A causa delle restrizioni alla mobilità introdotte in queste ultime settimane per l’emergenza Coronavirus, il problema del deficit infrastrutturale in Italia è svanito del tutto. Ma, con il ritorno alla normalità, le code di auto e di Tirlungo le strade delle città e fuori città si riformeranno in un batter d’occhio.
Un problema, stando ai dati della Commissione europea, che obbliga gli italiani a rimanere bloccati nel traffico per quasi 38 ore all’anno, praticamente una settimana di lavoro; nell’Europa a 27 solo Malta e Belgio registrano una situazione peggiore di quella italiana.
Rispetto ai principali Paesi europei il gap del Belpaese è significativo: se in Olanda si rimane congestionati per 32 ore all’anno, in Francia e Germania si scende attorno a 30 e in Spagna a poco più di 26. La media UE si attesta a 30,4 ore.
Le lunghe code che angosciano ogni giorno i frequentatori della rete stradale italiana sono riconducibili, in particolar modo, a due cause: la prima dovuta all’insufficienza del numero di mezzi pubblici in circolazione nelle città (bus, tram, metro, treni, etc.) che costringe tantissimi pendolari ad usare i mezzi privati; la seconda è ascrivibile al grave deficit infrastrutturale che caratterizza l’Italietta, gran parte dovuto anche alla legge 492 del 1975 che fino agli anni 2000 ha bloccato la realizzazione di nuove autostrade. Blocco i cui effetti si ripercuotono anche oggi.
«Secondo i dati del ministero dei Trasporti, il deficit di competitività del sistema logistico–infrastrutturale italiano costa all’economia del Paese 40 miliardi di euro all’anno – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo -. Anche per questa ragione è necessario che il Governo, a seguito della grave recessione economica che si è abbattuta in queste ultime settimane, investa quanto prima in un piano nazionale per la realizzazione delle opere pubbliche che permetta di ammodernare il Paese, di renderlo più competitivo e, soprattutto, di imprimere una forte scossa positiva alla domanda interna».
I risultati che emergono dai confronti tra l’Italia e i principali Paesi europei in tema di deficit infrastrutturale sono impietosi e dimostrano la necessità di intervenire quanto prima, ad iniziare da quella decina le grandi opere che, pur disponendo dei finanziamenti, non hanno ancora visto iniziare i lavori. Alcune di queste infrastrutture strategiche ancora ferme ai blocchi di partenza che interessano in particolare il NordEst sono la Tav Torino-Lione (8,6 miliardi di euro); la Gronda di Genova (5 miliardi di euro); la ferrovia Av Verona-Padova IRICAV 2 (4,9 miliardi di euro); l’Autostrada Pedemontana Lombarda (2 miliardi di euro) e l’Autostrada regionale Cispadana (1,3 miliardi di euro).
L’auspicio, secondo la Cgia, è che il “modello Genova” – adottato per la ricostruzione del ponte sopra il Polcevera – venga esteso a tutte le principali grandi opere già finanziate ma non ancora avviate, attraverso la tanto agognata nomina dei commissari per superare l’enorme peso delle pastoie burocratiche che gravano sull’avvio e sulla gestione dei cantieri.
Anche l’opinione dei grandi manager internazionali conferma lo stato di arretratezza logistico/infrastrutturale dell’Italia. Dall’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia su dati del World Economic Forum (WEF), tra i 10 Paesi europei più importanti presi in esame, l’Italia si colloca sempre in fondo alla graduatoria per qualità/efficienza del sistema infrastrutturale. In particolare per qualità delle strade, per efficienza dei servizi ferroviari, per la copertura della lineainternet veloce, rispetto alla Germania, che è il principale competitor in campo economico, l’Italia sconta un gap del 22%per la qualità delle strade; del 19% per l’efficienza dei servizi ferroviari; del 178% per la copertura della linea internet ultraveloce.
Non solo grandi infrastrutture materiali ed immateriali: l’Italia per ripartire e risalire la china della competitività internazionale ha bisogno di portare a termine moltissimi interventi “minori” indispensabili per la messa in sicurezza di tanti cittadini, di moltissime aree urbane grandi e piccole. Interventi che potrebbero dare una grossa mano alla ripresadella domanda interna.
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