In Italia il rallentamento del mercato, in particolare dei privati, rallenta il rinnovo del parco. Chiesti interventi per tagliare l’eccessivo peso fiscale che grava soprattutto sull’auto aziendale.
Il I trimestre 2018 per l’automobile in Europa si chiude all’insegna del segno negativo, con un mese di marzo che torna in flessione (-5,2%), dopo 3 mesi. Secondo i dati diffusi dall’ACEA, l’Associazione dei costruttori europei, le vendite in Europa (EU28+Efta) nel mese di marzo 2018 sono state 1.836.960 contro le 1.937.984 dello stesso mese dello scorso anno. Il primo trimestre, quindi, totalizza 4.282.134 vendite, mantenendo un leggero segno positivo (+0,6%) rispetto ai 4.256.637 del periodo gennaio – marzo 2017.
Il trimestre si chiude con 21 Paesi in territorio positivo, tra i quali 3 dei principali mercati: Germania (+4%), Francia (+2,9%) e Spagna (+10,5%). La Gran Bretagna, continua nella flessione già evidenziata nel 2017, confrontandosi comunque con 6 anni consecutivi di crescite. In Italia il mercato rallenta nel primo quarto dell’anno, quando si registra mediamente il 29% dell’immatricolato annuo, pur mantenendo un trend in linea con le previsioni d’inizio anno che proietta un risultato comunque sotto la soglia dei due milioni a fine anno.
«Il rallentamento del mercato, in particolare quello italiano, si traduce in un rallentamento del rinnovo del parco circolante. In Italia circa il 48% delle vendite fa ruotare vetture con meno di tre anni di anzianità (canali società e noleggio) – è come se vendessimo le auto sempre alle stesse persone – il restante 52% va in sostituzione di vetture più vecchie comunque con una velocità di smaltimento del parco ante Euro 3 (quindi con oltre 17 anni di anzianità) troppo lenta» ha affermato Romano Valente, direttore generale dell’UNRAE, l’Associazione delle case automobilistiche estere attive in Italia.
Dalla constatazione di come il mercato “giri” troppo lentamente, Valente trae l’auspicio che « il nuovo esecutivo ascolti le voci della filiera per trovare, insieme, le soluzioni possibili, per intraprendere un percorso virtuoso che attraverso lo smaltimento del parco anziano consenta di immettere vetture tecnologicamente avanzate nel mercato ed accelerare il raggiungimento degli obiettivi previsti dall’Europa». E uno dei provvedimenti più attesi dall’economia nazionale sarebbe quello di equiparare il regime dell’auto aziendale italiana a quello vigente negli altri grandi paesi europei (ammortamento e deduzione dei costi al 100% del prezzo d’acquisto), cosa che comporterebbe, secondo alcune stime, l’introduzione di circa 300.000 veicoli nuovi ogni anno.
Intanto, in Italia prosegue il fenomeno delle autoimmatricolazioni (quello delle “km0”) che hanno come unica finalità tenere alto l’immatricolato, mentre poi ingolfa le vendite finali ai consumatori.
Nel I trimestre 2018, le vendite di auto diesel nei principali mercati europei (circa 1,2 milioni di unità) si riducono del 18% con una quota, sul volume complessivo delle vendite dei 5 paesi, che scende al 39%, 8 punti in meno della quota realizzata a gennaio-marzo 2017 (47%). Dall’analisi emergono alcune tendenze che riguardano i mercati europei più grandi: calo delle vendite di auto diesel e diminuzione del loro valore residuo, che inevitabilmente influiscono sulle scelte dei consumatori sempre più incerti e disorientati anche per la campagna di demonizzazione delle auto diesel, incluse quelle di ultima generazione; aumento delle emissioni medie complessive di CO2 delle nuove auto vendute, causato dall’aumento delle vendite di auto a benzina e dalla riduzione di quelle diesel, nonostante che le auto diesel abbiano livelli emissivi di CO2 più contenuti rispetto alle auto a benzina, fondamentali al raggiungimento degli obiettivi comunitari del 2021; aumento delle auto vendute ad alimentazione alternativa, che per il mercato delle elettriche o delle ibride plug-in necessita di un sostegno finanziario pubblico significativo come contributo all’acquisto; orientamento dei consumatori verso i SUV, che anche nelle versioni piccole e compatte hanno una massa maggiore rispetto alle auto dei segmenti B o C e anche la massa influisce sulla quantità di emissioni.
Guardando ai singoli mercati europei, quello più importante è la Germania dove le immatricolazioni di marzo sono state 347.433 con un calo del 3,4%, ma con due giorni lavorati in meno che complessivamente valgono circa il 9% del risultato mensile. Ne consegue che la domanda di autovetture continua ad essere ben intonata tanto ché il risultato ottenuto nell’intero primo trimestre (878.611 vetture) è il migliore registrato dal 2000. Proprio in Germania però potrebbe essere cominciato l’effetto della “demonizzazione del diesel”, con le immatricolazioni di auto diesel sono diminuite nel I trimestre del 21% a vantaggio soprattutto delle versioni a benzina.
Tra i “grandi” spicca in marzo il risultato della Spagna che, nonostante due giorni lavorati in meno (che valgono circa il 9% del dato mensile), cresce del 2,1% e porta l’incremento del primo trimestre al 10,5% con tutti i canali di vendita in crescita. Bene anche il mercato francese che, a parità di giorni lavorati, cresce del 2,2% in marzo e del 2,9% nel primo trimestre.