Sale quota spese obbligate: consumi inderogabili al 41%, volano servizi e scendono beni
Redditi che ormai giacciono ai livelli di 30 anni fa e sempre meno soldi da spendere a proprio piacimento. L’ennesima fotografia della crisi arriva dalla Confcommercio, che nella “Nota di aggiornamento” al rapporto sui consumi, insieme alla conferma della vera e propria palude in cui la crisi ha gettato il Paese, offre una chiave di lettura diversa, quella dei consumi “obbligati” (casa, trasporti, sanità, che ormai “mangiano” il 41% del reddito delle famiglie, lasciando appena 10.900 euro da spendere sul mercato.
Il dato di partenza resta quello della difficoltà di arrivare a fine mese: il reddito disponibile delle famiglie italiane infatti fermo ai livelli di 30 anni fa. Nel 2014 il reddito stato pari a 17.400 euro (come il 2013), mentre nel 1986 era pari a 17.200 euro. Nel 2013, in particolare, la spesa delle famiglie ha registrato una flessione del 2,5%, con una contrazione del 7,6% in otto anni, durante i quali il reddito disponibile reale pro capite sceso del 13,1%, pari a un ammontare di 2.590 euro a testa. Confcommercio sottolinea come sia in atto una vera e propria “terziarizzazione” dei consumi: le famiglie sono costrette sempre più a privilegiare i servizi rispetto ai beni. I primi coprono ormai il 53% della spesa totale (dal 41,8% del 1992), mentre i secondi sono precipitati dal 58,2 al 47%. Non solo: i consumi cosiddetti “obbligati” (dalla casa alla benzina, dall’assicurazione alla sanità coprono ormai il 41% del totale, quindi la cifra che ogni famiglia ha a disposizione per tutto il resto, e su cui ha pertanto libertdi scelta, si ridotta a 10.900 euro, dai 14.300 del 1992. Per la casa, per esempio, si passati dal 17,1% al 23,9% del totale. Questo vuol dire, in sostanza, che la spesa ha subito importanti modifiche: nel 2013 si speso meno per i pasti in casa e fuori casa (-4,1%) e in particolare per l’alimentazione domestica (-4,6%), i viaggi e le vacanze (-3,8%) e la cura del se la salute (-3,5%), al cui interno si registrata la netta flessione della spesa per l’abbigliamento e le calzature (-6,3%).
Allarmati i commenti delle associazioni dei consumatori. Il Codacons parla di «emergenza consumi, con effetti a catena sul commercio, sulle imprese, sull’occupazione e sull’economia nazionale», da combattere con un apposito decreto “salva-consumi”, ossia un provvedimento contenente misure specifiche non solo per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie, ma anche per incentivare gli acquisti in tutti i settori. Anche Federconsumatori e Adusbef, che concordano sui numeri, chiedono al Governo «misure di rilancio immediate, a partire da un piano straordinario per il lavoro».
Per Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio, «le imprese italiane, soprattutto quelle che vivono di domanda interna, stanno attraversando una fase delicatissima: pressione fiscale da record mondiale, un clima di fiducia di nuovo in calo, redditi che sono tornati ai livelli di 30 anni fa, banche poco coraggiose nell’erogazione del credito. Per non parlare della complessità della burocrazia». Secondo Sangalli «in questo quadro un ulteriore freno alla ripartenza dei consumi certamente viene dall’aumento sensibile delle cosiddette spese obbligate, abitazione, trasporti, sanità, assicurazione, che hanno raggiunto il 41% del totale della spesa delle famiglie. Anche questo è un record assoluto. E i prezzi di queste spese obbligate sono cresciuti moltissimo soprattutto perché questi settori non sono del tutto liberalizzati. Con una ripresa ancora troppo fragile, incerta, contraddittoria, la parola d’ordine dell’impegno governativo deve essere la crescita per scongiurare definitivamente l’ipotesi di una manovra correttiva e per dare una mano concreta, tangibile e immediata alle imprese e alle famiglie».
Non solo: Sangalli si sofferma sul «bonus degli 80 euro, che deve riguardare tutti i lavoratori, compresi gli indipendenti finora ingiustamente esclusi, e il decreto “Sblocca Italia” vanno certamente nella giusta direzione ma hanno bisogno di ulteriori e urgenti impulsi. Secondo noi la priorità assoluta resta la riduzione delle tasse secondo un percorso certo, graduale e sostenibile. Solo così si potrà ritornare a crescere, investire, a creare nuove possibilità di occupazione e a restituire un po’ di futuro alle giovani generazioni. Il problema reale di questo paese è la debolezza strutturale della domanda».