I rubinetti del credito bancario tornano a chiudersi per le imprese

Cgia: calato di 9 miliardi il volume dei prestiti, 267,6 miliardi negli ultimi 10 anni. 

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Sebbene nel 2021 i principali istituti di credito italiani abbiano registrato utili importanti e in alcuni casi anche miliardari, a partire dal novembre 2020 i rubinetti del credito bancario alle imprese sono tornati a chiudersi. Secondo l’Ufficio studi della CGIA, l’effetto delle misure messe in campo dal Governo Conte si sarebbe già esaurito.

Grazie ai decretiCura Italia”, al “Liquidità” e al “Garanzia Italia”, tra la fine di febbraio 2020, mese che precede l’avvento della pandemia, e il novembre 2020 – mese in cui si tocca il picco più alto registrato in questo ultimo anno e mezzo, ovvero 741 miliardi -, gli impieghi bancari al lordo delle insolvenze avevano subito un’impennata importante che ha permesso di invertire una tendenza negativa che durava ininterrottamente dall’agosto del 2011. Nel periodo più “nero” della pandemia gli impieghi bancari lordi erogati alle imprese sono aumentati di oltre 40 miliardi.

Successivamente, il flusso del credito bancario alle imprese è tornato a scendere: tra il novembre 2020 e il mese di agosto 2021 (ultimo dato aggiornato), il flusso si è contratto di 22 miliardi, portando lo stock complessivo dei prestiti a quota 732,2 miliardi. Solo nell’ultimo anno (agosto 2020 su agosto 2021) la riduzione è stata di 8,9 miliardi di euro. Se si allarga l’arco temporale di osservazione di questo fenomeno agli ultimi 10 anni, il crollo è stato pesantissimo: –267,6 miliardi di euro.

Almeno in quest’ultimo anno è difficile comprendere le ragioni di questa tendenza: nonostante le garanzie pubblichemesse in campo e rifinanziate anche per il 2022, pare di capire che a seguito delle misure restrittive in materia di valutazione del credito introdotte a livello europeo dopo le crisi 2008-2009 e 2012-2013, per gli istituti di creditoerogare liquidità alle imprese non costituisce più un grandeaffare”. Se a ciò si aggiungono i tassi di interesse che da anni si mantengono a livelli prossimi allo zero e i costi di istruttoria sempre più elevati, prestare soldi soprattutto alle micro e piccole imprese per molte banche non è più conveniente.

Ebbene, come fanno le grandi banche a ottenere utili talvolta miliardari? Al di là delle indubbie capacità dei rispettivi dirigenti, in questi ultimi anni si è fatto un deciso ricorso alla revisione della spesa, operazione che, in particolar modo, è avvenuta comprimendo il costo del lavoro che ha provocato anche la chiusura di molti sedi ubicate soprattuttonei piccoli comuni, mentre una parte importante dei ricavi è stata ottenuta grazie  alla vendita di nuovi prodotti assicurativi e dall’applicazione delle commissioni sui depositi, le carte di debito/credito e gli investimenti dei correntisti.

Nel mercato creditizio italiano il ruolo delle grandi banche, secondo l’Ufficio studi della Cgia, è determinante. Secondo la Banca d’Italia, nel 2020 erano 11 gli istituti di credito classificati come significativi: a questi era riconducibile l’80% circa delle attività complessive del sistema.

Tra le regioni più importanti del Paese, è il Lazio la realtà che ha registrato la contrazione del credito bancario in termini percentuali più significativa sia nell’ultimo anno (agosto 2020 su agosto 2021) sia nell’ultimo decennio (agosto 2011 su agosto 2021). Nel primo caso la riduzione degli impieghi bancari lordi alle imprese è scesa di 6,2 miliardi (-7,8%), nel secondo caso di 42,2 miliardi (-36,5%). Segno negativo anche per l’Emilia Romagna (-2,1%) e per il Veneto (-1,1%). Andamento positivo per Trentino Alto Adige (+3%). Invariato il Friuli Venezia Giulia.

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