Una possibile guerra dei dazi Usa al 10% innescata da Trump, con l’escalation militare in Medio Oriente e Ucraina, rischia di innescare, assieme alla bassa crescita, all’elevato debito in alcuni Paesi, una nuova crisi nel cuore dell’Euroarea. La Bce lancia l’allarme mettendo in guardia anche il settore privato – banche e imprese – e gli investitori sui rischi di correzioni improvvise in Borsa.
Lo “Financial Stability Review”, un aggiornamento che mette in fila ogni sei mesi i rischi per la stabilità finanziaria nell’Euroarea, evidenzia i problemi connessi con la “trumpeconomics” e con il rischio di un’escalation commerciale per un’economia europea che fa oltre il 50% di Pil con l’export. E c’è una preoccupazione più marcata che nelle edizioni passate per il debito le cui vulnerabilità «stanno aumentando», spiega il vice presidente della Bce, Luis de Guindos nell’introduzione al rapporto, con i mercati che hanno iniziato a fare «più attenzione».
La Bce si sofferma sulla fragilità dei Paesi «più soggetti allo scrutinio dei mercati – Cipro, Grecia, Irlanda, Italia, Spagna, Portogallo, Slovenia e Slovacchia – dove i rendimenti negli anni passati hanno mostrato la tendenza a «salire significativamente» di fronte a eventi inattesi come la pandemia. Un avvertimento a non dare troppo per scontati – in un periodo che si preannuncia volatile sui mercati oltre che sul piano politico – gli attuali bassi spread, come quello italiano che da un paio di mesi gravita attorno ai 120 punti base. Perché «livelli elevati di debito e alti deficit, sommati a una crescita potenziale debole e a incertezze sulla direzione delle politiche, aumentano il rischio che si riaccendano timori dei mercati per la sostenibilità».
Il riferimento alle “incertezze” – a non deviare dagli impegni concordati con l’Ue – arriva proprio mentre la Francia è in stallo sulla legge di bilancio e la Germania non l’ha nemmeno presentata finendo direttamente in crisi di governo ed elezioni anticipate. Uno scenario che forse spiega la cautela dell’Italia sulla manovra 2025. Le magagne interne dei Paesi dell’euro rischiano di diventare un mix pericoloso se ad esse si aggiunge «un possibile ulteriore rafforzamento delle tendenze protezionistiche».
Senza considerare l’impatto sulla crescita globale di un’escalation commerciale tra Usa e Cina, alcuni governatori centrali, come il greco Yannis Stournaras, hanno già evocato il rischio di una recessione europea coi dazi Usa al 10% promessi da Trump. Abn Amro stima l’impatto a -1,5 punti di Pil, Goldman Sachs si ferma a -1 punto, Natixis ipotizza un impatto pari a -0,5 punti percentuali di Pil in Germania, -0,4 in Italia, -0,3 in Francia. Numeri che farebbero sballare il rientro del debito previsto dai piani nazionali.
Le conseguenze sulla stabilità finanziaria sarebbero immediate nelle Borse per «le elevate valutazioni e la concentrazione del rischio rendono i mercati più suscettibili a correzioni improvvise». Ma anche per le aziende e le banche: «le vulnerabilità del rischio di credito potrebbero indebolire la qualità degli attivi», scrive la Bce nel rapporto soffermandosi sui problemi irrisolti del settore immobiliare commerciale. Un settore più problematico per le banche nordiche che quelle italiane. Ma anche la Banca d’Italia, in una nota di stabilità finanziaria e vigilanza, osserva che con tanta volatilità “esogena” «è necessario migliorare la capacità del sistema bancario di far fronte alle ripercussioni negative derivanti da eventuali shock esterni». E «fattori specifici del sistema bancario italiano, quali la dimensione, il livello di concentrazione e il suo ruolo centrale nel finanziamento dell’economia reale, potrebbero amplificare l’effetto negativo sull’intera economia di un eventuale deterioramento dei bilanci bancari».
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