Economia italiana con disoccupazione ai minimi da 20 anni e Pil fermo

La crescita per il 2024 sarà dello 0,5%, lontana dall’1% di inizio anno e dello 0,7% della revisione dei conti. Per Meloni «sono dati incoraggianti». Assieme all’occupazione cresce la cassa integrazione.

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L’economia italiana si avvia verso la fine dell’anno in un quadro di luci e ombre. Di positivo c’è il fatto che, secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, il numero di occupati è tornato a salire, portando la disoccupazione ai minimi degli ultimi 20 anni in barba all’abrogazione sostanziale del reddito di cittadinanza. Anche se parallelamente all’occupazione cresce decisamente anche il ricorso alla cassa integrazione.

A ottobre 2024, dopo il calo di settembre, il numero di occupati è tornato a crescere e, con 47.000 unità in più, portando il numero di persone con un posto di lavoro a quota 24.092.000 unità. Un aumento che di riflesso vede anche il tasso di disoccupazione scendere nello stesso mese al 5,8%, un livello che non si riscontrava dall’aprile del 2007. E cala anche al 17,7% il tasso di disoccupati tra i giovani. Parallelamente, cresce del 23% il ricorso della cassa integrazione a 353 milioni di ore autorizzate nei primi nove mesi 2024, con punte maggiori nel settore dell’automotive e del tessile abbigliamento.

«Accogliamo positivamente i dati di ottobre diffusi dall’Istat, con l’occupazione in salita e il tasso di disoccupazione che scende. Dati che ci incoraggiano a proseguire con determinazione il lavoro per rafforzare l’occupazione, sostenere famiglie e imprese, e costruire un futuro di crescita e stabilità per l’Italia» ha commentato il premier Giorgia Meloni.

Risulta meno brillante il passo della congiuntura economica. Nel terzo trimestre 2024 il Pil corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, conferma una crescita nulla dell’economia italiana rispetto al trimestre precedente, pur con un rialzo dello 0,4% nei confronti dello stesso periodo del 2023. Il che porta la crescita acquisita per l’intero 2024 allo 0,5%, in deciso calo rispetto alle previsioni dell’1% di inizio anno e dello 0,7% seguente alla revisione dei conti operata dall’Istat a metà anno.

Tra gli aggregati della domanda interna, mentre gli investimenti fissi lordi languono, con un calo dell’1,2%, i consumi finali nazionali sembrano rialzare la testa, con un rialzo dell’1% (e dell’1,4% la spesa delle famiglie residenti e delle Isp). Ed è proprio l’andamento di questi ultimi che, per alcuni osservatori, sembra aprire spiragli più favorevoli per i mesi a venire.

«Le stime provvisorie suggeriscono che la prudenza sui consumi possa essersi attenuata» commenta l’Ufficio studi di Confcommercio, sottolineando che «con il buon dato sull’occupazione, questo costituisce il presupposto per una parte finale dell’anno un po’ migliore delle attese, con riflessi potenzialmente favorevoli sull’eredità da trasmettere al 2025». Sui consumi si concentra anche il focus di Confesercenti che spiega come al loro rialzo abbia contribuito soprattutto la buona performance del turismo ed i rinnovi contrattuali.

Per quanto riguarda l’andamento dell’occupazione nel mese di ottobre, l’Istat precisa che in generale l’aumento coinvolge i dipendenti permanenti e gli autonomi, mentre diminuisce il numero di dipendenti a termine: sono diventati oltre 16.200.000 i primi, 5.158.000 i secondi e sono invece scesi a quota 2.724.000 i dipendenti con contratto a termine. La crescita dell’occupazione su base mensile coinvolge in particolare gli uomini e chi ha almeno 50 anni di età; tra i 15-24enni e tra le donne, invece, risulta stabile, mentre diminuisce tra i 25-49enni. Inoltre, il numero di persone in cerca di lavoro cala del 3,8%, (-58.000 unità) per uomini e donne e per tutte le classi d’età. E il tasso di occupazione su base mensile sale al 62,5%.

E qualche ombra per la congiuntura arriva dal mondo delle imprese, con l’indice Pmi manifatturiero che ha registrato 44,5 a novembre dal 46,9 di ottobre, scendendo al livello più basso da un anno. Un valore che va di pari passo con quello dell’Eurozona che a novembre è sceso a 45,2, da 46 di ottobre, ai minimi da due mesi e sempre più sotto la soglia di non cambiamento di 50. L’indice segnala quindi un forte peggioramento delle condizioni manifatturiere.

L’indice Pmi manifatturiero in Germania è rimasto invariato a novembre a 43 come a ottobre, mentre in Francia il Pmi è crollato a 43,1 a novembre, in discesa rispetto ai 44,5 di ottobre e segna il ventiduesimo mese in cui si è attestato al di sotto della soglia critica di 50.

 

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