I segnali di ottimismo per l’avvio di una ripresa dell’economia italiana trovano nuove conferme, ma restano anche i dubbi, specie per l’andamento dell’indebitamento.
Il centro studi di Confcommercio vede un calo dell’inflazione e una ripartenza dei consumi, che gli fanno ipotizzare una crescita dello 0,3% nel primo trimestre 2024.
Gli economisti dell’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani (Ocpi) dell’Università Cattolica di Milano temono invece una crescita ancora fiacca, che farà salire il rapporto debito-Pil e richiederà una manovra da 30 miliardi nel 2025, se si vuole anche confermare il taglio del cuneo e dell’Irpef.
L’ottimismo per una ripartenza e i timori per l’andamento dei conti pubblici si confrontano proprio a ridosso della settimana nella quale il parlamento avvia l’esame del Def, il Documento di Economia e Finanza, stilato quest’anno dal governo Meloni solo con le stime tendenziali.
I primi segnali di una ripartenza dell’economa italiana arrivano dall’economia reale. Confcommercio ha stimato per il primo trimestre 2024 una crescita dello 0,3%, contro il +0,1% della precedente previsione. E’ la seconda organizzazione che rivede positivamente la crescita dopo che Confindustria aveva rialzato da +0,5% a +0,9% le proprie valutazioni del Pil dell’intero 2024. La valutazione di Confcommercio si completa con un maggior rallentamento dell’inflazione, che dopo la risalita di marzo (+1,2% tendenziale) prevede un rallentamento ad aprile (+1,0% nel confronto annuo). In particolare, si confermano in ulteriore “raffreddamento” i prezzi degli alimentari. Questa, è la previsione, potrebbe dare una nuova spinta ai consumi, che a marzo hanno evidenziato una crescita dello 0,4% rispetto allo stesso mese del 2023.
Fanno da contraltare le valutazioni degli economisti dell’Università Cattolica, che partono dalle previsioni del Def, considerate troppo ottimistiche su crescita reale, inflazione e incassi da privatizzazioni. Viene ipotizzata la necessità che la prossima manovra per il 2025 debba essere di almeno 30 miliardi, per stabilizzare il debito e al contempo confermare i tagli del cuneo e dell’Irpef, che a fine anno esauriscono i propri effetti.
Il Def prevede un aumento del rapporto debito-Pil di circa 2,5 punti percentuali tra fine 2023 e 2026. Secondo l’Ocpi, tenendo conto dell’intenzione del governo di rinnovare le misure, «un quadro più veritiero dello stato delle nostre finanze pubbliche comporterebbe invece un aumento del rapporto tra debito e Pil di circa 5,5 punti percentuali entro la fine del 2026». Così, spiega l’Osservatorio, «se si volesse non solo rifinanziare le misure che si esauriranno a fine 2024, ma anche mantenere il rapporto tra debito e Pil intorno ai valori previsti a fine 2024 (137,8%), occorrerebbe introdurre misure correttive per circa 30 miliardi».
C’è poi il fronte della Commissione europea, per la quale viene data per scontata l’apertura di una procedura per debito eccessivo per l’Italia e altri paesi. Ma, secondo gli economisti della Cattolica, è escluso che la Commissione possa «chiedere un aggiustamento più forte per contenere l’aumento del rapporto tra debito e Pil previsto dal Def».
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