La vita lavorativa e previdenziale dei giornalisti italiani è sempre più dura, ma non per i vertici dell’istituto di previdenza, l’Inpgi, che dopo la confluenza dei giornalisti lavoratori dipendenti traghettati a giugno 2022 nell’ampia pancia dell’Inps dopo avere quasi mandato in fallimento il proprio istituto, è rimasto a “curare” gli interessi pensionistici dei soli giornalisti lavoratori autonomi e Co.Co.Co., che ormai costituiscono la colonna portante della professione con la crescita degli iscritti dell’1% a 46.870 a fine 2023, ma gli attivi sono solo circa 26.500 tra liberi professionisti e Co.Co.Co.
A pesare sulle future pensioni degli iscritti Inpgi la ridotta redditività della professione, compressa tra la corsa al ribasso delle remunerazioni riconosciute dagli editori e la concorrenza sleale di tanti giornalisti dipendenti già pensionati con pensioni spesso retributive riccamente liquidate, magari pure con qualche scivolo agevolativo che ha contribuito a scassare i conti dell’ex gestione principale dell’Inpgi, che ammazzano la noia, invece di andare ai giardinetti, facendo concorrenza a coloro che la pagnotta se la devono conquistare ogni giorno, senza il paracadute della pensione. Di fatto, la media dei redditi dei giornalisti liberi professionisti è stata di 17.000 euro lordi annui, mentre per i collaboratori è stata di 10.000 euro lordi annui.
A differenza dell’ex gestione principale Inpgi traghettata nell’Inps, il “nuovo” Inpgi nato sulle ceneri dell’Inpgi 2 non ha problemi di sostenibilità finanziaria, forte di un patrimonio di oltre 700 milioni di euro, un saldo previdenziale positivo e un rapporto tra contribuenti e pensionati di 20,67. Stride solo il livello medio delle prestazioni pensionistiche erogate, che mediamente s’aggirano a 2.263 euro. All’anno, lordi ovviamente. Non è un errore: è proprio così, perché con il calcolo contributivo delle pensioni a fronte di redditi bassi corrispondono contributi previdenziali altrettanto bassi (il 14% della retribuzione lorda contro il 30% medio della gestione dei lavoratori dipendenti) che generano montanti pensionistici estremamente magri.
Se i giornalisti lavoratori autonomi avranno pensioni letteralmente da fame, chi se la passa decisamente meglio sono i vertici della macchina Inpgi, con il presidente Marina Macelloni – giornalista dipendente de “il Sole 24 Ore” ereditata dalla gestione principale dell’Inpgi -che incassa un’indennità di mandato di 230.000 euro lordi all’anno, oltre a 10.000 euro di rimborsi spese, mentre il direttore generale Mimma Iorio, in carica ormai da 11 anni, incassa una retribuzione per 253.223 euro, ai quali si sommano 84.785 di contributi previdenziali e assistenziali e altri 20.113 di accantonamento per il trattamento di fine rapporto, per un costo totale aziendale lordo di oltre 358.000 euro. Quasi 30.000 euro lordi mensili, lo stipendio medio di tre anni di un giornalista Co.Co.Co. iscritto allo stesso Inpgi che con i suoi magri contributi previdenziali contribuisce a pagare i costi di funzionamento della “macchina” Inpgi che va messa a ferrea dieta e con una retribuzione parametrata ai risultati economici conseguiti a favore dei giornalisti assicurati.
Per rimanere sempre aggiornati con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano” e “Dario d’Italia”, iscrivetevi al canale Telegram per non perdere i lanci e consultate i canali social della Testata.
Telegram
https://www.linkedin.com/company/ilnordestquotidiano/
https://www.facebook.com/ilnordestquotidian/
X
https://twitter.com/nestquotidiano
© Riproduzione Riservata