Il 13% delle famiglie italiane ritiene il reddito insufficiente per le necessità primarie

Il dato, secondo Nomisma, sale a ben il 45% di quelle che ce la fa appena. Secondo Unimpresa è boom del lavoro povero.

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L’aumento del costo della vita avvenuto nell’ultimo anno a causa dell’impennata dei prezzi di beni e servizi sta mettendo a dura prova le finanze delle famiglie italiane. È quanto emerge dall’Osservatorio Sguardi Familiari” di Nomisma, un nuovo cantiere avviato lo scorso agosto dal gruppo di lavoro multidisciplinare coordinatodall’economista Marco Marcatili e dal sociologo Massimiliano Colombi con l’intento di indagare le fragilitàeconomichesociali e relazionali delle famiglie italiane, oltre che le tipologie familiari più colpite e a rischio sociale.

Dai risultati della ricerca si evidenzia che il 13% delle famiglie italiane ritiene il proprio reddito insufficiente a far fronte alle necessità primarie, vale a dire alle spese irrinunciabili come i generi alimentari, oppure le spese legate alla casa come l’affitto, il mutuo, le bollette, ecc. A questo gruppo di famiglie, che potrebbe definire “compromesse”, si aggiunge un altro contingente numeroso (il 43% delle famiglie intervistate) che valuta la propria condizione reddituale appena sufficiente a far fronte a tali spese, in una sorta di equilibrio precario che potrebbe essere messo a rischio da un evento imprevisto anche di modesta portata.

Eppure, dal mercato del lavoro, continuano a giungere notizie e dati positivi con un tasso di occupazione ai massimi storici e un livello di disoccupazione molto contenuto, elementi che consentono la tenuta economica della maggioranza delle famiglie ed evitano loro il passaggio a una condizione di precarietà.

Negli ultimi mesi il principale motivo di percezione dell’inadeguatezza delle risorse economiche a disposizionedelle famiglie è rappresentato dall’elevato costo della vita (per il 78% delle famiglie si dichiarano insoddisfatte della propria condizione reddituale), molto più delle difficoltà lavorative (10%).

L’impennata dell’inflazione e l’aumento dei prezzi hanno depresso fortemente il potere di acquisto delle famiglie: più della metà degli intervistati ha visto crescere le bollette energetiche di oltre il 50% rispetto ai livelli di un anno fa, con il 16% che dichiara di aver avuto molte difficoltà nel pagare le utenze: di questi il 4% ha accumulato ritardi nei pagamenti. Per far fronte ai rincari energetici le famiglie hanno dovuto innanzitutto comprimere le spese ritenute “superflue”, vale a dire quelle per il tempo libero, per le attività culturali e per quelle sportive. Il 39% delle famiglie che si è dichiarata in difficoltà nel pagare le bollette ha dovuto ridurreanche spese basilari come quelle sanitarie, il 31% ha tagliato le spese in istruzione mentre il 27% ha manifestato difficoltà nel pagare il mutuo o l’affitto della propria abitazione.

Volgendo lo sguardo ai prossimi mesi, il numero di famiglie che teme di poter incontrare forti difficoltà nel pagare le utenze sale al 24%, un campanello di allarme che non deve rimanere inascoltato.

Un’eventuale spesa imprevista, anche di piccola entitàpotrebbe quindi diventare un serio problema da affrontare per il 22% delle famiglie totali, percentuale che sale al 30% tra le persone sole non anziane, al 31%per i genitori soli con figli, e al 41% per le famiglie in affitto. Per queste famiglie, dunque, basterebbe poco per incorrere in difficoltà economiche ed essere costrette a richiedere supporto esterno.

pesare sulla condizione economica delle famiglie italiane è l’aumento dei lavoratori “poveri” o sottopagati, che raggiunge i 6,5 milioni, in crescita di 12.000 unità. È quanto emerge da un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale la crescita più rilevante, nell’ambito dei “lavoratori poveri” è fra i lavoratori con contratto a tempo indeterminatotempo parziale involontario, espediente contrattuale che spesso nasconde una fetta della retribuzione in nero.

«La vera sfida del governo sta nell’arrivare a fine anno con questo numero, quello dell’area di disagio socialepiù contenuto rispetto all’attuale 8,2 milioni: ci accontenteremo di una riduzione lieve, ma che darebbe comunque l’idea di una traiettoria nuova, di un cambio di passo verso un orizzonte diverso. È un obiettivo ambizioso, ma a nostro avviso raggiungibile. Si tratta di creare le condizioni affinché le imprese possano crescereinvestire e creare nuova occupazione. La ricetta è semplice: meno burocrazia e meno tasse, con una quota consistente di incentivi per chi crea nuovastabile occupazione» commenta il presidente onorario di UnimpresaPaolo Longobardi.

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