Secondo Confesercenti le famiglie in due anni taglieranno i consumi di quasi 12 miliardi di euro. A rischio anche il turismo. Rilancio su Web tax per sostenere Pmi.
Secondo Cer Confesercenti il terremoto dei dazi Usa non coinvolge solo le esportazioni. La guerra commerciale tra Usa e Ue rischia di avere un impatto anche sul mercato interno, riducendo di circa 11,9 miliardi di euro in due anni la crescita dei consumi delle famiglie. Si prospetta per il 2025 una variazione del PIL vicina allo zero, ed un elemento di preoccupazione è anche la caduta dei mercati azionari.
In questo scenario, Confesercenti «calcola per i consumi delle famiglie una minore crescita dei consumi di 2,1 miliardi nel 2025 e di 9,8 miliardi nel 2026, per un totale di 11,9 miliardi», avvertendo come «rischi esistono anche sul fronte del turismo: i visitatori dagli Stati Uniti sono relativamente pochi (4,8% del totale) ma sono alto-spendenti, e portano in media 6,5 miliardi di euro l’anno di spesa sul territorio».
«È importante – commenta la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise – intervenire a sostegno della filiera dell’export, ma senza dimenticare consumi e mercato interno, fondamentale per le piccole e medie imprese di commercio, turismo e servizi. Occorre lanciare un messaggio chiaro: l’arrivo dei dazi Usa non deve interrompere il già troppo lento percorso di recupero del potere d’acquisto, e quindi della spesa delle famiglie, avviato negli ultimi anni».
Per De Luise serve «una strategia efficace di rilancio della domanda interna, confermando e ampliando gli attuali sostegni al reddito e contro il caro-energia, da cui molte piccole imprese dei servizi sono attualmente escluse. E le risorse possono venire anche da una nuova web tax: un intervento necessario per riequilibrare la concorrenza tra colossi online e imprese del territorio. Una misura su cui – visto il mutato quadro dei rapporti commerciali Usa-Ue – non ha più senso esitare: sarebbe un efficace strumento di tutela per l’economia reale, soprattutto per il commercio di prossimità, che subisce sempre più una concorrenza fiscale sleale da parte dei giganti online. Allo stato attuale, secondo le nostre stime, circa 8 miliardi di euro l’anno di profitti dalle vendite online vengono delocalizzati dalle piattaforme internazionali, sfuggendo così di fatto all’erario italiano».
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