Economia italiana debole per l’ultima parte dell’anno che sembra limitare anche le possibilità di un rialzo corposo per il 2025. «A fine 2024, l’economia italiana sarà sostenuta dai servizi e dal taglio dei tassi, ma l’industria resta in difficoltà» sottolinea il Centro studi di Confindustria, nella congiuntura flash, parlando di «ripartenza debole».
Il Pil italiano, afferma il Centro studi di Confindustria, «si è fermato nel terzo trimestre, risentendo del calo nell’industria compensato dalla crescita nei servizi. Nel quarto l’economia è stimata in lieve ripartenza, trainata dal terziario e con il taglio dei tassi che può iniziare ad agevolare consumi e investimenti. Resta negativo l’export a causa della debolezza dell’Eurozona e dell’incerto scenario globale». E continua ad andare male l’industria italiana «con la moda e l’auto che affossano» tutto il manufatturiero italiano.
Se l’Italia frena, in Europa le cose non vanno meglio, anzi, con la Germania che chiuderà il 2024 in recessione, la seconda di fila. L’Eurozona “debole“, a causa di tassi e inflazione ancora alti sebbene in calo, e le difficoltà della Germania, primo partner commerciale, rappresentano «un problema per la crescita italiana», evidenzia ancora il Centro studi di Confindustria.
Per quanto riguarda la produzione industriale italiana, il calo prosegue: nei primi 9 mesi del 2024 l’attività è scesa del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2023 ed è «fosco il futuro», sostiene il Centro studi di Confindustria. Tra i punti critici, ci sono i prezzi delle materie prime utilizzate da vari settori manifatturieri che sono rimasti alti, anche dopo la fine dell’impennata delle quotazioni del 2021-2022. Ciò accade soprattutto per l’energia in Europa, che penalizza la competitività delle imprese italiane, non solo nei settori più “energivori”, evidenzia, complice anche il carico degli oneri ambientali, un unicum tutto europeo.
Tra i settori, ci sono andamenti eterogenei e in particolare sono in affanno quello automobilistico e quelli del comparto abbigliamento-tessile-pelli. Nei primi 9 mesi del 2024 la produzione dei settori riconducibili alla moda ha subito una forte flessione, ricorda il Centro studi di Confindustria: -15,1% le pelli (dopo il -9,9% del 2023), -9,5% l’abbigliamento (-2,5%), -5,9% il tessile (-8,2%). E si registra il crollo del settore auto. La produzione nel settore automotive in Italia (compresa la componentistica e i motori) è in calo del 19,4% nei primi 9 mesi del 2024 sugli stessi mesi del 2023. In termini tendenziali, a settembre si è al -32,4%, di cui -42,7% per gli autoveicoli.
«Il settore auto è uno dei principali della manifattura italiana: pesa per il 6,3% della produzione (13% in Europa, data la stazza del comparto in Germania) e con l’indotto il peso sale ancora: la sua crisi, perciò, impatta molto sull’economia», rimarca il Centro studi di Confindustria. E qua, per tentare un rilancio anche a favore dell’importante filiera della commercializzazione del prodotto auto, sarebbe ora che il governo Meloni uscisse dai cliché ideologici della sinistra e consentisse dopo trent’anni di deroghe alla normativa europea la completa deducibilità delle auto aziendali a favore delle imprese e delle partite Iva che, a differenza dei consumatori privati (ai quali per il 2025 saranno eliminati gli incentivi all’acquisto), potrebbero realmente essere il volano strutturale del rilancio del comparto. Oltre a consentire una maggiore competitività per le aziende e partite Iva.
Venticello di burrasca anche da Bruxelles, dove la Commissione europea ha diffuso i dati sulle previsioni di crescita dell’Unione. Il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni conferma l’economia italiana debole: «sull’Italia la crescita del Pil nel 2024 si fermerà allo 0,7% e non allo 0,9% come la Commissione europea aveva previsto a maggio, o all’1% come scritto dal Governo nel Piano strutturale di bilancio o nella Nadef». L’esecutivo europeo avverte però degli aumentati rischi geopolitici, non solo per la guerra in Ucraina e Medio Oriente: Il faro è soprattutto sulla possibile svolta protezionistica negli Usa, dopo l’elezione di Donald Trump. Ci vorranno settimane o mesi per capirne meglio le politiche economiche, ma «è evidente» che nuovi dazi negli Usa potrebbero «avere ripercussioni, specialmente nei Paesi che hanno i maggiori surplus commerciali con gli Stati Uniti, che sono Germania e Italia».
Nel dettaglio delle cifre, la Commissione Ue ha affermato di attendersi il Pil dell’Italia in crescita dell’1% nel 2025 (1,1% le precedenti stime), per salire poi dell’1,2% nel 2026. Nell’Eurozona il Pil è atteso in crescita dell’1,3% l’anno prossimo e dell’1,6% nel 2026 (1,5% e 1,8% rispettivamente in Ue). Tra i grandi Paesi, quest’anno è attesa una recessione in Germania (-0,1%), che poi nel 2025 vedrà la crescita più modesta tra i 27 dell’Ue, soffrendo nuovamente di una ripresa per ora stenta soprattutto la manifattura.
Quanto alla tenuta dei conti pubblici, Bruxelles conferma di attendersi che il disavanzo pubblico italiano rientrerà sotto la soglia “critica” del 3% del Pil già nel 2026 (è visto al 3,4% nel 2025 e 2,9% nel 2026, poco lontano dalle stime del Dpb italiano di un calo al 3,3% e al 2,8%). Il debito pubblico è visto invece in risalita: al 138,2% nel 2025 e al 139,3% nel 2026 (è visto nel Dpb al 136,9% nel 2025 e al 137,8% nel 2026).
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