, che evidenzia come la severa selezione e le trasformazioni dell’ultimo decennio abbiano reso il nostro manifatturiero più robusto e simile ai peer europei, in particolare nel segmento delle aziende medie e grandi, sia sul fronte delle strutture patrimoniali che delle condizioni di redditività.
Le stime incorporano un calo moderato della marginalità 2020 (-0.7%, verso un Mol dell’8.3%) e una perdita di redditività più che proporzionale alla discesa dei margini (con un Roi al 5.1%, circa due punti sotto il livello 2019), derivante anche da una minore efficienza nello sfruttamento del capitale investito. I prezzi di alcune materie prime si manterranno su livelli strutturalmente elevati nei prossimi anni (nonostante il rientro atteso dai picchi del 2021), sostenuti dai piani di rilancio dell’economia implementati a livello mondiale, esercitando una pressione al ribasso sui margini delle imprese e sulla redditività, che potranno recuperare gradualmente lungo il periodo di previsione al 2025.
Contestualmente, si assisterà a una situazione di progressivo ritorno in equilibrio finanziario delle imprese, dopo l’aumento del grado di indebitamento legato alla fase più critica dell’emergenza Covid, che unito al recupero di migliori condizioni di autofinanziamento, costituirà un importante stimolo alla realizzazione dei piani di investimento.
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